Comincia con la cattura di tre ragazzi “Una notte di 12 anni”, dal cui titolo è già intuibile la durata della loro prigionia. Un periodo lunghissimo e indefinito per i tre giovanissimi, mantenuti in condizioni disumane e lontane dal più elementare concetto di dignità. L’obiettivo dei carcerieri, e del governo dal quale prendono ordini, non è quello di fare del male fisico ai tre uomini, per quanto riescano comunque a farlo senza troppo sforzo, ma è quello di condurli lentamente, sapientemente e sadicamente alla follia. Vogliono che perdano lucidità, interesse, motivazione e curiosità per la vita. Cambiando continuamente località, i prigionieri vengono tenuti per più di un anno nel buio più assoluto (verranno coperti tutti i fori delle piccole finestre delle rispettive celle) e saranno sempre separati, impossibilitati a parlare tra di loro e a comunicare con chiunque venga in contatto con loro.
Diretto da Álvaro Brechner, il film è ambientato in Uruguay nel 1973, quando all’indomani di un colpo di stato l’estrema destra conquista il potere e cattura tre dei guerriglieri Tupumaros appartenenti al fronte comunista. Tra loro c’è anche Pepe Mujica. In uscita nelle sale italiane il 10 gennaio 2019, distribuito da Bim Distribuzione, in collaborazione con Movies Inspired.
Ma chi sono questi prigionieri? Sono tre guerriglieri appartenenti al Movimento di Liberazione Nazionale uruguayano nonché figure di spicco dell’Uruguay contemporaneo: oltre a José “Pepe” Mujica (Antonio de la Torre), destinato qualche decennio più tardi ad essere il Presidente dell’Uruguay, ci sono Mauricio Rosencof (Chino Darín), scrittore, drammaturgo, poeta e tra i più alti rappresentanti della cultura uruguayana, ed Eleuterio Fernàndez Huidobro, (Alfonso Tort) politico, giornalista ed ex Ministro della Difesa.
Di spostamento in spostamento si è testimoni dello stato proibitivo in cui vengono tenuti i tre ex guerriglieri e a poco valgono gli ammonimenti della Croce Rossa affinché vengano rispettate le più elementari condizioni di dignità umana o i tentativi dei familiari di incontrare e abbracciare anche per pochi istanti i propri congiunti. Eppure neanche per un minuto degli oltre 100 del film emerge il senso di oppressione, angoscia e dolore che pure attanaglia i prigionieri. I tentativi, riuscitissimi, del regista comprendono certamente il desiderio altissimo e superiore di fluttuare sulle miserie e sulle bassezze di cui si macchiano i guardiani delle tante postazioni carcerarie occupate. Ci si sofferma, piuttosto, sugli sporadici rapporti con una guardia in difficoltà amorose, alla quale si dettano lettere per l’amata in cambio di pochi minuti d’aria, per sé e i propri compagni. Emergono i tentativi tragicomici di espletare i bisogni fisiologici con la difficoltà di dover restare in piedi, perché con i polsi legati. O la tenerezza della difficile comunicazione tra i prigionieri, che pure riescono a trovare una maniera di comprendersi battendo pugni sui muri, fedeli a un codice tutto loro. Dei giovani colpisce la pazienza, la forza e l’intelligenza nell’affrontare tutto questo tempo. Come se la loro cultura e levatura morale fosse straordinariamente superiore a tutti i traumi fisici e psicologici subìti.
La bellezza di “Una notte di 12 anni” è di riuscire ad attrarre emotivamente lo spettatore nonostante la crudezza del tema politico trattato e di mettere in luce gli aspetti più delicati e frivoli con un linguaggio a tratti sarcastico, ironico e molto, molto dolce. I prigionieri vengono continuamente vessati e denigrati, umiliati, malmenati e offesi ma per ogni insulto ricevuto e pugno o schiaffo incassato donano poesia, umanità e bellezza.
Imprigionati nel 1973 i coraggiosi protagonisti assaporeranno la libertà solo nel 1985.