Vinyl, la serie HBO ambientata nella New York degli anni Settanta creata e prodotta da Martin Scorsese, Mick Jagger, e Terence Winter; i fascinosi anni Trenta dell'ultimo film di Woody Allen; la bellissima serie televisiva The Knick diretta da Steven Soderbergh; Orange is The New Black, uno dei maggiori successi televisivi di questi ultimi anni, e la batmaniana Gotham. Sono fra i tanti film e serie TV girati in questi mesi a New York, e tutti nascondono un trucco. Meglio ancora, tutti nascondono una truccatrice.
Valentina Celada è una make up artist e artista italiana che vive e lavora da quasi vent'anni a New York. Dopo una solida formazione artistica, come pittrice e scultrice, ha cominciato a interessarsi agli effetti speciali e a dedicarsi alle maschere in lattice, e il suo talento nella pittura e nella scultura, ma anche la sua esperienza di lavoro in una fonderia qui a New York, le hanno permesso di perfezionare proprio quest'aspetto che è creativo e artigianale insieme. E dalle maschere al make up in senso più ampio il passo è stato breve.
Cresciuta fra Roma, la Svezia e Los Angeles, Valentina ha studiato all'Accademia delle Belle Arti di Roma, poi alla Scuola di Arti Ornamentali San Giacomo, quindi alla Cooper Union di New York. Siamo nel 1997 e, da questo momento, studio, formazione artistica e le prime esperienze lavorative negli Stati Uniti si intrecciano. “La mia prima formazione a Roma è stata alla Scuola di Libera del Nudo dell'Accademia delle Belle Arti, quindi pittura e scultura che avevano al centro la figura umana. Poi alla scuola San Giacomo ho lavorato alla riproduzione di statue greche e romane, facendo sculture e bassorilievi – racconta – A New York, oltre alla Cooper Union, ho fatto poi altri corsi e worskshop fino a The Arts Students League, dove ho studiato disegno dal vivo e pittura”.
Valentina Celada è un'artista prestata al cinema, a partire proprio da quell'interesse per la figura umana rappresentata attraverso il disegno, la pittura, la scultura, ma anche ricreata e reinventata grazie agli effetti speciali, a cui Valentina ha cominciato ad interessarsi ormai diversi anni fa, proprio accanto al suo lavoro artistico sul corpo umano. “Ho cominciato a lavorare alle maschere, grazie proprio al lavoro che facevo in una fonderia, uno dei miei primi lavori arrivata a New York; si facevano i modelli di cera prima di fare la colata in bronzo, lì quindi ho imparato le tecniche”. Combinando la tecnica al talento artistico e a una grande curiosità per diverse forme espressive, ha quindi partecipato a workshop e corsi di make up e ben presto ha cominciato a lavorare a trucco ed effetti speciali, prima di tutto a teatro, alla New York City Opera e poi dal 2002 alla Metropolitan Opera, con cui continua a collaborare. In mezzo, un po' di lavoro per la pubblicità e anche un videogame, Jurassic Park. “Il make up a teatro è il mio lavoro più continuativo ed è un lavoro che mi piace molto. Mi capita di truccare i protagonisti o i ballerini e il coro, quando ci sono masse di persone. L'ultimo lavoro è stato la Turandot per il Metropolitan appunto. Per anni ho truccato i cantanti protagonisti del Met ma è un tipo di impegno diverso. Poi, quando mi chiamano, lavoro anche sui set cinematografici e televisivi come additional make up artist. Collaborazioni di questo tipo, continuative ma non a tempo pieno, mi danno una notevole libertà, mi permettono di continuare a dedicarmi alla mia arte, cosa che altrimenti non potrei fare”.
Mai come nel caso di Valentina Celada il termine di make up artist sembra essere più appropriato: un'artista del trucco che lavora sul viso di attori e attrici, esaltandone i tratti, mascherando imperfezioni, creando suggestioni, riproducendo un'epoca, nascondendo e rivelando identità, seguendo le indicazioni di un regista ma anche la propria interpretazione di quelle indicazioni, attingendo a emozioni e magari ispirandosi ad altri film visti, a immagini, fotografie, “tanto più truccando le comparse, i personaggi minori, ho molta libertà di scelta rispetto al tipo di trucco da fare, molto margine di interpretazione”. Uno degli ultimi set sui cui ha lavorato è quello di Woody Allen, che in settembre ha girato alcune scene a New York. Un'ambientazione tardi anni Trenta, un night club ricreato in una zona industriale di Brooklyn, splendidi abiti da sera. “Per creare un trucco, oltre alle indicazioni di base che si hanno – come l'epoca, la location, alcune caratteristiche del personaggio in caso dei protagonisti – ci si ispira al vestito e ai capelli dell'attore o attrice, o della comparsa, da truccare. Nel caso di Woody Allen, pur essendo quella scena ambientata in un night club, l'indicazione era quella di creare un trucco molto delicato, usare colori tenui, nulla di troppo accentuato. E questo rispecchia un po' il regista stesso, Woody Allen è delicato, si vede nei film che fa, e si ritrova anche nei dettagli del mio lavoro”. Tra i film di Allen, quello che le è particolarmente piaciuto, tanto da averlo tenuto a mente quando si preparava a questo film è Midnight in Paris, “con le sue diverse epoche, i suoi artisti, pieno di immaginazione”. Ma Woody Allen a parte uno dei film da cui Valentina ha preso maggiore ispirazione per quanto riguarda appunto trucco, costumi, ambientazioni, è The Great Gatsby (Il grande Gatsby) di Baz Luhrmann. Uno dei set su cui le è piaciuto di più lavorare è invece quello di Black Swan, di Darren Aronofsky, in parte girato al Lincoln Center: “truccavo le ballerine, è stata una bellissima esperienza.”
