Villa Aurelia è solo uno dei tanti tesori di Roma pressoché sconosciuti al grande pubblico. Adagiata sul Gianicolo, uno dei luoghi che meglio raccontano e custodiscono il passato della capitale, dal 1909 fa parte dell’American Academy in Rome, un’istituzione che promuove lo scambio interculturale e consente ad artisti e studiosi di approfondire la propria formazione in una delle città simbolo dell’arte e della storia.
È un’organizzazione senza scopo di lucro che, grazie alla filantropia di privati, finanzia il percorso di studio di artisti e studiosi d’arte e discipline umanistiche. Come ogni anno, l’American Academy conferisce il McKim Prize, un premio destinato a personaggi di rilievo del mondo dello spettacolo e della cultura, in occasione di una serata di gala i cui proventi sono destinati a sovvenzionare borse di studio per ricercatori che potranno lavorare e vivere all’interno dell’Accademia.
Il premio, istituito nel 2005, prende il nome da Chester Follen McKim, un architetto statunitense noto per la sua revisitazione del neoclassico e fondatore dell’American School of Architecture in Rome, poi confluita nell’attuale American Academy. L’evento, presieduto da Maite Bulgari e Federica Tittarelli Cerasi, accoglie oltre trecento ospiti internazionali del mondo del cinema, della politica e dell’imprenditoria. Tra i vincitori della McKim Medal si annoverano Renzo Piano, Cy Twombly, Umberto Eco, Franco Zeffirelli, Ennio Morricone, Miuccia Prada, Luigi Ontani, Riccardo Muti, Bernardo Bertolucci, Zaha Hadid, Carlo Petrini, Paolo Sorrentino, Patrizia Cavalli, Giorgio Moroder, Dante Ferretti, Francesca Lo Schiavo e Giuseppe Penone.
L’edizione 2018 vede come destinatari della medaglia ideata da Cy Twombly e realizzata da Paolo Bulgari due personaggi che hanno apportato uno spiccato contributo agli studi umanistici e al prestigio della cultura italiana nel mondo: l’attore e regista Roberto Benigni, presentato da Paolo Sorrentino, e il direttore d’orchestra Sir Antonio Pappano, presentato da Renata Scotto.
Mark Robbins, presidente dell’American Academy, commenta così la cerimonia di quest’anno: «L’American Academy è lieta di premiare l’opera di Roberto Benigni e Sir Antonio Pappano con la medaglia McKim. Il loro impegno e la loro creatività, nel campo del cinema, della musica, della performance hanno avuto un profondo impatto sulla cultura e la società contemporanea non solo in Italia ma nel mondo, coinvolgendo tutti noi in un più ampio dialogo internazionale».
Sarebbe interessante indagare l’ispirazione di un creativo, comprendere se, e in quali condizioni, cresce o stenta a sbocciare, che significhi trovarsi nella terra di culti antichi ricca di forze naturali e soprannaturali, e se è vero che ognuno ne sente l’influenza.
È Paolo Sorrentino a introdurre Benigni al pubblico del McKim Gala. Ne traccia un ritratto divertente, sfatando alcuni “luoghi comuni”, come quello che vorrebbe Benigni come un uomo frugale («Bill Gates gli ha chiesto un prestito»), semplice («è un faccendiere, in prima linea per la spartizione del patrimonio della Lollombrigida») o dotato di senso dell’umorismo («la moglie Nicoletta dice che non fa ridere»). Sorrentino si fa più serio quando ne dà la definizione a cui ogni creativo probabilmente aspira: «È sia un genio che un bambino, il massimo di un artista».
Il premio Oscar per La Vita è bella esordisce ringraziando il consiglio d’amministrazione dell’Accademia Americana e ironizza sulla compagine particolarmente blasonata dei trustees: «Leggendo quest’abbondanza di cognomi, mi sono sentito un po’ a disagio; quando mi hanno chiamato per il premio ho risposto: sono Roberto Benigni Pallavicini Doria Sforza Odescalchi Rospigliosi Boncompagni Ludovisi Strozzi, chi parla? Chi mi cerca, anzi, chi ci cerca, e cosa volete da noi?».
