A sinistra l’attrice Regina Nemni
Regina, non altro nome poteva essere più indicato per quest’artista dall’incedere elegante, sguardo diretto, dotata al contempo di grande espressività e capacità interpretative. Ma delle sue qualità artistiche si erano accorti immediatamente i grandi del cinema, infatti Regina Nemni ha iniziato a recitare giovanissima con Federico Fellini che ha deciso dovesse essere assolutamente presente nel suo capolavoro “E la nave va”, ha poi proseguito con il film per la RAI “Nucleo Zero” di Franco Lizzani e “Il giardino dei Finzi Contini” per la regia di Giuliano Montaldo, poi con Michelangelo Antonioni nel suo Film “Eros”, codiretto con Steven Soderbergh e Wong Kar Wai dove interpretava Cloe e l’elenco sarebbe ancora lungo.
Per Regina arte è sinonimo di eccellenza e integrazione delle discipline artistiche e così già prima di cominciare a recitare calcava il palcoscenico del Teatro alla Scala di Milano dove si è diplomata in balletto classico. Per la recitazione non si è limitata a proseguire solo in quanto scelta dai grandi registi ma ha continuato a perfezionarsi presso la prestigiosa NYU Drama Tisch School of the Art e con alcuni dei più quotati acting coach contemporanei. Ha studiato inglese,voice and speech presso la sede di New
York del Lee Strasberg Institute così a fondo che non si direbbe non sia di madrelingua inglese. Regina Nemni è sicuramente un’artista di valore capace di interpretare ruoli complessi e impegnativi e ce lo ha dimostrato in molte occasioni, destinata ad un grande successo sia in Italia che nel mondo. Per le sue riconosciute doti è membro del prestigioso SAG americano e fa parte della Giuria dell’International Emmy Awards.
Com’è avvenuto l’incontro con Fellini?
«Mio padre, che non aveva mai avuto a che fare con il cinema prima di allora, ma ha avuto l’occasione di co-produrre un film di Fellini. Io ero del tutto disinteressata al cinema ed alla recitazione perché adoravo il teatro e la danza classica. Ero stata accettata alla scuola di ballo del Teatro alla Scala pochi anni prima, e le mie giornate trascorrevano là dall’alba al tramonto, immersa nella passione che ha dato poi vita ad ogni mio respiro per otto lunghi e meravigliosi anni. Quando ho incontrato Fellini, deve essere stato che gli sono piaciuta, tutta seriosa com’ero da ragazzina (infatti, poi, sul set, Fellini mi chiamava "la mia sorellina maggiore") e mi ha chiesto di partecipare a una delle danze gitane pre-senti nel suo film. Quindi è così che l’ho incontrato. Poi, naturalmente, ho finito per non dan-zare quasi per nulla, ma mi ha dato una scena che ho provato in hotel per tutta la notte prima di girare. I vicini di camera sono stati molto pazienti!»
E l’incontro con Antonioni?
«Prima di lavorare insieme ci eravamo incontrati a un ritiro di meditazione. Il mio rispetto per quelle circostanze e la mia stessa focalizzazione durante il ritiro mi avevano sempre trattenuta dal parlare con lui di cinema, tantomeno dal rivelargli che ero un’attrice, che mi ero da poco laureata in recitazione alla New York University e che avevo già lavorato con Fellini, Lizzani, Montaldo… insomma non gli avevo detto niente. Parecchi anni dopo quell’incontro ho saputo della preparazione di "Eros" da un amico che era uno degli aiuto-regia. Così ho chiesto di fare un provino che è consistito nell’andare a casa Antonioni e rivelare a Michelangelo ciò che non gli avevo mai detto. Appena ha saputo che ero attrice e che volevo lavorare con lui, gli si sono accesi gli occhi, ha cominciato a guardarmi in un modo nuovo, completamente diverso, divertito, curioso e sorpreso, e soprattutto non ha più voluto vedere nessun’altra attrice per il mio personaggio».
Quali sono state le prime emozioni vissute sui set cinematografici?
«Sai, io venivo dalle emozioni che ti dà il dietro le quinte del Teatro alla Scala. Ad undici anni ho partecipato allo “Schiaccianoci” ballato da Nureyev… ero nientemeno che uno dei 18 topi! Di lì a poco ero uno dei 22
diavoletti ne “L’Amore delle Tre Melarance” per la regia di Giorgio Strehler. Ballare con l’orchestra lì, dal vivo, che suona l’appassionatissima musica di Tschaikovski piuttosto che di Prokofiev o di Beethoven con un pubblico che respira, partecipa e si lascia trasportare dalla magia, mi ha dato emozioni forti, difficili da ripetere, ma non impossibili. Esistono dei set veramente magici perché il talento del regista e dei suoi collaboratori permea l’aria, e sicuramente sia il set di Fellini che quello di Antonioni sono stati più che magici. Il set di Fellini era un film in se stesso. Ricordo il mio misto di terrore e divertimento quando sapevo di dover girare la scena dove scoppiavo a ridere. Già nella prova ho messo così tanta energia che è scoppiato a ridere
anche Federico con tutto il set. Con Antonioni invece c’è stato un momento sublime l’ultimo giorno di riprese. Era la scena sulla spiaggia in cui io sto ferma in piedi, chiudo gli occhi ed apro le braccia per lasciarmi andare all’amore presente nella natura. E’ successo qualcosa di magico, ho sentito il mio cuore che si scioglieva e quando dopo alcuni secondi ho riaperto gli occhi, Michelangelo aveva le lacrime.
E’ meraviglioso avere a che fare con persone sensibili, grate, umili, vive nell’animo. Perché Antonioni era confinato fisicamente dall’ictus, ma continuava ad avere una vita interiore molto intensa e ci si capiva senza doversi parlare. Mi dispiace tantissimo che la maggior parte della critica abbia scelto di credere che “Eros” non fosse stato diretto da lui ma dalla moglie Enrica. Enrica è stata di ineguagliabile aiuto sul set, ma la regia è sta-
ta di Michelangelo. Trovo interessantissimo che un uomo di 90 anni, che ha fatto e vissuto quanto lui, arrivi ad un’espressione dell’Eros così semplice, sincera, senza alcun fronzolo o manipolazione».
Come hai capito di essere un’artista?
«Non l’ho mai capito. Non me lo sono neppure mai chiesto».
Quali sono i progetti in cantiere?
«Ho da poco finito di recitare nel film “L’apocalisse delle scimmie” per la regia di Romano Scavolini e ora sto girando un film di stile un po’ "pulp" prodotto da Tony Adler (aiuto regia in “American Beauty”) intitolato “Summer Babes” con Bonnie Aarons (“Mulholland Drive”, “The Fighter”) scenografia di Jade Altman (nipote del famoso Robert) e sua moglie Patricia, per la regia di
Marzia Ciacci. Subito dopo preparerò il ruolo di Agata in "Delitto all’isola delle capre" di Ugo Betti che viene messo in scena all’Attic Theater di Los Angeles».