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July 29, 2014
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Shakespeare in the Park? Che noia!

Laura CaparrottibyLaura Caparrotti
Foto: Joan Marcus

Foto: Joan Marcus

Time: 3 mins read

 

New York, da città dalla grande tradizione teatrale qual è, offre d'estate una marea di spettacoli nelle zone più disparate della città: sotto i ponti, sulle isolette, nelle piazze o nei crocevia e naturalmente nei parchi.

ùShakespeare ricopre un posto d'onore fra le proposte estive. Gli amanti del Bardo lo trovano dappertutto, persino in un parcheggio, in tutte le salse, lingue e costumi. L'appuntamento più importante e conosciuto è quello di Shakespeare in the Park, rassegna prodotta dal Public Theater nel Delacorte Theater di Central Park. Creato da Joseph Papp, allora direttore del Public Theater, nel 1962, Shakespeare in the Park presenta ogni anno due o tre mega produzioni, non sempre di Shakespeare, sempre con grossi nomi fra attori e regista. In quasi cinquantadue anni oltre cinque milioni di persone hanno usufruito di questa splendida offerta. Quest'anno gli spettacoli proposti sono Much Ado about Nothing e King Lear.

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Eric Sheffer Stevens (Edmund) e Annette Bening (Goneril). Foto: Joan Marcus

La particolarità, otre ai nomi famosi, è che non si paga. Ogni giorno, infatti, vengono messi a disposizione i biglietti per i volenterosi che vorranno mettersi in fila, la mattina presto o nel pomeriggio, al botteghino del teatro per avere il tanto agognato biglietto. Grazie a due amici in visita a New York, mi sono convinta ad andare a fare la fila dopo anni che non vedevo una produzione di Shakespeare in the Park. L'ultima che avevo visto, moltissimi anni or sono, mi aveva abbastanza annoiato. Il cast annunciato per questo King Lear e il testo stesso, uno dei miei preferiti, mi hanno dato la forza di aspettare in fila per sole tre ore. Ebbene, dopo altrettante ore di durata dello spettacolo, sono uscita dal teatro allibita e arrabbiata. Eppure il regista, Daniel Sullivan, è di solito bravo, magari non proprio corrispondente al mio gusto teatrale, ma bravo e non noioso. Gli attori, fra cui John Lithgow, Jessica Hetch, Annette Bening, non sono proprio dei dilettanti. Ma questo King Lear è noioso, piatto, inutile. Gli attori sembra che non sappiano bene cosa fare e anzi, nel corso delle tre ore e mezza mi sono chiesta cosa avessero fatto in prova, visto che i movimenti sembravano così poco precisi, come se le indicazioni fossero state: ‘arriva sul palcoscenico e arrangiati’. Il palcoscenico… un muro, con alcune porte che si aprono, fa da sfondo. Davanti una pedana enorme rettangolare nuda, ai lati due quinte con degli strumenti musicali tipo percussioni attaccati sopra, suonati da due ragazzi in costume, e poi due ponti che appaiono e scompaiono alla bisogna creando un altro tipo di entrata, che non si capisce però che significato possano avere.

Unica nota davvero positiva: un testo che non cambia la sua forza dal 1606, circa. E che rivisto negli anni, acquista significati diversi (quanti genitori conosciamo che hanno perso il lume della ragione e che vengono trattati male da figli più o meno ingrati?). Ecco, se dovessi trovare un punto positivo della serata è proprio il testo che ho riascoltato, alle volte a fatica, ma sempre con piacere e che mi ha fatto pensare alla vecchiaia, ad un mondo che muore per fare posto ad un altro, ad una tempesta che da esterna diventa interna, a quelle famiglie in cui si scannano per un cerino e a quei figli che mettono in campo la loro vita per il proprio genitore. C'e' stato un altro pensiero che mi ha assillato durante e dopo. Perché registi affermati e produzioni ancora più importanti mettono su spettacoli così brutti? Credono davvero sia bel teatro? E gli spettatori che vanno e applaudono che pensano? Sono contenti o come me arrabbiati? Capisco che bisogna accontentare, in questi casi, un vasto pubblico, ma davvero per accontentarlo bisogna fare una produzione piatta e insignificante? Sono domande cui non so rispondere, ma cercherò di farlo e se ci riuscirò, prometto di condividere con voi il risultato della mia ricerca. Oltretutto secondo me si fa un pessimo servizio a Shakespeare. Chi andrà a vederlo per la prima volta, potrà facilmente considerarlo noioso e datato… nonostante la storia. La cosa buffa è che, andando in giro per altri parchi, per teatrini, per Festival e rassegne varie, di Shakespeare nuovo e interessante se ne vede parecchio.

Per chi fosse interessato, consiglio di consultare il sito NYC parks: dove troverete parecchie informazioni.

Consiglio anche di curiosare fra i titoli degli spettacoli nei Festival, come il Midtwon International Theater Festival, giunto ora alla seconda settimana, e il Fringe Festival che sta per arrivare. Buona ricerca!

 

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Laura Caparrotti

Laura Caparrotti

Ho cominciato a fare teatro nell'ingresso di casa mia, a Roma. Poi sono venuti i maestri, la laurea in discipline dello spettacolo e le tournée. Nel 1996, New York, nello storico The Kitchen. Vent'anni dopo sono ancora qui. Ho fondato una compagnia, la Kairos Italy Theater, specializzata in cultura italiana, e In Scena! Italian Theater Festival NY, un festival che porta il nostro teatro in tutti i distretti della città. Il teatro è la mia grande passione, insieme al ballo e alla (magggica) Roma. A New York ho anche iniziato a scrivere (proprio con Stefano Vaccara nel 1997), a insegnare teatro, a fare voice over e la dialect coach. Il tutto condito da un inconfondibile – ma affascinantissimo, mi dicono – accento italiano.

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