Quando nel 1992 ha vinto l’Oscar con Mediterraneo, per Gabriele Salvatores è stato come ricevere un superpotere e capire che avrebbe potuto fare tutto quello che agli altri non è concesso. Il protagonista del suo nuovo film, Il Ragazzo Invisibile, è Michele, un adolescente comune interpretato da Ludovico Girardello: quattordici anni, di Vittorio Veneto, alla sua prima prova cinematografica. Vive in una tranquilla città sul mare con la madre single e poliziotto, Valeria Golino. Michele è imperfetto, goffo, non troppo brillante a scuola, dove è vittima di bullismo, ed innamorato di una ragazzina che però sembra non accorgersi della sua esistenza. Improvvisamente un giorno il ragazzo si guarda allo specchio e si scopre invisibile. Così inizia la sua vita da supereroe, per dirla nel linguaggio dei fumetti.
Il canovaccio è sempre lo stesso: un adolescente introverso e "sfigato" che muove i primi passi in un mondo più ampio per poi abbracciare il cambiamento che incombe, in questo caso soprannaturale, e ritrovarsi con il potere dell’invisibilità.
“Sono sicuro che tutti gli adolescenti si sono sentiti almeno una volta invisibili. O avranno desiderato esserlo. E tutti, almeno una volta, avranno desiderato avere un potere speciale che li proteggesse o li rendesse eroi almeno just for one day, come canta David Bowie”, commenta Salvatores.

Ludovico Girardello è Michele, il ragazzo invisibile.
È sempre difficile raccontare dell’adolescenza senza speculare sull’inquietudine del mondo giovanile. Il gioco sta nel riuscire a creare un rapporto coi propri personaggi non scontato, ma appassionato e lontano dalle storie borderline di Larry Clark. Ci prova Salvatores nel primo fantasy adolescenziale made in Italy, dove il protagonista non è un supereroe nell'accezione più hollywoodiana del termine. Come Spider-Man, Michele ha dei super poteri e alcuna intenzione di salvare il mondo, bensì quella di usarli per intraprendere un percorso interiore. “Perché l'invisibilità non ti permette di volare, di diventare una torcia umana o sfondare i muri, è il super potere dell'anima”.
Se solo il regista non si fosse preso troppo sul serio, non avrebbe dimenticato che, come amava ripetere lo stesso Peter Parker, le responsabilità si affrontano meglio con il sorriso sulle labbra e una buona dose di ironia. Così messe da parte le buone intenzioni, gli effetti speciali all’altezza di una produzione autarchica aprono la strada ad un genere che in Italia è affidato ancora ad un manipolo di autori, editor e quant’altri che provano a fare del loro meglio.
Ma c’è un pubblico italiano in grado di apprezzare un fantasy not made in the USA? Nel film i troppi riferimenti ed omaggi a pellicole d'autore, da Gremlins a Lasciami entrare, da Spider-Man a X-Men, da L'alieno a Grosso guaio a Chinatown, sembrano dire che la liberazione dai complessi del cinema americano non sia ancora arrivata. Ma Gabriele Salvatores sembra avere tutte le carte in regola per diventare il “Sergio Leone” del fantasy ed inaugurare un genere vero e proprio e non una modalità italiana di fare i film sui supereroi.