Lo spettacolo Riccardo e Lucia si ispira a una storia vera, agli appunti e al diario privato di Riccardo Lerro, nonno dell’autrice del testo e regista dello spettacolo con produzione Teatrificio 22. La storia si svolge nella Puglia post-bellica dove i due protagonisti, poeta e attivista politico Riccardo, donna forte e semplice Lucia, si trovano a vivere la loro storia. Una storia d’amore che si sviluppa tra la passione politica e il dolore dell’assenza e che mostra uno spaccato di vita dell’Italia meridionale appena uscita dal Fascismo. Lo spettacolo debutta nel 2011 ed è vincitore del premio A. Corsini – Salviamo i talenti 2013/2014 Teatro Vittoria – Roma. Il ruolo di Riccardo è interpretato da Pio Stellaccio che vanta numerose collaborazioni teatrali (Judith Malina e Hanon Reznikov, Fausto Paravidino), cinematografiche (R. Mortelliti) e televisive (Giorgio Capitani, Francesco Vicario). Il personaggio di Lucia è interpretato da Ivana Lotito, attrice in teatro, nel cinema e in numerose serie tv come Paura di amare 2, Squadra Antimafia 5 e Gomorra la serie 2. Claudia Lerro inizia giovanissima il suo percorso artistico nello spettacolo, si diploma all’Accademia ITACA, consegue una laurea in drammaturgia contemporanea e collabora con numerosi registi come Giancarlo Sepe e Sergio Rubini.
Com’è nata l’idea di questo spettacolo?
Ho iniziato a scrivere lo spettacolo il giorno del funerale di mia nonna. Mentre il carro funebre sfilava tra le strade del centro del mio paese, alcuni vecchietti seduti alle panchine si sono alzati in piedi e si sono tolti il cappello. Questo gesto di rispetto per la vita mi ha fatto sentire il desiderio di scrivere di sentimenti e valori che oggi purtroppo sono fortemente in crisi. Inoltre, la morte prematura di mio nonno aveva lasciato in famiglia un dolore irrisolto. Raccontando la sua storia volevo tentare di “guarire”, “medicare” almeno, questa ferita aperta. L’ho scritto quindi perché avesse una funzione catartica per me e la mia famiglia. Dopo il debutto, ho scoperto che aveva lo stesso effetto su tutti gli spettatori. Ognuno di noi ha un’assenza con cui fare i conti, una cicatrice da accettare. E lo spettacolo, secondo me, riesce ad accarezzare la solitudine e il dolore di chi lo guarda.

Il festival InScena! permette a compagnie italiane di esibirsi in un contesto americano. Attraverso quali mezzi secondo te è possibile diffondere efficacemente il teatro italiano negli USA?
Non so se so rispondere a questa domanda perché conosco poco l’America. Direi che il teatro si fa conoscere ovunque, quando porti in scena il bel teatro, quello che emoziona, che semina domande e pensieri in chi vi assiste.
È la prima volta che porti uno spettacolo negli Stati Uniti? Cosa significa per te essere a NY e soprattutto andare in scena in questa città?
Si, è la nostra prima volta. Andare in scena a New York significa avere un palcoscenico nella capitale del mondo, all’incrocio delle varie razze, delle varie culture di tutto il mondo. Poi, l’America tutta rappresenta per noi meridionali la terra della speranza, ma anche dell’addio alla propria madre, alle proprie radici, al proprio paese. Il fatto di andarci come artista, come lavoratore a raccontare la storia di chi è rimasto a credere nel sud della nostra Italia è un piccolo miracolo davvero emozionante. È un’occasione d’eternità per le persone delle quali raccontiamo la vita.
Cosa pensi o speri di riportare in Italia dopo quest’esperienza, sia dal punto personale che professionale?
Dal punto di vista personale spero di portare un orizzonte più largo, un’esperienza da raccontare, un’emozione da aggiungere a quelle che porti con te per tutta la vita. Dal punto di vista professionale non ho molte aspettative. Sono aperta e in ascolto a ciò che potrà accadere.
Perché questo spettacolo è da vedere? Cosa pensi o speri di lasciare al pubblico newyorchese?
Lo spettacolo è da vedere perché alla fine porti con te la speranza e il coraggio di credere in te stesso fino alla fine. È un’ora di poesia e di bellezza, una carezza sul cuore.

Lo spettacolo è un inno all’amore e all’onestà di due persone semplici che vivono in un periodo storico complesso. Essere onesti e credere nei sacrifici in vista di una vita migliore per tutti significa ancora qualcosa oggi o rimane un ideale superato?
Spesso il teatro contemporaneo fa da eco alla decostruzione, al relativismo, alla morte di ideali, alla violenza che caratterizzano il nostro presente. Il nostro spettacolo, è vero, canta un ideale che non esiste più. E lo fa apposta per questo. Nella mia idea di teatro, io devo seminare negli occhi dello spettatore una speranza, un’idea, un’emozione che nella vita quotidiana egli non vede più. Una carezza dicevo prima ed un seme che possa germogliare cambiando il presente. Se vado a teatro e vedo quello che già conosco, che vivo ogni giorno, a parte forse aiutarmi a capire meglio la realtà in cui vivo, come può aiutarmi a cambiarla, ad esserne affrancato, a scuoterla, a superarla? Per me oggi, la bellezza, la poesia, la delicatezza, il restare fedeli a se stessi per non perdersi mai, sono la vera rivoluzione. Quando vado a teatro e vedo corpi martoriati, nudi, deboli, violentati, sporchi , smarriti, come spesso siamo noi in questo nostro presente, mi sento ancora più smarrita e sconfitta. E invece, ciò che voglio fare come autrice è abbracciare le persone, con lo stesso abbraccio, la stessa consolazione, lo stesso incoraggiamento che vorrei ricevere io quando vado a teatro. Con “Riccardo e Lucia” provo a fare questo. I valori di cui parlo non sono cosa passata, sono ciò che vorrei per il mio futuro.
Secondo te qual è il peso dell’eredità storico-sociale che hanno lasciato i nostri padri alle nuove generazioni in Italia?
Un peso enorme, purtroppo. Il tentativo di rinascita delle generazioni del dopo- guerra è fallito miseramente e tra le ragioni c’è il pensiero tutto italiano che “tanto lo fanno tutti, perché io no? Anzi, se non lo faccio io, lo farà un altro e mi fotterà. È meglio che io fotta prima lui.” E infine “Perché devo impegnarmi io a cambiare le cose. Qualcun’altro lo farà per me.” E poi non lo fa nessuno…per citare Riccardo. Questa cultura è figlia di tutta la storia di dominazioni della nostra Italia. Noi come nuova generazione abbiamo il dovere di ribaltarla. Ciascuno di noi ha la responsabilità politica di rendere migliore il proprio paese. E il nostro spettacolo parla anche di questo. Venite a vederlo.
Lo spettacolo andrà in scena a New York, presso la Casa Italiana Zerilli-Marimò il 9 maggio alle 20 e al Bernie Wohl at Goddard Riverside Community Center l’11 maggio alle ore 20.
Per maggiori informazioni: In Scena!