Nella foto, la scrittrice Margaret Mazzantini
"Sono stata in questa citta`, terra cosi` ferita, e ho cercato di trovare un equilibrio, la speranza. Le metafore mi hanno consentito di immergermi nel profondo del mare e riemergere attraverso quella piccola luce. Era talmente tanto l’orrore che avevo visto che volevo scrivere. ‘Venuto al mondo‘ e` un libro pieno di luce, un viaggio nel tunnel del dolore. E` vita che si rigenera e offre la speranza che anche da gesti terribili alla fine possano nascere cose belle». Con queste parole Margaret Mazzantini ha presentato a New York l’edizione inglese del suo libro intitolato “Twice Born” (Edizione Viking 2011, 464 pagine, $ 26.95), introdotta da Antonio Monda, giornalista e do- cente presso la NYU, dall’attrice Maria Tucci e dal Direttore della Casa Italiana Zerilli-Marimo`, Stefano Albertini, tutti convenuti ad un incontro-conversazione letterario del PEN World Voices Festival, la manifestazione che ha radunato in citta` oltre cento scrittori da quaranta stati del mondo.
Il romanzo, che si accinge a diventare una sceneggiatura cinematografica, con lo stesso cast del celebre “Non ti muovere” (prima romanzo, Premio Strega nel 2002, e poi film nel 2004, diretto e interpretato da Sergio Castellitto), preannuncia un successo quasi scontato. In 500 pagine, la scrittrice-attrice romano-irlandese racconta la storia della guera in Jugoslavia iniziata nel 1991, anno che ha coinciso con la nascita di suo figlio, fonte di ispirazione del romanzo.
«Avevo appena avuto mio figlio Pietro e guardavo in tv le immagini di uno stato che saltava in aria come una padella di popcorn. Avevo amato quel mondo e quella cultura, ero stata nella Russia post-Gorbacev ed ora ero li, a testimoniare tutto quell’orrore che succedeva cosi` vicino a noi. Ancora oggi vi si puo` sentire il dolore, e` una terra ferita».
Dopo dieci anni la Mazzantini ci regala un racconto contemporaneo, fatto di guerra e pace, in cui la storia del ventre dilaniato di Sarajevo, terra insan- guinata dove Gemma giunge insieme al figlio sedicenne Pietro, si confonde con la storia di una maternita` cercata e negata. Il suo sconforto di fronte alle immagini di guerra rappresenta il punto di partenza del lungo viaggio della speranza verso il canale del parto, dando vita ad una storia di diversi destini che si cercano da lontano per curarsi in un nucleo ustionante.
«Conosco bene il sentimento che mi conduce a scrivere un libro: la nostalgia verso la vita. L’incipit e` il viaggio della speranza. Conoscevo la storia ma non sapevo che sarebbe diventato un viaggio molto lungo. Preferisco essere un pioniere. Se sei un creativo e` necessaria la ricerca continua per ottenere un lavoro puro e genuino. Ecco perche` passa tempo tra l’uscita di un libro e l’altra. Per scrivere un libro devi lasciarti evocare come il primo uomo davanti alla caverna. La scrittura e` necessaria alla vita. Non ho un metodo di scrittura. Mi svuoto e lascio che le parole arrivino. Tutte le mie esperienze si mescolano».
Dalla letteratura e le sue metafore, che aiutano a sciogliere nodi misteriosi della vita, dal cinema al teatro, la Mazzantini, dunque, mescola i diversi contributi artistici in una scrittura profonda e toccante, che definisce “vi- siva e visuale”.
«Mi riconosco in tutti i personaggi di questo libro, non in uno specifico. Ci sono delle vocazioni che cominciano in maniera molto limpida, ma io ho cominciato questa carriera senza volerlo. Con un padre scrittore
vedevo quanto fosse difficile essere un artista. Sentivo comunque di essere un artista e cosi` mi sono avvicinata al teatro. Dovevo trovare un mio spazio. Lo spazio scenico mi ha insegnato tantissimo sui ruoli».