Rock Oedipus è uno spettacolo scritto e diretto da Manolo Muoio, con Manolo Muoio e Luca Pietramala, produzione Teatro Rossosimona (Calabria). Lo spettacolo porta in scena il mito di Edipo, uno dei miti più commoventi e ambigui della civiltà occidentale, raccontato attraverso frammenti dell’antica tradizione tragica e alcune canzoni rock, particolarmente significative per il creatore dello spettacolo. Eschilo e Sofocle dividono la scena con Doors, Stooges e Velvet Underground, affiorando attraverso la voce di Manolo Muoio e la Stratocaster di Luca Pietramala. Manolo Muoio, autore, regista e attore, dal 1992 esplora le arti performative con maestri tra cui Francesco Gigliotti, Lindo Nudo, Judith Malina ed Eimuntas Nekrosius. Dal 2009 al 2011 partecipa alla direzione artistica e organizzativa di Revolution MAD, rassegna di danza e teatro contemporaneo presso il Teatro Quirino di Roma e alterna il ruolo di attore a quello di regista. Manolo Muoio è tra i fondatori della compagnia Teatro Rossosimona, caratterizzata dal rinnovamento della scena e dalla sperimentazione di tecniche e stili. Luca Pietramala, chitarrista elettrico e classico, fonico e tecnico del suono, si è specializzato nel tempo nella ricerca di suoni campionati e di effetti speciali.

Come è nata l’idea di questo spettacolo?
“Ci sono materiali che covano a lungo sotto la cenere, per giorni, che restano come brace ardente nelle pieghe della mente e del corpo. Per poi divampare quando la situazione diventa improvvisamente propizia. Nel 2000 feci uno spettacolo in cui interpretavo Edipo, con la stessa compagnia che oggi produce questo lavoro, Teatro Rossosimona. Sette anni dopo fui Eteocle in un’originale rilettura de I Sette a Tebe di Eschilo. Il rock’n’roll è stato certamente il mio personale Edipo, inteso in senso freudiano. La deriva che mi ha portato a “uccidere i padri” in senso simbolico e a spiccare il volo verso mondi misteriosi e sconosciuti. Quando queste due brucianti passioni hanno cominciato a cortocircuitare nel recinto della mia immaginazione creativa, allora è nato dapprima il desiderio e poi il progetto per questo spettacolo.”
Il festival In Scena! permette a compagnie italiane di esibirsi in un contesto americano. Attraverso quali mezzi secondo te è possibile diffondere efficacemente il teatro italiano negli USA?
“Quella che ci viene offerta da In Scena! è certamente un’occasione unica. Non è facile infatti varcare l’Atlantico per chi come noi non ha alle spalle potenti strutture organizzative e budget elevati. Dare la possibilità a piccole compagnie, o ancor più ad artisti indipendenti, di avere una vetrina d’eccezione nei cinque distretti di NYC è certamente il valore aggiunto più evidente di questo festival che arriva quest’anno alla sua quinta edizione, continuando a proporre al suo pubblico un programma di grande qualità e rigore. La difficoltà viene dal fatto che le compagnie spesso hanno un sostegno scarso, o addirittura inesistente, da parte delle strutture istituzionali che dovrebbero promuoverne le attività in patria e all’estero.

Conosco poco la realtà americana, ma da quello che mi risulta NY è radicalmente diversa dal resto degli Stati Uniti. Non saprei come estendere la riflessione al vasto territorio USA. Per di più il teatro italiano – per quanto quest’espressione possa avere un significato oggi – soffre di una profonda crisi d’identità che sostanzialmente gli impedisce di proporsi come una realtà dinamica e riconosciuta sulla scena internazionale. Si dovrebbe ripartire dalla sincerità di fondo della proposta artistica e dall’impegno a far viaggiare e diffondere i frutti del proprio lavoro, bypassando steccati e barriere di ogni natura. Io, ad esempio, ho tradotto alcuni monologhi di Rock Oedipus e, in occasione delle date newyorchesi, li reciterò in inglese. Penso che anche questo sia un modo di andare incontro al pubblico per creare una connessione non mediata. Odio dover leggere i sopratitoli a teatro, perdendo l’attenzione per la scena in carne e ossa.”
È la prima volta che porti uno spettacolo negli Stati Uniti? Cosa significa per te essere a New York e soprattutto andare in scena in questa città?
“No, non è la prima volta. Nel 2013 fummo ospiti proprio della prima edizione di In Scena! insieme a Ernesto Orrico, che per una bella coincidenza è presente anche nel programma di quest’anno con La Mia Idea. Memoria di Joe Zangara. Se sei stato un’unica volta a NY e hai provato con intensità quell’affascinante e seducente sensazione di sentirsi a casa propria in ogni sperduto angolo della città, il desiderio profondo di ripetere quest’esperienza diventa una specie di inspiegabile sortilegio. Questa volta, la motivazione è rafforzata dal fatto che Rock Oedipus è un lavoro ideato, sceneggiato e interpretato dal sottoscritto. Quale banco di prova più stimolante della platea di una città così avvincente e paradigmatica? In Scena!, inoltre, pensato per un pubblico composto principalmente da soggettività impegnate nell’arte, nello spettacolo e nella cultura italiana a NYC, rappresenta un ulteriore stimolo e una occasione di confronto con questa comunità così vivace e radicata. Esempio di come ci si possa proiettare proficuamente verso il mondo, senza dimenticare le proprie origini, praticare nuovi linguaggi con i piedi ben affondati nella tradizione. C’è poi un’altra ragione molto forte per cui portare il nostro spettacolo a NYC è un’esperienza davvero esaltante: l’immaginario attraverso il quale viene filtrato e interpretato il percorso tragico di Edipo e della sua stirpe, come dicevo all’inizio, è profondamente ispirato alla musica rock: Doors, Velvet Underground, Iggy Pop, sono i nostri numi tutelari, i nostri oracoli contemporanei. Non vedo l’ora di cantare Venus in furs di Lou Reed, in un teatro dell’Upper West Side o di Staten Island.”

