Il format del secondo incontro di quest’edizione de Le Conversazioni è un po’ diverso rispetto a quello tradizionale: invece di parlare attraverso i libri, le opere d’arte, la musica, Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo si raccontano con il cinema.
La prima clip che vediamo appartiene a Shutter Island, forse uno dei film meno conosciuti di Martin Scorsese. La storia ruota attorno all’omicidio di tre bambini per mano della loro madre. Il marito, che la ama moltissimo, comprende che lei ha agito in un momento di follia acuta, e tuttavia la uccide. Cerca disperatamente di annullare il proprio dolore raccontandosi una realtà diversa, per non rivivere il dramma personale.

Shutter Island è un’indagine sull’animo umano, sui sentimenti, sulle debolezze che, alle volte, conducono a una pazzia tale da ottenebrare completamente la capacità di giudizio.
Il film è girato interamente in un manicomio a poca distanza da Boston, chiuso dai primi anni Sessanta. Francesca Lo Schiavo racconta quanto sia stata intensa l’esperienza di lavorare su quel set, dove sembrava di avvertire i fantasmi e le sofferenze di chi ci aveva abitato, e dei trattamenti, a volte disumani, che aveva subito.

Lei stessa confida al pubblico di aver vissuto da vicino una storia simile, quando racconta di una sua amica freddata con un colpo di pistola dall’ex marito. La cronaca purtroppo è piena di casi simili, e Francesca Lo Schiavo è molto diretta nel condividere la propria apprensione e lo sbigottimento di vivere in un periodo dove la desensibilizzazione viene usata come arma di difesa. Scorsese compie un’operazione inversa, intraprende un viaggio straordinario nella mente umana, va esattamente dove c’è il dolore. Nel cinema si è più liberi che nella vita.
È impossibile parlare di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo senza ricordare Fellini. Uno degli aggettivi più associati al regista della Dolce Vita è “onirico”. Fellini, in effetti, aveva un’ossessione per i sogni, e ogni mattina, al bar Canova o di strada per Cinecittà, non mancava di chiedere a Ferretti di raccontagli cosa avesse sognato quella notte. Se è vero che siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni, è altrettanto vero, però, che questa materia è spesso evanescente. Ferretti, non ricordandone nessuno, prese a inventare, con grande divertimento di Fellini, che pretendeva di detenere il primato di più bugiardo di tutti. E, in realtà, varie suggestioni dei film di Fellini, come alcune sequenze de La città delle donne, prendono davvero spunto da racconti di vita di Ferretti, che il regista ha cambiato, rendendole ancora più esilaranti. È sufficiente vedere alcune scene de E la nave va, quando ferma la storia e osa fare qualcosa che non ha senso dal punto di vista della narrativa, per capire come anche lui si sia pienamente appropriato della libertà del cinema.
Fellini “il grande burattinaio”, il bugiardo che, come diceva Giulietta Masina, “diventa rosso quando dice la verità”, l’artista che riconosce il talento di Francesca Lo Schiavo e la sprona a perseverare in questo lavoro. Fellini che s’indispettisce quando Ferretti rinuncia a un lavoro con lui perché già impegnato sul set de Le avventure del Barone di Munchausen, il film che per Variety possiede le più belle scenografie mai realizzate nella storia del cinema.
Ma è il sodalizio con Martin Scorsese che conduce agli Oscar. Il regista de Le età dell’innocenza è, nelle parole di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo “un genio, un perfezionista, un conoscitore straordinario di cinema, un rompiscatole con una dedizione e un’identificazione totale con il suo lavoro”.


L’amore per il cinema è il fulcro di Hugo Cabret, un romanzo per l’infanzia scritto da Brian Selznick, scoperto da Martin Scorsese quando sua figlia Francesca lo legge e se ne innamora. Anche Hugo Cabret viene quasi completamente ricostruito in studio, così come avviene per Sweeney Todd, perché Ferretti che, evidentemente, ama gli attori, insiste affinché possano muoversi su una vera scena.
Il segreto di una collaborazione fruttuosa, spiega Francesca Lo Schiavo, è condividere la visione del regista, l’attenzione al dettaglio, appassionarsi a tutto, anche alle piccole cose. Riaffiora il tema della libertà: in fondo gli eroi del cinema, dal Barone di Munchausen all’Howard Hughes di The Aviator, hanno il compito, e il privilegio, di ricordarci che niente è impossibile.