Finalmente in Piazza si corre “Il Palio” rimandato
Oggi si corre, il tempo si è rimesso… questo sonetto girava per la città nella giornata successiva al rinvio della “carriera” per il maltempo . Una pioggia violenta ed insistente ha annullato la Prova generale e la “Provaccia” del mattino del 16, prolungando la sua veemenza fino al tardo pomeriggio. Bandiera Verde issata sul Palazzo Comunale e Palio rimandato. Anche i colori a Siena assumono diversi significati rispetto alla norma. Ma oggi finalmente (17 agosto) si corre e “peccato per chi non è rimasto” chiude la strofa. Dopo il corteo Storico le comparse alla spicciolata ed in ordine di apparizione prendono posto nei palchi a loro riservati, i fantini ed i cavalli sostano nel cortile del Palazzo, nervosi, ed ansiosi di partecipare alla pugna, ed è proprio in questo spazio celato alla vista dei profani e delle telecamere che avviene uno dei momenti più significativi di tutto il Palio, il momento magico in cui il Barbaresco è solo con il suo cavallo. Colui che per giorni interi ed interminabili notti si è preso cura del cavallo che la sorte ha affidato alla contrada. Il passaggio di consegne tra la contrada ed il Barbaresco è in definitiva un atto d’ amore. Quello che c’è di più caro e prezioso a Siena in questa settimana di passioni viene affidato ad una figura oscura ma fondamentale durante i giorni del Palio. Il Barbaresco è un personaggio che non ha popolarità e non si traveste di gloria, non raccoglie celebrità e fama sul tufo, ma riveste un importanza unica. E’ il tutore, allenatore e custode del bene più prezioso al mondo: il suo cavallo. Ne consola le irrequietezze, rassicura le sue bizze, tranquillizza le sue suscettibilità, ne cura le ferite fisiche e le piaghe dell’anima. Lo protegge dai mali del mondo nei giorni in cui il mondo intero entra in Piazza. Gli attimi vissuti nell’”entrone” sono di un intimità spaventosa, parla con il cavallo in un linguaggio che pochi comprendono, in un dialogo simile a quello che Andromaca ha con Ettore nelle porte Scee, a Troia prima che il marito affronti il suo nemico, Achille nel duello finito nel modo in cui tutti sappiamo. Un dialogo intimo costruito con le lettere dell’anima. Un sussulto scuote la delicatezza del momento, uno sparo annuncia l’ingresso dei cavalli in Campo, i fantini ricevono da un addetto i nerbi di bue che serviranno a spronare i cavalli ed a colpire gli avversari nel caso ce ne fosse bisogno. Esce per prima la Selva in un tripudio di acclamazioni, seguita pari passo dalle altre contrade. I fantini ciondolano sui loro cavalli verso la zona della “mossa” apparentemente distaccati, quasi il Campo fosse un maneggio per turisti, ma nelle pieghe recondite del loro intimo sono tesi come le corde di uno Stradivari.
Trecciolino con 13 Palii vinti spera di eguagliare Aceto, mito inverecondo e sfacciato con 14 Palii in bacheca. Siamo alla mossa, l’attimo che sfugge, il luogo deputato principale per le sorti della vittoria, il territorio di mezzo dove il fato stabilisce chi vince e chi perde, chi nasce e chi muore. Il silenzio è assordante, la tensione arriva alle stelle, l’ansia assomiglia ad un malessere fisico mentre un deputato del comune consegna la busta dell’ordine di ingresso ai canapi al “mossiere” . Il silenzio assurdo della piazza è rotto da un nome scandito in maniera roboante: “Chiocciola”! Il silenzio diventa vocio confuso, poi brusio che accompagna i nomi cadenzati dal mossiere, fino a trasformarsi in ovazione o urla di sconforto a seconda della posizione assunta dalla contrada alla mossa. Lupa, Oca, Selva, Valmontone, Nicchio, Torre, Istrice e Tartuca… chiude l’Onda di rincorsa seguito dai cori di diniego dei contradaioli delusi dalla sorte avversa. Ad uno ad uno i cavalli entrano tra i canapi ed i fantini, seguiti fino alla mossa come ombre dagli 007 della contrada di appartenenza ora possono parlottare e scambiarsi i piani definendo i progetti portati avanti per giorni, fatti di trattative misteriose e falsi messaggi , di fiducia mal riposta oppure tresche innominabili. Ma non possono farlo poi tanto liberamente nemmeno sul cavallo, poiché alcuni contradaioli posti in luoghi stategici e sui sui "colonnini" della Piazza sono abilissimi nel leggere il labiale dei fantini per catturare ogni tipo di accordo e presentare il conto al malcapitato nel caso poi perda il Palio o non si comporti nei termini.
