Sì è concluso domenica il Sinodo della Chiesa cattolica apertosi il 4 ottobre scorso. Assemblea che ha visto riuniti 270 vescovi provenienti da tutto il mondo. Un evento estremamente importante per tutto il mondo cattolico, occasione di confronto e riflessione sugli atteggiamenti della Chiesa riguardo grandi questioni. Al centro di questa assemblea – dal titolo “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo” – ci sono stati, difatti, temi di fondamentale importanza: la famiglia, gli atteggiamenti da avere in materia di divorzio e verso gli omosessuali.
E’ stato tuttavia un Sinodo che non sarà dimenticato facilmente, segnato da alcuni episodi, in climax ascendente, che da subito hanno scosso il mondo ecclesiastico e i media. Alla vigilia dell’assemblea, il coming out di monsignor Krzysztof Charamsa che ha affermato: “Sono un sacerdote e sono omosessuale. Orgoglioso e felice della mia identità, pronto a pagare ogni conseguenza. Ma è il momento che la Chiesa apra gli occhi di fronte ai gay credenti e capisca che la soluzione che propone loro, l'astinenza totale dalla vita d'amore, è disumana”. Charmasa ha creato un vero sconvolgimento proprio su un tema che rappresenta oramai per la Chiesa una questione spinosa.
Questione difficile da affrontare e che, infatti, non ha trovato nel Sinodo nuovi passi avanti. Rimangono ancora fortemente distinte le due sfere: da una parte il mondo eterosessuale e dall’altra quello omosessuale. Non c’è ancora un’apertura verso il riconoscimento di una parità fra queste due sfere. Riguardo la possibilità di un’uguaglianza fra matrimoni etero e omo sessuale “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”, si legge sulla Relazione Finale del Sinodo dei Vescovi al Santo Padre Francesco.
Successivamente, a Sinodo intrapreso, c’è stata l’apparizione della lettera di alcuni cardinali contrari alle riforme. Il gran finale ha i fuochi d’artificio. Ciò che ancor di più ha segnato i giorni finali del Sinodo, infatti, è stata una notizia, al centro dei media sino ad oggi: il tumore del Papa. Il presunto tumore (benigno) del Papa, ad essere precisi. Sì perché il 21 ottobre la testata Quotidiano Nazionale titola in prima pagina la notizia della malattia del Santo Padre. Sembra essere uno scoop straordinario ma arriva immediata la smentita dal direttore della sala stampa della Santa Sede, Padre Lombardi. Nei giorni successivi abbiamo vissuto in un denso clima da spy story. Ma in realtà il mistero non c’è, anzi.
Ciò che questi episodi illuminano ancora di più è che Jorge Mario Bergoglio è temuto e poco apprezzato da alcuni. Non può apparire come un caso che proprio un evento di portata significativa in materia di rinnovamento della Chiesa come è il Sinodo, sia stato il teatro di ripetuti tentativi di smottamento, deragliamento e insinuazioni.
Fermandosi un momento a riflettere il quadro che emerge sembra lasciare poco spazio a dubbi. Certo Charmasa ha aperto le danze, ma può essere comprensibile scegliere l’inizio di un Sinodo volto a riflettere sul ruolo della Chiesa in rapporto alla famiglia, per denunciare un problema grande che la Chiesa continuerà ad affrontare.
Tuttavia, per quanto riguarda il presunto tumore papale il tempismo è stato a dir poco provvidenziale. La notizia è stata rilasciata proprio nelle fasi finali del Sinodo. Una coincidenza non da poco visto che, stando a quanto si è dichiarato nell’articolo di QN, la notizia della malattia del Papa sarebbe stata nota già da alcuni mesi. Dunque perché attendere proprio un evento come il Sinodo per renderla pubblica? Ad alcuni potrebbe risultare più che evidente.
E’ interessante notare che il presunto tumore di Papa Francesco sarebbe stato al cervello. Questo darebbe quindi adito a molti pensieri collaterali. Il cervello, il centro del pensiero. Il centro del pensiero e quindi del raziocinio. Della capacità di parlare e scegliere con cognizione di causa. Una capacità quantomeno potenzialmente compromessa se il tumore fosse realmente presente. Il punto è centrale. Si metterebbe in discussione la capacità stessa del Pontefice di attuare delle scelte in modo lucido. E il tutto proprio nel bel mezzo di un’assemblea fondamentale e fortemente significativa per la Chiesa. Aggiungere a questo il riferimento ad un elicottero di cui il Vaticano in realtà non è in possesso è pressoché superfluo.
Le conclusioni saranno tratte in modo privato. Ognuno trarrà le sue. Tuttavia è bene tenere presente che il teatro di tutta la vicenda è uno e uno soltanto: il cambiamento. O forse soltanto il possibile cambiamento, che potenzialmente potrebbe spaventare ancor di più con i suoi tratti imprevedibili e indefiniti. Il binario di cambiamento sul quale questo Papa sta portando una struttura pesante e antica come la Chiesa. Un cambiamento cui Francesco si sta impegnando con forza dal primo giorno del pontificato. La rivoluzione di Bergoglio spinge da una parte la Chiesa ad essere più vicina al tempo degli uomini. A quel tempo che è sottolineato anche nel titolo di questo Sinodo da poco terminato. Il tempo presente. La contemporaneità. Bergoglio si muove su quel punto indefinito oltre il quale il passato deve fare i conti con i tempi nuovi e decidere. Decidere se continuare ad abitarli in modo antico, come ha fatto finora, o mutare. Cambiare. Diventare presente e prendere una nuova rotta. Una rotta che molti fedeli forse aspettano. E che altri temono.
Questo è il teatro su cui si sono mossi i molti attori della vicenda ancora intrigata che ha caratterizzato questo Sinodo. Uno degli atti si è appena concluso.
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