Mercoledì mattina, passando davanti al ristorante Giovanni Rana Pasta Kitchen del Chelsea Market , dalle vetrine si poteva scorgere una scena particolare: 32 bambini tra i 12 e i 13 anni, grembiulino da cucina, maniche arrotolate, ognuno dietro un tavolo, tutti sporchi di farina, tutti con le mani in pasta e gli occhi e le orecchie rivolti ad un maestro d'eccezione, il signor Giovanni Rana in persona che spiegava e mostrava l'arte di fare i ravioli. Gli studenti erano quelli della scuola cattolica Corpus Christi di Harlem-Morningside Heights e l'evento si inseriva all'interno della Settimana della Lingua Italiana, oltre a inaugurare il nuovo programma Mani in Pasta organizzato dall’Italian American Committee on Education (IACE) sotto l’egida del Ministero degli Esteri in collaborazione con il Pastificio Rana.

Foto: Silvia Forni
Per due ore i ragazzi si sono cimentati con impasti, farina e ripieni per preparare i tradizionali ravioli ricotta e spinaci e la golosa versione al cioccolato. Ogni volta che sui tavoli arrivava un nuovo ingrediente o un nuovo attrezzo, i ragazzi ripetevano i nomi in italiano. Al momento di stendere la sfoglia, ad ogni bambino è stato dato un mattarello: qualche secondo di esitazione davanti a un attrezzo che molti non avevano mai visto, ma una volta capito a cosa serviva, tutti si sono buttati con entusiasmo nella sfida a chi faceva la sfoglia più sottile. Poi è arrivata la volta del ripieno, piazzato in file ordinate al centro della sfoglia, e, quando si è trattato di chiudere la pasta, alcuni hanno messo insieme vassoi di ravioli degni di una nonna emiliana. In altri casi il bitorzoluto risultato lasciava intravedere un poco di inesperienza, ma tutti erano decisi a migliorarsi, di raviolo in raviolo.

Foto: Silvia Forni
Come Tucker che da grande vuole fare il cuoco e che ci ha detto mentre cercava di capire quale fosse la quantità giusta di ripieno da mettere nell'impasto: “Che piatti farò quando sarò un grande chef? Beh, di sicuro la pasta”. Poi c'è Danny che i ravioli li ha mangiati solo in lattina: “Questi saranno di sicuro molto meglio – ha detto mentre stendeva la sfoglia – Dovrei insegnare a mia madre a farli”.
Intanto Giovanna Rana sorrideva e girava tra i tavoli. Per lui pasta vuol dire gusto, tradizione, mangiare sano, ma anche business. Il ristorante Giovanni Rana Pasta Kitchen di New York ha aperto lo scorso novembre e il pubblico newyorchese ne sembra entusiasta. Con consumatori sempre più attenti alla qualità del cibo che consumano, il mercato Nord americano è in crescita e rappresenta una grande opportunità per le aziende italiane. Tanto che da due anni la Giovanni Rana ha deciso di aprire uno stabilimento proprio qui negli USA, a Chicago, dove produce linee di prodotti specifiche per il mercato americano. E le cose sembrano andare bene: “Quest'anno chiudiamo con 40 miliardi di dollari di fatturato – ha spiegato a La VOCE l'imprenditore simbolo della pasta fresca – Questo è un mercato che richiede continue novità, gusti interessanti che noi siamo in grado di dare. Nonostante ci sia di tutto su questo mercato, i consumatori recepiscono bene quando ottengono qualcosa di qualità”.