Dagli anni Trenta al contemporaneo ai primi del '900, è un viaggio nell'America e nel cinema, un viaggio che i truccatori come tutte le altre maestranze di un set ricreano con il proprio lavoro ma a cui al tempo stesso partecipano, perché se è vero che il set è un mondo artificiale, è anche vero che è un mondo vero e proprio, che per le decine, a volte centinaia di persone che compongono cast e crew è un mondo assoluto in quelle settimane (o mesi) di riprese. “Il set è impegnativo, faticoso – e lo è soprattutto per i reparti di “trucco e parrucco”, come vengono chiamati scherzosamente in Italia, che sono tra i primi ad arrivare ogni giorno sul set – La mia giornata tipo comincia sul set alle 5 di mattina, che significa alzarsi alle 3, magari per andare su un set fuori città, e il lavoro va dalle 8 alle 16 ore al giorno. Ma lavorando come additional make up artist, posso giocare con i miei orari, con le giornate, fare incastri, in modo da poter continuare a lavorare in teatro, e a fare la mia arte. In questo periodo lavoro ad acquerelli di grande formato ed è questo che voglio continuare a fare, e lavorare sul set pur mantenendo una certa libertà è perfetto”.
Negli ultimi dieci anni, Valentina ha esposto in alcune fra le più interessanti gallerie di New York, mostre personali e collettive che rivelano i suoi molteplici interessi, dal corpo umano, al lavoro femminile, all'ambiente. La più recente è la partecipazione alla mostra Art From Detritus, alla Viridan Artists Gallery di New York nella primavera 2015, con una splendida scultura fatta di sacchetti di plastica che compongono una figura umana.
E intanto continua a passare da un set all'altro: “Sto lavorando a Orange is the New Black, che ha spostato la produzione qui a New York, e questo è un lavoro lungo e abbastanza continuativo, anche se ovviamente come additional make up artist non vado sul set ogni giorno proprio perché non mi occupo degli attori e attrici principali. Poi di recente ho lavorato a una serie meravigliosa che è The Knick, ambientata nella New York del 1900: è un lavoro che mi è piaciuto moltissimo, e Soderbergh è un genio, è uno che fa tutto da solo, e sa fare tutto. Ora tra l'altro dovrebbe partire la seconda stagione”.
Con Valentina Celada arte, cinema e teatro si fondono e si confondono in un'unica, affascinante, esperienza artistica. Sullo schermo e sul palcoscenico, come anche in uno studio d'artista o in una galleria di Soho o Chelsea, volti e figure umane prendono forma.
Dalla divina Greta Garbo alle varie Kardashian (come è cambiata l'idea di glamour…), sono tutte passate sotto le abili mani e lo sguardo attento di truccatori che hanno contribuito a farne le star (o starlette) che sono diventate, in un continuo gioco di realtà e rappresentazione, volto e maschera, verità e finzione. Ma anche creature mostruose, alieni, supereroi, tutti in fila davanti allo specchio del trucco, tanto più in una città come New York che del cinema e dello spettacolo, in questi anni, ha fatto forse la sua arte più rappresentativa, e uno dei business più fiorenti.
Nelle strade e negli interni newyorchesi, anche oggi troveremo migliaia tra attori e comparse, stuntmen e stuntwomen, produttori e personale di produzione, elettricisti, macchinisti, operatori di macchina, fotografi di scena, direttori della fotografia, costumisti, scenografi, arredatori, fonici, microfonisti, parrucchieri, dialogue coach, runner, consulenti vari. E truccatori.
In questo senso New York è fatta di tanti piccoli mondi: in una strada c'è un negozio di dischi negli anni Settanta, in un'altra un ospedale d'inizio secolo, in un'altra è Gotham City con le sue atmosfere dark e fumettistiche. E a Valentina Celada capita di abitare in ciascuno di questi mondi, truccando e reinventando i suoi abitanti.