Cosa pensi o speri di riportare in Italia dopo quest’esperienza, sia dal punto di vista personale che professionale?
“Viaggiare è sempre un’occasione di risveglio dei sensi, della mente e del corpo. Immergersi improvvisamente in un contesto in cui si parla un’altra lingua, si consumano altri cibi, si praticano altre abitudini è già di per sé un’esperienza che ti arricchisce e inevitabilmente ti cambia, soprattutto se la sai osservare e vivere col giusto sguardo, se sei è capace di far risvegliare nei tuoi occhi mille occhi. Fare questo avendo la possibilità di portare con sé un pezzetto del proprio lavoro e della propria arte (sempre rigorosamente con la “a” minuscola) è davvero un privilegio che cercheremo di goderci fino in fondo e sperando di farlo fruttare nel migliore dei modi.”

Perché questo spettacolo è da vedere? Cosa pensi o speri di lasciare al pubblico newyorchese?
“Rock Oedipus certamente è da vedere per il pubblico di In Scena! innanzi tutto perché, anche a detta della stessa direzione artistica, rappresenta una novità nella classica programmazione del festival. È la prima volta infatti che la rassegna si apre a un linguaggio come il nostro, che sta in equilibrio tra il teatro, la musica e la performing art. Sono convinto che il pubblico newyorchese apprezzerà. Sia perché, come accennavo, la matrice del nostro lavoro è profondamente radicata nell’immaginario rock, che tanto ha influenzato e a sua volta è stato plasmato dalla cultura e dalla vita di questa città straordinaria, sia perché il nostro è un approccio estremamente sincero. Una ricerca accurata, e accorata, che si esprime in maniera diretta, puntando non tanto alla comprensione intellettuale del lavoro – ovviamente ci sono differenti gradi di lettura, secondo la diversa conoscenza che ognuno può avere del mito e degli altri numerosi riferimenti testuali – quanto alla percezione del materiale coreografico e sonoro, attraverso la carne, i nervi e il cuore di ogni singolo spettatore.”
Perché il tuo Edipo è rock? Che ruolo ha la musica nel tuo spettacolo?
“Edipo è il front-man. Abita qui un deposito perduto di testi, memorie e oggetti-feticcio, precipitato in un “piccolo-privato-perverso” immaginario rock. La musica è tutto. È il modo in cui questo personaggio, anzi questa molteplicità di personaggi in cui si è tragicamente disintegrato il personaggio classico, percepisce la realtà e il mondo intorno a sé. Non dimentichiamo che la cecità, reale e figurata, di Edipo, nei confronti del suo destino e degli eventi che ne caratterizzano lo svolgersi, è il dato fondante di tutta la vicenda. Inoltre sono fermamente convinto che il dato sonoro in teatro preceda e rimanga sempre e comunque in posizione di forte predominio rispetto all’impianto visivo della scena. E questo è un dato assoluto, il teatro si sente con le orecchie, ancor prima di essere contemplato con gli occhi. In principio era il Verbo, insomma, o, se preferite, il suono.”

Nello spettacolo reciti: “Niente sarà più uguale a prima […] ciò che sembrava inattaccabile è destinato ad essere scosso e messo a repentaglio”. Finora cosa pensi di aver trasmesso al pubblico e cosa hai ricevuto in cambio durante il viaggio edipico che racconti?
“Quello è un frammento in cui si accenna al destino dei movimenti di rivolta nello svolgersi travolgente del dramma della Storia. Il riferimento più tangibile è l’internazionale situazionista, gli scritti e il film di Guy Debord, IN GIRUM IMUS NOCTE ET CONSUMIMUR IGNI. Un antico palindromo latino che ben descrive la nostra condizione instabile e generatrice di molteplici trasformazioni. Con la nostra modesta opera cerchiamo di dare la “scossa”, mentre camminiamo in bilico su un terreno accidentato e sconnesso con passi da funambolo. Rock Oedipus si odia o si ama in maniera viscerale. Certo chi ha avuto occasione di vederlo non se ne dimenticherà tanto facilmente.”
Lo spettacolo andrà in scena a New York, presso il College of Staten Island il 10 maggio alle ore 16.30 e al Bernie Whol at Goddard Riverside Community Center il 12 maggio alle ore 20.
Per maggiori informazioni: In Scena!