Giovanni Rana. Foto: Silvia Forni
Stesso non si può dire dell'Italia dove la crisi non consente ai consumatori di essere altrettanto recettivi. “Noi proponiamo continuamente cose nuove, dai prodotti stessi alle confezioni – ha proseguito Rana – Ma in Italia questo è un momento di fiacca, e io dico sempre che quando il consumatore non ha soldi in saccoccia c'è poco da proporre… All'estero invece c'è più potenziale al momento e quello che abbiamo perso in Italia abbiamo tentato di recuperalo fuori: il 52 per cento della nostra produzione va in esportazioni e negli ultimi due anni abbiano guadagnato 3 punti di export in più tra Germania, Inghilterra, Spagna e Stati Uniti. Speriamo che anche in Italia, con un po' di stabilità di governo, le cose inizino presto ad andare meglio”.
Oltre ai buoni risultati americani, mercoledì mattina c'era altro da celebrare. Era, infatti, il compleanno di Giovanni Rana e per l'occasione gli studenti avevano preparato un enorme biglietto di auguri con disegni, frasi e ricette di cui ognuno ha letto una parte. Esercitarsi con l'Italiano era infatti uno degli obiettivi dell'evento che è parte di un programma di altre cinque lezioni al ristorante Giovanni Rana che coinvolgeranno un totale di 210 studenti provenienti da scuole diverse di New York e del New Jersey. La missione è di promuovere lo studio e la diffusione della lingua e della cultura italiane con esperienze che diano agli studenti un assaggio di ciò che Italia può significare. “Molto spesso sono i genitori a scegliere per i bambini la seconda lingua da studiare a scuola – ha spiegato a La VOCE il presidente di IACE, Berardo Paradiso – Noi vogliamo invece che siano i ragazzi stessi ad essere attratti dalla cultura italiana. Così che poi quando i più piccoli devono fare la scelta della lingua, i più grandi possano dire loro: Take Italian –it's cool. E quindi questi eventi sono molto importanti”.
E a giudicare dall'entusiasmo, le risate e l'interesse con cui gli studenti ascoltavano le spiegazioni, la formula buon cibo e attività manuale funziona tra i ragazzi. “Il fascino dell'Italiano è in un complesso di cose che riguardano la cultura, l'arte la tecnologia, la cucina – ha proseguito Paradiso – Ed è per questo che riteniamo che arricchire i programmi di lingua con attività extracurricolari come quella di questa mattina sia fondamentale. Nella nostra offerta ci sono anche attività legate all'opera lirica o alla Ferrari. Oggi la domanda di corsi di italiano nelle scuole è in crescita. Nella Tristate area abbiamo 42.000 studenti delle scuole dell'obbligo che hanno scelto di studiare italiano. E con questo soddisfiamo soltanto il 18 per cento delle domanda. A livello nazionale abbiamo 220.000 studenti, un numero che copre appena il 4 per cento della domanda. Secondo uno studio della Actfl (organizzazione americana che si occupa dell'insegnamento delle lingue straniere) quando si chiede loro che lingua vorrebbero imparare , il 38 per cento degli americani risponde l'Italiano”.
Insomma chi sceglie di studiare l'Italiano sceglie un pacchetto che comprende più che la sola lingua. Proprio come ci ha spiegato Vienna, 13 anni: “Il motivo per cui ho deciso di studiare italiano è che mi dava l'opportunità di espandere le mie conoscenze. E mi piace la cultura, mi piacciono le città, il cibo”… “L'atmosfera!” – è intervenuta Francesca, 13 anni, un nome italiano ma nulla di italiano in famiglia. La particolarità del gruppo di studenti che mercoledì aveva le mani in pasta, infatti, era che nessuno di loro aveva una famiglia o un background italiani. “Se vogliamo davvero espandere la conoscenza della nostra lingua e della nostra cultura dobbiamo rivolgerci a tutti i gruppi etnici” ci ha detto ancora il presidente dell'IACE.
Una volta finita la preparazione dei ravioli, i ragazzi si sono seduti a tavola per gustare vari tipi di pasta. Ed era tutto un leccarsi i baffetti. Gli stuenti sono andati a casa con un pacchetto regalo in cui, oltre alla pasta fresca, c'erano un attestato di partecipazione, le due ricette per i ravioli, le dieci regole d’oro del buon pastaio, uno speciale glossario illustrato dei termini usati. Il tutto in inglese e in italiano. Per Giovanni Rana e per IACE, invece, la giornata è proseguita alla Scuola Guglielmo Marconi dove era in programma un pomeriggio di eventi per la Settimana della Lingua Italiana. Tra il reading del poeta Robert Pinsky, l'esibizione del tenore Christopher Macchio, la lecture di Giuseppe Catozzella e una lezione di Tarantella, Giovanni Rana è stato intervistato da alcuni studenti della scuola per chiudere una giornata tutta dedicata ai giovani.
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