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September 26, 2014
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New York Film Festival: documentari, classici restaurati e fiction di qualità per un festival in vero stile newyorchese

Chiara BarbobyChiara Barbo
Time: 6 mins read

Si apre venerdì 26 settembre, al Lincoln Center la 52ª edizione del New York Film Festival, prestigiosa vetrina dove vedere il meglio del cinema internazionale di quest'anno (e non solo). 

Molte le sezioni del festival in cui verranno presentati film, documentari, incontri con gli autori, eventi speciali, restauri di importanti classici del cinema mondiale, ma anche nuove forme, stili e contaminazioni dell'era digitale.

birdmanMain Slate rappresenta, come ogni anno, la sezione principale, che non è un concorso ma una selezione di film e registi fra i più interessanti della stagione cinematografica in corso. I film di punta quest'anno sono Gone Girl di David Fincher, che apre il festival, Inherent Vice di Paul Thomas Anderson, presentato qui in anteprima mondiale, e il film di chiusura del festival Birdman or The Unexpected Virtue of Ignorance di Alejandro G. Inàrritu, applauditissimo alla scorsa edizione del Festival di Venezia (di cui è stato invece il film di apertura). 

Nel Main Slate troviamo 14 anteprime per gli Stati Uniti e 5 per il Nord America, oltre a una serie di film che hanno ottenuto premi importanti in festival prestigiosi come Cannes, Berlino e il Sundance. Da Cannes arrivano infatti Le meraviglie di Alice Rohrwacher (Gran Premio della Giuria), Foxcatcher di Bennett Miller (miglior regia), Maps to the Stars di David Cronenberg (premio a Julianne Moore come miglior attrice) e Mr. Turner di Mike Leigh (premio a Timothy Spall come miglior attore). Aimer, boire et chanter (Life of Riley) del grande Alain Resnais (morto pochi mesi fa) ha ottenuto l'Orso d'Argento a Berlino mentre Whiplash di Damien Chazelle è stato il vincitore del Gran Premio della Giuria e anche del Premio del pubblico al Sundance. 

Accanto a questi, titoli tra i più vari per temi, stili, forme e autori: si va da Hill of Freedom di Hong Sang-soo, fra i più interessanti registi coreani di questi anni, all'intimo e impegnato Deux jeurs, une nuit dei fratelli Dardenne (tra i favoriti al festival di Cannes), dal tedesco Die geliebten Schwestern (Beloved Sisters) di Dominik Graf, sul poeta romantico Friedrich Schiller e la sua controversa e conturbante storia d'amore con due donne (due sorelle), all'estremo e provocatorio Pasolini di Abel Ferrara (che al Festival di Venezia ha ottenuto giudizi contrastanti. Qui sotto il trailer): un tentativo di raccontare a un pubblico internazionale, o quantomeno americano, la figura del più grande intellettuale italiano degli ultimi cinquant'anni attraverso una lente assolutamente “abelferrariana”, nel bene e nel male.  E ancora, fra i film più attesi: Jauja, co-produzione internazionale dell'argentino Lisandro Alonso, che ha per protagonista Viggo Mortensen, il divertente Listen Up Philip dell'americano Alex Ross Perry e l'intenso Time Out of Mind di Oren Moverman, in cui la star Richard Gere si fa da parte per dare spazio alla vita drammatica degli homeless raccontata dal film. 

https://youtube.com/watch?v=iOVDmHmisQw

Sono 13 i cortometraggi presentati nella sezione Shorts, mentre la sezione Revivals presenta  capolavori restaurati come The Color of Pomegranates / Sayat Nova del maestro Sergei Parajanov, Hiroshima Mon Amour di Alain Resnais, C'era una volta in America di Sergio Leone, The Tales of Hoffmann degli inglesi Powell & Pressburger, una straordinaria occasione per vedere, sul grande schermo e in versione restaurata, quelli che sono tra i più grandi film della storia del cinema internazionale. 

