Una cantante italiana, cresciuta a Milano, residente a Londra e alla ricerca di una possibilità a New York. Uno spettacolo di cabaret, scelto tra migliaia di candidature da tutto il mondo, in occasione dello United Solo Festival. Una data sola, sabato 7 ottobre alle 16, per tentare il successo. Sono questi gli elementi della storia di Monica Salvi, cantante di cabaret, che al Theatre Row di New York si esibirà con il suo divertente Mad Women in my Attic, un cabaret di canzoni e monologhi, aventi come fil rouge la tematica della follia, la psicoterapia, e in particolare, la figura della “Madwoman”. Divertente e seducente, ma a tratti anche dark, si tratta di uno spettacolo di cabaret leggermente fuori dall’ordinario, in cui una donna internata in manicomio e il suo psicotera-pianista intrattengono il pubblico a ritmo di musica, audience participation, imprevedibili cambi di costume e colpi di scena.
L’impostazione dello United Solo Festival è particolare. Offre infatti a tutti gli spettacoli dei partecipanti scelti dalla giuria (circa 120, su migliaia di application inviate), una sola data: nel caso di Monica sarà per l’appunto sabato 7 ottobre alle 16. Se però questa data riuscirà a fare sold out, se ne aggiungeranno altre fino a un massimo di 8 performance per spettacolo.
Allora Monica, la modalità “unica data” non sarà facile da gestire. Come sei arrivata a New York?
“A Capodanno, tra il 2016 e il 2017, non avevo voglia di festeggiare. Così sono rimasta a casa per rendermi un po’ proattiva in vista dell’anno nuovo. Navigavo su internet alla ricerca di concorsi, eventi e iniziative e ho visto la deadline per questo festival a New York, nel quale prendevano spettacoli da tutto il mondo, ma solo come performance soliste. Ho mandato l’application per gioco, quasi, e mi hanno scelta”.
Sei l’unica italiana a New York, quando hai saputo di essere stata scelta?
“A marzo mi è arrivata la mail, in cui mi hanno detto: ‘Ti diamo possibilità di fare una performance’. Ero elettrizzata! Il mio spettacolo è stato scelto tra migliaia di altri, da tutto il mondo e di questo ne vado davvero molto orgogliosa. Anche se avere una sola data, insomma, è dura…”
Lo studio Theatre del Theatre Row non sarà facile da riempire: qual è il problema principale nel fare sold out in questo contesto?
“La data singola non aiuta appunto, ma non solo: nessuno mi conosce a New York, essendo di Londra, quindi ottenere visibilità in una città così grande è dura. Ma sono ottimista”.
Raccontaci dello spettacolo. Qual è la trama?
“È un cabaret all’inglese, quindi con un performer che canta sul palco una serie di canzoni, seguito da uno o più strumenti musicali. Nel mio caso saranno 22 le tracce e ci sarà anche un pianista, parte integrante dello spettacolo, che dura poco meno di un’ora. Il pianista sarà parte integrante, non solo per le canzoni, ma anche perché nello spettacolo in cui io sono la “Madwoman”, la donna folle, lui farà il mio psicanalista”.
Non è la prima volta che interpreti questo ruolo tra l’altro, giusto?
“Giusto, l’ho interpretata varie volte in miei spettacoli, la donna un po’ ‘pazzerella’. L’ho fatto a Roma, a Milano, a Londra. E svariate volte ho interpretato personaggi comunque un po’ strani, con quella vena di follia che sa smuovere gli animi dello spettatore. Deve essere per i miei capelli rossi (ride, ndr), ma nei provini mi prendevano sempre per quelle parti e mi ci sono ritrovata. Ho fatto, ad esempio, anche la parte di Violet in ‘Violet e Mussolini’, in passato a Roma”.

Che cosa significa essere scelti per uno spettacolo a New York?
“Significa di certo acere enorme visibilità e un upgrade fondamentale nel mio curriculum di cantante e di artista. Ti faccio un esempio: giusto qualche mese fa, ho fatto l’application per uno spettacolo di cabaret a Londra e mi hanno risposto subito, non appena ho detto loro che ero stata scelta allo United Solo Festival di New York. Non sai da quanto tempo ‘inseguivo’ quello spettacolo a Londra, è bastato inserire il nome New York e qualcosa si è smosso”.
Londra è stata ed è fondamentale per la tua carriera e la tua vita, tra l’altro: come hai deciso di trasferirti?
“Sono nata e cresciuta a Milano, poi da 21 a 24 anni ho frequentato una scuola di musical a Bologna, dove ho vissuto per altri 2 anni post-scuola. Ho capito però che in Italia, sul teatro e in particolare sul cabaret, non c’era e non c’è quell’approccio al lavoro che ammiro di più nel cabaret anglosassone. In termini organizzativi e di approccio al personaggio è tutto un altro mondo a Londra, così mi sono trasferita”.
Qual è la differenza?
“A Londra, forse, si lavora più per il bene dello spettacolo e tutti insieme, mentre in Italia ho sempre trovato più egoismi personali. Un aspetto che non mi è piaciuto molto, diciamo”.
Com’è nato l’amore per il teatro?
“Lo ammetto, quando ero adolescente il teatro mi interessava meno di zero. Poi però a Milano, al cinema Mexico, ho visto il Rocky Horror Picture Show, e ho iniziato a sviluppare la passione per il cinema teatrale. Ma l’amore vero è sbocciato in un’altra occasione…”.
Ovvero?
“Ero a Londra, forse non a caso. Sono andata a vedere Il Fantasma dell’Opera durante un viaggio con mia sorella e mio cugino. Avevo 17 anni e ne sono uscita entusiasta: dissi loro che questa sarebbe stata la mia vita. E in effetti, tra mille difficoltà, alla fine lo è stata!”.
Ma verresti a vivere a New York?
“Mi intriga tantissimo Brooklyn e il quartiere Bedstuy è davvero bellissimo da esplorare. Adoro vivere a Londra al momento, ma un’esperienza per qualche tempo la farei a New York, di sicuro. Chissà, magari, un giorno…”.