‘Da qui non si può entrare signorina, deve fare il giro per il check in’. Il check in del teatro Ariston di Sanremo assomiglia al check in di un aeroporto ma senza rullo e senza computer. Un’unica porta, un metal detector per controllare borse e biglietti e un “buona serata”. Il tappeto rosso contornato dalle transenne è una sfilata di selfie, alle spalle la scritta “Ariston” e l’euforia della seconda serata del Festival. Mi fermo anch’io, spalle all’ingresso, sorrido all’aria e scatto: seguo Sanremo per La Voce da 4 anni, dalla sala stampa, e prima di stasera non ero mai riuscita ad avere un biglietto per una serata del Festival e mi pare giusto immortalare l’evento. Si avvicinano due signori sui 60 anni suonati, lei in pelliccia di visone, lui in giacca e papillon. “Gliela scatto io la foto se vuole”. Voglio. Una volta dentro, in galleria, in quinta fila, mi sento rifare la stessa domanda. “Senti, mi puoi scattare una foto? Poi la scatto io a te”. È un baratto social, un gemellaggio di solitudini all’Ariston. E la voce all’altoparlante ha poco da dire di spegnere i telefoni. Non li spegneranno mai per tutta la sera, tra foto, video e commenti sui social.
Il teatro Ariston da dentro è piccolissimo, raccolto, con un’ottima acustica, luci spettacolari e una scenografia che da casa non si nota abbastanza. Ma resta pur sempre un semplice teatro, che quasi viene da pensare a quante magie si potrebbero fare in tutti i teatri d’Italia mettendoci dentro la sapiente regia della RAI. Sanremo è uno spettacolo costruito, è aura, è chiacchiericcio, è polemica a tutti i costi. Ma questo è anche tutto quello che viene dopo e che dentro al Teatro, seduti tra il pubblico, non si vede né si percepisce.
Si vedono però dettagli che da casa o sul maxi schermo in sala stampa non si vedranno mai. Non entrano nell’inquadratura le ballerine argentate a punta di Chiara, sciatte e indossate sotto ad uno dei vestiti più belli del Festival. Non entra il faretto delle luci colpito quasi a morte da una pallonata di Francesco Totti, che ha autografato palloni prima di calciarli in platea. Non entra il suono, purtroppo, che quando Giorgia fa un acuto ti tremano i timpani e il laser verde ti colora la faccia e per fortuna, sennò qualcuno potrebbe vedere che ti stai per commuovere.
Ma la cosa più interessante del Festival di Sanremo visto da spettatore sono i fuori onda. Per Carlo Conti le telecamere non si spengono mai o meglio è come non ci fossero. La sua maschera del presentatore non si scolla mai, nemmeno per un attimo. Aizza il pubblico durante la pubblicità, ci chiama “ragazzi”, ci ha in pugno tra battute e savoir faire. È un presentatore di parrocchia e il Fiorello del Karaoke nelle piazze, è il battitore di un’asta e l’amico che ti batte la spalla perché non lo vedi da tempo.
Per Maria De Filippi le cose sono diverse: più schiva, saluta con la mano mentre il pubblico la acclama. È più timida ma la sua è una forza che non ha bisogno di parole. L’ha detto anche lo share della prima serata. Un 50 per cento pieno per un record che non si vedeva da 12 anni.
Il miglior Festival degli ultimi 12 anni ha gli archi che suonano alla perfezione durante Di sole e d’azzurro, ha la voce che ti spettina di Sergio Sylvestre, ha il sospiro di Giorgia emozionata prima di iniziare la prima nota accompagnato da uno sguardo in direzione di Conti, ha una richiesta crescente di gente che quello spettacolo lo vuol vedere dal vivo. Per dire agli amici a casa “Io c’ero”, ma anche per capire le magie di un Sanremo che tutta Italia critica ma tutta Italia guarda.