Racconta di aver chiamato Bernardo Bertolucci per farsi consigliare sul discorso di ringraziamento. Bertolucci gli ha suggerito di recitare qualcosa in inglese, suggerimento che Benigni ha accolto scegliendo il sonetto 29 di Shakespeare il quale, secondo una carezzevole leggenda, potrebbe vantare ascendenze italiane. Anche se questo non fosse vero, le tante storie ambientate in Italia provano comunque la fascinazione e la scintilla d’amore verso il nostro Paese. La dedica va a tutti i presenti ma, in particolare, a Nicoletta Braschi, «una donna che amo come la mia vita, perché tutto ciò di bello che ho fatto è passato attraverso la sua luce».
Nel sonetto, Shakespeare parla essenzialmente di se stesso; dice che nei momenti in cui si sente disperato e inveisce contro il destino per la propria sofferenza, e invidia le arti di un altro uomo, la bellezza fisica di un altro o la ricchezza di un altro ancora, e quasi maledice se stesso, improvvisamente pensa al suo amore, e come un’allodola che, al mattino, vola verso il cielo, così il ricordo del suo amore rende la sua vita così immensa che non la cambierebbe nemmeno con quella di un re.
Prevedibile un’incursione sulla situazione attuale in Italia: Benigni ironizza sulla politica («non è successo niente») e sull’atteggiamento di tanti voltagabbana che non hanno esitato a saltare sul carro del vincitore («a noi del Movimento 5 Stelle questa cosa fa schifo, siamo rimasti davvero basiti»). Non risparmia una stoccata: «Le donazioni andranno in beneficenza a chi soffre, al PD».
Si fa un po’ più serio quando critica la perdita di stile delle ultime elezioni, questa corsa all’immagine, un po’ artificiosa, dell'”uomo qualunque”, commentando così la scena di Conte in taxi e di Cottarelli con lo zaino e il trolley: «C’è gente che arriva in Quirinale con la borsa della spesa e il sacchetto della spazzatura». Scherzando, racconta una verità: noi italiani vorremmo vedere «carrozze e cocchieri», non nel senso che amiamo lo sperpero di denaro pubblico, ma che ci piacerebbe vivere in un tempo e un luogo dove c’è modo di sognare.
Una dimensione sicuramente familiare ad Antonio Pappano, Direttore dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma e della Royal Opera a Covent Garden a Londra, che abita la magia del teatro e dell’opera ogni giorno. Il Maestro condivide col pubblico una storia familiare di “grit”, un atteggiamento di grinta e tenacia verso la vita. I suoi genitori sono emigrati prima nel Regno Unito, e poi in America, dove Pappano ha continuato gli studi di pianoforte, composizione e direzione d’orchestra. Per il legame che lo lega sia all’Italia che agli Stati Uniti, è una delle figure più emblematiche di questa serata. Racconta come la sua famiglia sia d’esempio per lui, e quanto sia stato importante crescere in una società «carica di elettricità» dove, con la volontà, è possibile raggiungere qualunque risultato. Esalta il valore del lavoro (la musica non è solo «glamour ed eccitazione»), e rende omaggio all’Italia, al bel canto, e alla bellezza che abbiamo donato al mondo. Chi ha avuto la fortuna di vivere sia in Italia che negli Stati Uniti sa che i due Paesi, pur essendo così diversi tra loro, quando uniscono le forze, formano un connubio straordinario. Bisognerebbe imparare a incanalare l’energia dagli artisti, per dare il meglio di sé e comunicare bellezza. Danilo Dolci ha scritto che ciascuno cresce solo se sognato. Abbiamo bisogno di sognare.