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November 3, 2014
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Al BAM un’arte nuova da Israele e un Pirandello francese un po’ superficiale

Laura CaparrottibyLaura Caparrotti
Una scena di Salt of the Earth di Zvi Sahar (Puppet Cinema)

Una scena di Salt of the Earth di Zvi Sahar (Puppet Cinema)

Time: 4 mins read

 

Uno degli appuntamenti più internazionali nell'ambito del teatro newyorchese che conta è senza dubbio il Next Wave Festival che si svolge al BAM (Brooklyn Academy of Music). Si tratta di un Festival che avviene, ogni anno, fra i mesi di settembre e dicembre e che offre esperimenti artistici provenienti da tutto il mondo. Il Next Wave presenta teatro, danza, musica e persino cinema. E ancora master class, conferenze e incontri con gli artisti. Occorre ricordare che il BAM è l'unico complesso teatrale a grande capacità di pubblico e di riconosciuta importanza nel panorama artistico della Grande MEla che porta a New York, durante tutto il corso dell'anno, produzioni internazionali, in una città dove viene privilegiato il teatro nazionale. 

Ogni anno, il BAM presenta nel corso di tre mesi spettacoli, coreografie, concerti e film che ricercano nuovi modi di comunicazione o che sono l'esempio di nuove metodologie usate nel passato, come testimonia la serie cinematografica di quest'anno dedicata ai cortometraggi (così si chiamerebbero ora) inediti di Andy Warhol. 

Per la sezione teatro, uno spettacolo presente in questi giorni, proveniente da Israele, combina cinema, burattini e teatro di narrazione. Il titolo è Salt of the Earth, presentato da Puppet Cinema e dal suo creatore Zvi Sahar. La storia è tratta da un romanzo, molto famoso in Israele, dal titolo The Road to Ein Harod di Amos Kenan. Si parla di un uomo che scappa dal suo paese durante un colpo di stato. Durante questa fuga, che si concluderà con la salvezza e la libertà,  il protagonista scopre sulla sua pelle il significato di perseveranza, coraggio e sopravvivenza. La trasposizione teatrale, se così si può dire, è magnifica e affascinante. 

BAM 1Il sale del titolo è presente in grande quantità sul palco e viene usato via via per formare paesaggi, strade, montagne, riflessi, laghi e silenzi. Oltre il sale, sul palco anche un pupazzo fatto di tela di sacco, senza occhi né bocca, ma con bellissime mani bendate. Cartone bianco dai contorni neri disegna case, porte, paesaggi. Oggetti come bicchieri, macchinine, persino una sigaretta, diventano proprietà del burattino. 

La vera novità nella narrazione visiva della storia è una piccola telecamerina che riprende la scena, tagliata secondo specifici punti di vista, e la proietta sullo schermo sovrastante il palcoscenico. Il risultato è magico. Il racconto, fatto a voce dallo stesso Sahar e dai su colleghi in scena, è visualmente quello che viene prodotto sullo schermo. Noi tutti spettatori vediamo la preparazione di ciascuna scena, gli attori/tecnici si muovono davanti ai nostri occhi, si cambiano, aggiustano il tiro della telecamera, montano e smontano scene. Eppure, nonostante siamo testimoni del backstage sul palcoscenico, l'azione si fa racconto quando arriva sullo schermo. L'innovazione è così forte che a tratti, per seguire tutto quello che avviene in scena, si perde il filo della storia stessa. La diatriba su cosa sia più arte, se cinema o teatro, viene da tempi lontani e probabilmente non si risolverà mai davvero in quanto cinema e teatro parlano lingue diverse. Salt of the Earth riesce per un'ora e mezza in qualche modo a mettere insieme queste due arti e a farne una nuova che risponde sempre e comunque a quell'arte più alta di tutte che è la base di tutte le altre e che si riassume in “raccontare storie”.  

Sempre teatro e sempre Next Wave Festival per l'altra produzione di cui vi voglio parlare e che ha decisamente più il sapore di casa nostra. Si tratta del famosissimo Sei personaggi in cerca d'autore di Pirandello. A portarlo in scena il Theatre de la Ville di Parigi. Per una come me che frequenta il teatro da quando era ragazzina e che ha studiato Pirandello a scuola e poi per ragioni di spettacolo, i Sei personaggi sono come il Colosseo. Pirandello e i suoi testi li ho analizzati, rigirati, visti in scena fatti dai più svariati attori e registi, interpretati tradizionalmente e non, dunque la mia opinione è ovviamente influenzata da come ho vissuto Pirandello e la sua opera da quando avevo dieci o dodici anni. Premesso ciò, vederlo fatto in un'altra lingua, da una compagnia non italiana, dunque non affetta dalla riverenza che per forza di cose esiste nel nostro paese, è stato molto interessante. 

BAM 2Il regista, Emmanuel Demarcy-Mota, ha puntato sulla comicità insita nel testo, lavorando su ritmi precisi e sulla mimica. Il testo è uscito fuori, crudo e violento come è stato scritto, ma senza quella forza che di solito possiede. Leggo nelle note di regia che il testo, secondo Demarcy-Mota, è un omaggio alla magia del teatro, al suo essere e non essere, alle storie del teatro e a coloro che lo interpretano. Per quanto questo possa essere vero, considerate anche le battute pungenti che lo stesso Pirandello mette nel testo – cose come “Che vuole che le faccia io se dalla Francia non ci viene più una buona commedia, e ci siamo ridotti a mettere in iscena commedie di Pirandello, che chi l'intende è bravo, fatte apposta di maniera che né attori né critici né pubblico ne restino mai contenti?”; oppure “Vuol dire che faremo poi le prove tra noi, come vanno fatte. È stata sempre per me una maledizione provare davanti agli autori! Non sono mai contenti!”– i Sei Personaggi ribadiscono la tematica della maschera e il volto, tanto cara a Pirandello. Le sue parole, le sue storie, i personaggi esistono per dimostrare che la nostra società è un teatro in cui tutti noi siamo costretti a portare una maschera e che mostriamo di essere quello che non siamo e che forse neanche noi sappiamo cosa siamo davvero.  

Forse è vero che si può guardare ai Sei Personaggi nel solo senso teatrale, è però vero che nel vedere lo spettacolo mi sono chiesta se fosse una riduzione superficiale dell'opera. Next Wave Festival continua fino al 20 dicembre. Ci sono ancora molti spettacoli, balletti, film e eventi da vedere. Io vi racconterò ancora del festival, ma perché non andarci di persona? 

 

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Laura Caparrotti

Laura Caparrotti

Ho cominciato a fare teatro nell'ingresso di casa mia, a Roma. Poi sono venuti i maestri, la laurea in discipline dello spettacolo e le tournée. Nel 1996, New York, nello storico The Kitchen. Vent'anni dopo sono ancora qui. Ho fondato una compagnia, la Kairos Italy Theater, specializzata in cultura italiana, e In Scena! Italian Theater Festival NY, un festival che porta il nostro teatro in tutti i distretti della città. Il teatro è la mia grande passione, insieme al ballo e alla (magggica) Roma. A New York ho anche iniziato a scrivere (proprio con Stefano Vaccara nel 1997), a insegnare teatro, a fare voice over e la dialect coach. Il tutto condito da un inconfondibile – ma affascinantissimo, mi dicono – accento italiano.

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