Sono da poco passate le 18.30 e il Lido di Venezia, dormiente fino a poche ore prima, pullula di animali da red carpet. Fare un distinguo se gli animali si trovino al di qua o al di là delle transenne è superfluo: mentre i fotografi-pinguini ufficiali in frac formano una cordata coatta che si illumina di flash continui che diventano bagliori stroboscopici, dal lato dei comuni mortali i fotografi si ingegnano come possono. Basta una scala a pioli da elettricisti ed ecco serviti tre paparazzi disposti a grappolo. Sono disposti a gregge, invece, i curiosi e fan che si accalcano al suono di “Carlo un selfie!”, “Carlo sei bravissimo!”, “Ah Carlo, quanto sei gaiardo!”.

La madrina del festival, Luisa Ranieri durante l’apertura della Mostra
Carlo è il Verdone nazionale, il vip poco vip che piace al grande pubblico. Stringe mani, traccia autografi e sorride lungo tutto il perimetro delle transenne, che quasi quando giunge l’ora di entrare al Palazzo del Cinema per la serata di apertura della 71ª Mostra del Cinema un po’ gli dispiace anche. Poco importa che ci siano anche Barbara d’Urso – in grado di esaltare, con il suo vestito a sirenotta, le casalinghe più attempate, veneziane doc in grande spolvero – la simpatica Emma Stone, i grandi nomi Edward Norton e il regista del film d’apertura, Birdman, Alejandro Inarritu, il giornalista Alessio Vinci e persino il presidente Napolitano. Il pubblico applaude la sensazione da polvere di stelle solo se basta allungare una mano per poterla sentire. Un modo di vivere il cinema interattivo, egocentrico con punte di narcisismo, che piace solo se ricorda sé stessi. È dello stesso parere anche l’attrice Luisa Ranieri, madrina della rassegna, che presentando la prima serata blindata e solo su invito racconta come i film ci cambino. “In questa festa incontreremo realtà lontane che non conosciamo ma che ci saranno familiari. È per questo che siamo qui, per vedere come l’eccellenza del cinema mondiale sia in grado di raccontare le nostre vite. Tra tutte quelle che vedrete, troverete anche la vostra di storia. Perché i film non parlano solo a noi ma parlano soprattutto di noi. Benvenuti allo spettacolo delle vostre vite”.

Le proteste dei dipendenti comunali al Lido
Lo spettacolo che Lido e mondo del cinema avrebbero volentieri evitato di vedere invece è stato il corteo composto da un migliaio di persone che ha portato via i riflettori della Mostra. Già pronte per gli attori le telecamere nel pomeriggio hanno dovuto spostarsi di qualche metro per inquadrare il serpentone umano composto da dipendenti del Comune di Venezia e sindacati. “Siamo venuti fino a qui perché questo ora è il luogo della massima visibilità e la nostra condizione merita visibilità – spiega Massimo Grella della CISL di Venezia, urlando per contrastare megafoni e fischietti che rumoreggiano ben più dei fan di Verdone – Erano tanti anni che in Veneto non si riunivano in sciopero così tanti lavoratori tutti assieme, si sentono calpestati nella loro dignità”. Slogan, volantini e cartelloni puntano il dito sul saccheggio della città dopo lo scandalo MOSE, sul commissario straordinario che “taglia i servizi sociali per le fasce più deboli, abbassa la qualità dei servizi, cancella il contratto aziendale dei dipendenti comunali”, tematiche e proteste, gestite dalla Polizia in assetto anti sommossa, che stridono con la leggerezza della Mostra.

Il Movie Village, il giardino dietro al Casin├▓ trasformato in area ristoro
Il Lido è infatti un grande pesce annebbiato di mattina, appena pochi passi fuori dal centro della movida, una sorta di California veneziana a misura d’uomo, non ancora intaccata dalla frenesia dello spettacolo. E mentre intorno ai luoghi chiave dell’evento starlette e addetti ai lavori si sorridono, nel Movie Village, il giardino dietro al Casinò trasformato in area ristoro, permane la quiete prima della tempesta con cuscinoni bianchi adagiati a tronchi di alberi, panchine e tavoli in compensato dove dedicarsi anima e corpo all’attività preferita e imprescindibile del visitatore tipo della Mostra del Cinema: la programmazione. Quali film andare a vedere? In che orari? C’è da prenotare un posto, c’è da tener d’occhio la prima con la presenza del regista in sala. Ci si consiglia sulle trame, si sceglie un film cinese a discapito di un altro titolo che si spera comunque di recuperare durante la durata della 10 giorni.

Imitatori di Pavarotti e Celentano fuori dalle sale del Lido
Perché il cinefilo da Mostra potrebbe morire nel perdere un film e soccombere nell’onta di non essere in grado di azzardare critiche e commenti su tutta l’offerta proposta. Con una precisazione: se ci si trova davanti al solito imitatore di Pavarotti o alla new entry che propone un Celentano evergreen, non si è in presenza del cinefilo da Mostra quanto di un baraccone che si mette in mostra.
Ma basta lasciare lo sfavillio alle spalle ed immergersi nelle sale ad alto tasso di aria condizionata per capire come mai questo festival riesca ogni anno ad incuriosire gli appassionati e ad attirare i curiosi: il cinema è sostanza, le pellicole non banali, nella prima giornata nemmeno pesanti. Il linguaggio visivo prende forma, un’eccezione che vale anche lunghe file. Si piange in sala toccando temi aspri e poco comuni, storie vere raccontate con maestria e ascoltate in lingua originale. Tra la giuria internazionale due sedie rimangono vuote: sono quelle per la regista e attrice iraniana Mahnaz Mohammadi e per il registra ucraino Oleg Sentsov, entrambi in prigione per propaganda contro il governo. Quasi come il cinema non possa essere una voce libera in grado di ricostruire una realtà non per forza allineata. Una Mostra del cinema impegnata, di qualità, sottotono solo per chi non riesce a cercare la pagliuzza sotto al tappeto di moquette rossa, che lascia il segno.

Le urne che conterranno le schede per il voto della Settimana della critica
A me il segno, ad esempio, in una sola giornata è riuscita a lasciarlo sulla nuca. Cinque centimetri più all’interno delle orecchie, una fascetta nella parte centrale a nord del collo. Lì andavano ad appoggiarsi i quattro pannelli di cartone spesso, da 40 centimetri di larghezza per 40 di lunghezza, che, a bagagliaio chiuso dell’auto, non riuscivano a non sbordare fino alla testa del malcapitato passeggero del sedile posteriore. Con la testa un po’ china per l’oretta di tragitto, con la coda dell’occhio ho notato un rotolo di carta adesiva rossa e il mistero si è infittito. Ma viaggiavo con la coordinatrice di produzione della Michelle Production Group di Roma e quello era materiale per il suo lavoro durante la Mostra. Che fossero pannelli per affiggere delle locandine dei film? Improbabile. Supporti per qualche stand? Ma perché la carta adesiva rossa? Domande che si sono susseguite fino all’epifania, quando la production manager Serena Marcon ha confessato: “Sono le urne che in queste settimane serviranno per raccogliere i voti dei film della Settimana della critica”. Fantastico, ora anch’io per qualche giorno potrò dire che la critica mi ha plasmato la testa.