La visione dell’ultima prodezza cinematografica firmata da Peter Jackson, The Hobbit, non può non essere vissuta, prima di tutto, a livello emozionale. Perché si tratta veramente della chiusura di un viaggio iniziato tredici anni fa con il primo Lord of the Rings – The Fellowship of the Ring, e che ha regalato al pubblico mondiale, non soltanto quello più legato al fantasy, qualcosa di mai visto prima. Un universo estetico coerentemente definito fin nei minimi dettagli, impreziosito da personaggi e momenti che hanno travalicato il genere per diventare portatori di messaggi e sentimenti universali. E proprio per questo il Bilbo Baggins della trilogia de Lo Hobbit, straordinariamente interpretato dal talento di Martin Freeman, merita di essere ricordato negli anni a seguire.
Perfettamente conscio che si tratta della chiusura di un ciclo, Jackson ha organizzato The Hobbit – The Battle of the Five Armies per veicolare l’emozione al massimo della potenza estetica. L’incipit che riguarda Smaug è visivamente portentoso, soprattutto se visto attraverso la veridicità abbacinante dei quarantotto fotogrammi al secondo. Dopo una breve pausa per concedere allo spettatore di rifiatare – e dopo essersi anche concesso una scena che sfocia più o meno esplicitamente nell’horror, sempre amato dal regista – arriva una seconda parte di film che è cinema inteso come spettacolo incontaminato. La lunghissima, dolorosa battaglia che regala il titolo al film è una chiosa degnissima, una sorta di compendio della visione di cinema di Peter Jackson. In più si tratta non soltanto di cinema entusiasmante da vedere, ma anche dolorosamente emozionante. L’anima oscura di molti personaggi viene raccontata in tutta la sua potenza emotiva; come poetico controcanto Bilbo invece diventa paladino umanissimo di ciò che significa essere attaccati ai propri compagni d’avventura, agire per il loro bene anche quando sembra il contrario.
Nel suo evidente squilibrio narrativo, costruito su una trama che è poco più di un canovaccio, The Hobbit – The Battle of the Five Armies è un lungometraggio potente, ancora una volta incredibilmente capace di essere coerente eppure diverso dai due che lo hanno preceduto, An Unexpected Journey e The Desolation of Smaug. Una trilogia più imperfetta e viscerale rispetto a quella di The Lord of the Rings, eppure lo stesso capace di condurre lo spettatore dentro fascinazioni che solo il fantasy può regalare.
Adesso anche Bilbo Baggins è consegnato di diritto alla storia del cinema.
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