Ma continuare è fiato sprecato; che sono tua figlia lo sanno tutti. Domani i giornali con la mia foto, ti prenderanno in giro da matti. Ah, non mi avessi mai generato!
Padre davvero, 1971

Due giorni fa, di ritorno da Liverpool, un amico a cui telefono dall’aeroporto mi ricorda, provvidenziale per me che ho una memoria traballante, che quella sera su Rai Uno sarebbe stato trasmesso Io sono Mia, il film che ha ripercorso la storia di Mia Martini dall’infanzia travagliata alla morte prematura. Per la regia di Riccardo Donna, interpretato da Serena Rossi. Non posso perderlo, e nonostante la stanchezza di una settimana di lavoro matto e disperatissimo tra Inghilterra e Scozia attendo paziente la fine del quiz serale di Amadeus per godermi la prima serata.
Quasi otto milioni di spettatori, uno share del 31% e l’hashtag dedicato al film in tendenza su Twitter: numeri da capogiro, prevedibilmente, per Mimì Bertè, regina della musica italiana caduta in disgrazia per folli dicerie, amori tormentati e scelte fallimentari. Resisto stoicamente per buona parte del film, ma a Minuetto crollo e singhiozzo come un’adolescente, in compagnia degli italiani che l’hanno amata e pianta.
Marino Bartoletti racconta su Facebook di come abbia dovuto annunciarne la scomparsa in diretta di fronte a un Bruno Lauzi – autore di Almeno tu nell’universo e caro amico dell’artista calabrese – sconvolto. Renato Zero, storico amico delle sorelle Bertè, ha chiesto di non essere menzionato nel film ed è stato così interpretato da un immaginario Anthony, aspirante performer romano amante di make-up e travestimenti. Neppure Ivano Fossati ha voluto essere presente, sostituito dalla figura di Andrea, fotografo che nel biopic lascerà la Martini per sposare un’altra donna. Gli uomini non cambiano.
Il film comincia nel 1989, a poche ore dall’inizio del festival. Mimì è avvicinata da una giornalista ambiziosa che spera di intervistare Ray Charles, ma che viene dirottata su una Mia Martini ormai in declino da un collega che vuole rubarle l’esclusiva. La storia di quel Sanremo maledetto, la cantante infatti si piazzerà nona nello scherno di musicisti, reporter e tecnici che temono che il teatro crolli, si intreccia a continui flashback: il rapporto con un padre violento, il successo in Versilia, il delicato intervento alle corde vocali.

Il film scorre rapido, è ben fatto. Mia Martini appare come una donna fragile, incapace di rialzarsi agli sgambetti di colleghi e produttori tanto frequenti nel mondo della musica. Serena Rossi è bravissima nell’interpretarla, e non era facile. Per tutti Mia Martini portava sfortuna. Una serie di eventi sciagurati le valsero la fama di iettatrice e le intralciarono la carriera. Ma com’è stato possibile? Non ci sono risposte, solo amarezza. E la voglia di chiederle scusa in nome di tutti quelli che le hanno voluto male. E non finisce mica il cielo anche se manchi tu, Mimì.