Il film “Amori che non sanno stare al mondo” racconta la fine di una storia d’amore e il travaglio della protagonista nell’ elaborarne il lutto. In questo travaglio Francesca Comencini ricorre all’uso di flashback per raccontare il passato della storia d’amore tra Claudia e Flavio, districando il piano narrativo su due livelli temporali: quello del passato e della storia d’amore, e quello del presente e della difficoltà di superare la perdita.
La sceneggiatura di Francesca Comencini, Francesca Manieri e Laura Paolucci è frizzante, passa con disinvoltura dai toni comici a quelli drammatici, offrendo a Lucia Mascino una prova d’attore non affatto facile. Il risultato è brillante.

Rappresenti tu il film di Francesca Comencini alla rassegna Open Roads del Lincoln Center.
“Sì e tenevo molto alla tappa di New York, non avrei mai immaginato di venire a Open Roads come protagonista di un film”.
E non solo a New York. Stai seguendo questo film un po’ ovunque.
“Sì, nel 2017 il film è stato presentato al Festival di Locarno ed ero lì: sei mila persone in piazza, è stata un’esperienza meravigliosa. Era la prima volta che vedevo il film insieme al pubblico, tutti ridevano e piangevano, è stato potentissimo. Poi l’ho seguito in Israele, a Mosca, e in Siberia. È bello sentire come reagisce il pubblico, è forte sentire le emozioni in sala”.
Hai sperimentato pubblici diversi. Hai incontrato reazioni diverse a seconda del tuo pubblico?
“La scena di incontro tra Claudia e la sua allieva, Nina, è una scena omosessuale. La scena è stata raccontata con molta eleganza da Francesca, ed è stato interessante per me notare come in Siberia il pubblico dapprima abbia reagito con freddezza, quasi imbarazzo, e poi si sia aperto. È come se il film avesse portato un piccolo seme di libertà in Russia e in Siberia. Non è un film di tabù, ma è un film di sentimenti che chiede empatia”.
Una sceneggiatura complessa quella che ti sei trovata davanti. Cosa hai pensato quando l’hai letta per la prima volta?
“L’ho amata subito perché ha una libertà nella scrittura che non è mai prevedibile. Si passa dal passato al presente senza troppe spiegazioni, non sai mai in che momento sei, se nel passato o nel presente o nella mente di lei. È la natura del film, è come se fosse un’onda che ti fa perdere i riferimenti razionali, ma alla fine sei in grado di afferrare totalmente la storia. È un film che ha la libertà e la freschezza di “Frances Ha”, in una fase di vita completamente diversa. Ma con le dovute differenze ho rivisto nel mio personaggio quello di Frances Ha, una donna che inciampa sulle cose, le subisce ma le sorpassa. Ho anche regalato il DVD di “Frances Ha” a Francesca Comencini prima che iniziassero le riprese del film”.
Il ruolo di Claudia richiede una grande prova d’attore, momenti comici si alternano a momenti fortemente drammatici. Quali sono state le parti più difficili da interpretare?
“Ho amato subito il personaggio, ma ho avvicinato le sue parole con molta calma, cercando di capire lentamente la loro essenza. Con Francesca abbiamo parlato a lungo del personaggio. Le parti più facili per me sono state quelle comiche, quelle più difficili sono state quelle in cui dovevo entrare nelle fasi di rottura del personaggio. Ho preso quelle frasi del film e le ho assorbite nel tempo, e mi sono rimaste dentro anche dopo le riprese, tutt’ora le ricordo. È stata una grande occasione per me come attrice interpretare questo ruolo, è stato come suonare jazz, rock e musica classica”.
Quando ti rivedremo sul grande schermo?
“A fine Giugno esce in sala “Favola” di Sebastiano Mauri, con Filippo Timi, e anche quel film è stato una grande prova per me. E poi ho appena finito uno spettacolo teatrale diretto da Filippo Dini che si ispira alla vita di Rosalind Franklin, e come nel film di Francesca, ho amato quel ruolo molto profondamente”.
C’è qualcosa che accomuna i due personaggi?
“Sì, in entrambi i ruoli non c’è l’idea della vittima: né Claudia né Rosalind sono delle vittime. Sono delle donne molto diverse tra loro ma sono entrambe donne totali, che hanno subito qualcosa ma non da vittime”.
In che tipo di film e con chi vorresti lavorare in futuro?
“Film in cui ci sia la vita dentro, che siano sinceri nel raccontare la vita, non importa il genere, l’autore, la nazionalità. Spero di incontrare di nuovo la qualità del lavoro del film di Francesca. Sicuramente vorrei lavorare con Woody Allen, Pedro Almodóvar, i fratelli Coen e i fratelli Dardenne. Tra i più giovani Greta Gerwig, Lena Dunham. In Italia mi piacerebbe lavorare con Garrone e Virzì”.