C'era una volta in americaSpotlight on Documentary è una delle sezioni principali e più interessanti del New York Film Festival, sicuramente una fra le migliori selezioni dei festival internazonali in questi ultimi anni. Le ragioni sono diverse, e vanno dall'attenzione dei programmatori del New York Film Festival a questa forma di racconto, al fatto che il documentario ha visto una rinascita negli ultimi anni e quindi anche maggior spazio nelle sale e in televisione, e anche perché le nuove tecnologie e i nuovi approcci all'immagine audiovisiva e digitale hanno permesso anche a nuovi registi, artisti, filmmaker di raccontare il mondo attraverso il racconto documentario. I documentari di documentaristi affermati e giovani autori presentati quest'anno, tra i lavori più interessanti troviamo The Look of Silence di Joshua Oppenheimer (regista del film The Act of Killing, nella cinquina come miglior film straniero agli Oscar 2014), sui massacri negli anni Sessanta in Indonesia da parte della giunta militare e delle sue squadre della morte; Seymour: An Introduction, debutto alla regia di Ethan Hawke, qui autore di un ritratto delicato e profondo del grande pianista Seymour Bernstein; Stray Dog di Debra Granik, il ritratto di un veterano in giro per l'America, che è anche il racconto di una comunità, dei legami a volte impercettibili che la tengono unita, e di una paese che cambia ed è cambiato per sempre; The 50 Year Argument di Martin Scorsese e David Tedeschi, in cui The New York Review of Books viene raccontata e celebrata nei suoi 50 anni di contributo alla formazione di una coscienza critica nella cultura e nella politica americana. E ancora i documentari di due tra i più grandi documentaristi americani di tutti i tempi: il nuovo, imponente documentario di Frederick Wiseman, questa volta su quell'immensa macchina che è la National Gallery (qui sotto il trailer) ideazione, pianificazione, creazione,  organizzazione, allestimento, e ancora discussioni, cornici, luci, restauri, e soprattutto i volti, di chi è ritratto nel quadro e di chi guarda; e Iris del grande Albert Maysles, un ritratto della “geriatric starlet”, come viene scherzosamente e magnificamente definita la fashion e interior designer Iris Apfel. 

 

Il New York Film Festival dedica quest'anno la sua Retrospective a Joseph L Mankiewicz, “the essential iconoclast”, come viene presentato, autore dei  film più acuti e intelligenti prodotti a Hollywood nei suoi anni di massimo splendore. Ecco quindi che il pubblico avrà al possibilità di vedere sul grande schermo 21 film di Mankiewicz , tra cui opere indimenticabili come All About Eve, Guys and Dolls, A Letter to Three Wives e Suddenly, Last Summer.

Infine Convergence propone lavori che sono un incontro e una contaminazione tra cinema e arte, o meglio, arti, in un momento in cui l'era digitale ha creato nuovi autori ma anche un nuovo pubblico, che non è più semplice fruitore del film o dell'opera d'arte ma è in vario modo partecipe, interlocutore critico, co-creatore di significato. Proiezioni, presentazioni interattive e panel su temi tra i più vari raccontati dall'immagine digitale oggi.

mr turnerTra i Talks, gli incontri con il pubblico più attesi invece, quello con il regista inglese Mike Leigh, maestro indiscusso della social dramedy inglese, che al New York Film Festival presenterà Mr. Turner (ritratto del grande pittore romantico inglese presentato appunto a Cannes), un'inaspettata deviazione rispetto alla sua abituale cifra tematica e stilistica. 

Gli Special Events vedono invece proiezioni di anteprime tra cui  l'ultimo cortometraggio di Claire Denis Voilà l'enchainement e il più recente film di John Boorman Queen and Country, la riproposta di This Is Spinal Tap di Bob Reiner, in occasione del trentesimo anniversario, così come (questo evento sarà frequentatissimo) “An Evening With…” Richard Gere (!), l'8 ottobre, ma altri ancora dovranno essere annunciati in questi giorni.

Tantissimi gli ospiti attesi durante 18 intense giornate di festival (che si concluderà il 12 ottobre): attori, attrici e registi, produttori, musicisti e direttori della fotografia, che saranno impegnati in conferenze stampa, talks, Q&A e red carpet – seppure quest'ultimo in tono minore rispetto alle grandi kermesse di Cannes o Venezia, se non altro per questioni logistiche, ma anche per sano, intellettuale spirito newyorchese. 

Questo festival rappresenta una splendida occasione per New York e i newyorchesi di vedere film e documentari che non vedrebbero mai nelle sale della città, di incontrare autori e interpreti, di scoprire o riscoprire grandi capolavori del passato, di ascolare racconti e pensieri sul passato, presente e futuro del cinema, inteso in tutte le sue varie, straordinarie, possibili forme.

 

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Chiara Barbo

Chiara Barbo

Scrivere di cinema o scrivere il cinema? Possibilmente tutti e due. Dalla critica cinematografica alla sceneggiatura passando per la produzione, al di qua e al di là dell'oceano, collaboro con La VOCE di New York e con Vivilcinema, con la Pilgrim Film e con Plan 9 Projects. E anche con altri. Ma per lo più penso, immagino, ricerco, scrivo, organizzo in modalità freelance. Insieme a tanti altri, faccio parte della giuria del David di Donatello. New York è stata una scelta. New York è intensa, vitale, profonda e leggera, pacchiana e intellettuale, libera, creativa, è difficile, è bellissima, ed è la città più cinematografica del mondo.

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