Tra i canapi
Fermento e nervosismo accompagnano i cavalli tra i canapi. I fantini si agitano, fanno le evoluzioni, non rispettano le posizioni del’ordine di ingresso per cui il mossiere Bartolo Ambrosione, cavaliere olimpionico di Los Angeles e Seoul decide di far uscire tutti fuori dai canapi. Si ripete la chiamata come da lista, mentre non distante dal “verrocchino” lo strumento che tende il secondo canape, l’Onda e la Selva confabulano tra di loro. Probabilmente, ma è solo una supposizione, la Selva “ordina” all’Onda di entrare nel momento in cui gli altri cavalli sono girati per favorirne la partenza, in un gioco di rivalità ed intrecci impossibile da conteggiare. Entrano i cavalli tra i canapi ma l’Onda di rincorsa non si muove perchè la sua rivale, la Torre è posizionata troppo bene per fare il suo ingresso al galoppo. In effetti è proprio la rincorsa che “forza” per così dire la mossa, ed è l’abilità del mossiere, oggi alla sua 13 presenza sul “verrocchio” che ne disattiva gli effetti. La personalità del mossiere induce i cavalli ad uscire ancora una volta dai canapi, solito giro di accordi tra i fantini e nuovo ingresso . “Dentro Selva” “Nicchio stai al tuo posto “!! Incalza il mossiere che richiama i fantini ad una collaborazione che non avrà mai. L’Onda non entra , i cavalli spingono sui canapi tanto che il Nicchio “spancia” e forza la partenza, il mossiere abbassa i canapi ma frena subito gli impeti dando falsa la partenza nello sconforto della folla. Ora è il fantino dell’Oca che promette mari e monti all’Onda al fine di favorirne l’ingresso quando la Torre è girata nei canapi. I cavalli escono per quattro volte e le partenze false sono due. Il nervosismo si fa spesso, tanto da essere tangibile. La folla urla, dissente con il mossiere, vuole la partenza a tutti i costi, l’attesa spasmodica non è più tollerabile. L’Oca si sposta, l’Istrice si mette di traverso, nessun cavallo è al suo posto. il Nicchio si avvicina tanto al Verrocchio che ne impedisce la visuale al Mossiere che lo richiama ufficialmente. All’improvviso scalcia l’Onda che fa il suo ingresso al galoppo decretando la partenza del Palio.
Scatta subito la Selva cui la sorte ha consegnato Polonski, il cavallo migliore. Tittia nerba di brutto il cavallo che si lancia subito in testa seguito da Mocambo, il cavallo della Lupa. Al primo San Martino, la curva a gomito più temuta, passa prima la Selva, poi la Lupa, l’Oca con il cavallo Quadrivia, esordiente in Piazza e “Roba e Macos” barbero della Torre. Al primo Casato l’ordine è lo stesso. Al secondo San Martino l’Oca ha uno slancio e con una manovra pazzesca supera la Lupa all’interno. Al secondo Casato la Selva è piazzata in testa seguita dall’Oca e dalla Lupa mentre la Torre frana sullo steccato dilapidando al tufo le sue poche speranze di vittoria. Tittia, il fantino della Selva gira al terzo San Martino in scioltezza solitaria arrembato a distanza dall’Oca. Bellocchio, il figlio del compassato Trecciolino, nella sua disperata rincorsa valuta male la curva e finisce con le braghe sul tufo della Piazza lasciando “scosso” il suo cavallo Quadrivia e nella disperazione il popolo di Fontebranda. Si volta Tittia per assicurarsi che nessuno osi porsi tra lui e la vittoria, passa al terzo Casato in solitaria, alza il nerbo al cielo in simbiosi con lo scoppio del mortaretto che indica la fine della Carriera e la vittoria del Popolo di Vallepiatta.
Daccelo!!
Sotto il palco dei Capitani i contradaioli impazziti hanno una sola richiesta, il “Drappellone”, e lo fanno reclamandone la paternità con una parola sola, decisa ed inequivocabile. Dateci il Palio, è nostro. Lo abbiamo conquistato sul campo, lo metteremo assieme ai 37 “cenci” nel Museo di Contrada. Il primo risale alla carriera del 9 settembre 1685, il fantino era tal Pavolo Roncucci detto “Pavolino”, vincitore di 14 pali ufficiali in poco meno di 35 anni, e molti altri senza riscontro storiografico. Del cavallo si è persa traccia.
L’Ultimo Palio
Questo Palio ispirato alla Madonna Assunta in Cielo è stato come tradizione disegnato e creato da un artista di richiamo. Molto palii portano firme eclatanti, da Renato Guttuso ad Aligi Sassu, fino a questo Palio, creato dalle sapienti mani di una artista che ha inserito pennellate di Montepulciano miste ai colori tradizionali. Elisabetta Rogai è una artista esponente della Eno Arte che ha sublimato la pioggia del rinvio con un buon sapore di mosto direttamente dal Palco della Piazza. Mancava ai contradaioli lo spirito di Bacco nel Campo per alimentare i loro già bollenti spiriti. Ora dopo il Te Deum in Duomo per la Selva il Palio continua con la Cena della Vittoria. Per le altre è un leccarsi le ferite e le cicatrici non solo nell’anima ma anche nel fisico, viste le conseguenze fatali che ha avuto una rissa in campo subito dopo lo scoppio del mortaretto in cui il Popolo del Nicchio e del Montone se la sono date di santa ragione, imitati da quelli di Torre e Onda. Niente di nuovo sul fronte del Campo…
La Selva alza il Cencio, in segno di vittoria, ma le altre contrade con i loro alfieri sventolano le loro bandiere, un segnale di rinascita, una attesa che coinvolgerà tutti fino al prossimo Palio. Una scritta che scorre ai lati della Piazza indica che mancano 321 giorni al prossimo Palio. "In un tripudio di colori e di bandiere Siena trionfa immortale" concludeva la radiocronaca da Piazza del Campo il compianto Silvio Gigli, contradaiolo e "Mangino" della Tartuca. E tutti i senesi rinasceranno domani per una nuova attesa ed una nuova vita.
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