Ci ho messo giorni a realizzarlo: sì, Brividi è una signora canzone, ha il giro di piano giusto, i timbri vocali di Mahmood e Blanco si sposano bene assieme. Ma non era quello. L’ha detto anche Elisa ieri sera, dopo essersi posizionata seconda con O forse sei tu: “In Brividi gli incastri armonici tra le voci sono stupendi, penso sia una vittoria meritatissima”.
No, non era neanche quello. Venerdì sera li ascolto cantare Il cielo in una stanza di Gino Paoli durante la serata delle cover, allontano da me il telefono e il pc. Alzo il volume. Mi ci voglio immergere, voglio capire che cos’è. E poi lo capisco. Scrivo questo messaggio: “Ho capito! Ho capito cosa mi convince tanto di loro. È quel tipo di mascolinità che va oltre, piena di sensibilità, vulnerabile ed esposta, che mostrando tutta la sua paura non ha più paura. È questa cosa qua che quando cantano si sente”.
Brividi racconta di quella volta che ti sei fermato, guardato dentro e te lo sei detto senza vergognarti. “Ti vorrei amare ma sbaglio sempre”. È la fragilità, è l’opposto netto del machismo e della mascolinità tossica, è essere emotivamente aperti e disponibili, accogliersi per accogliere.
Questo sentimento, espresso per la prima volta da due uomini pieni di fluidità che cantano d’amore in un duetto sul palco dell’Ariston, che abbattono i confini tra amore etero e queer, ha una forza rivoluzionaria. Due uomini che si mettono a nudo, l’uno di fronte all’altro, non riescono a lasciare indifferenti, perché è un sentimento nuovo e sincero.
“La paura di sentirsi sbagliati quando si dà qualcosa in cambio credo accomuni tanti” – spiega lucidissimo Mahmood nella conferenza stampa dopo la vittoria. “Tutto il testo è autobiografico. Abbiamo scritto le strofe in modo separato, io nella casa di mia madre in Sardegna, Riccardo (Blanco) a casa sua. Nel mio caso sono tutte vicende che mi sono successe nell’ultimo anno”.
Pochissima esultazione quando Amadeus ha pronunciato i nomi dei due vincitori. “Ci siamo guardati come due babbi, no expression. Era abbastanza hardcore vincere questo Sanremo. Tra l’altro con Elisa di fianco. Hanno detto i nostri nomi, ci siamo guardati e ci siamo detti “Ma in che senso?””
Accettano di slancio l’invito a partecipare all’Eurovision che quest’anno si terrà dal 10 al 14 maggio a Torino. Rappresenteranno l’Italia, come Mahmood fece già con Soldi a Tel Aviv nel 2019. “Il nostro desiderio più grande è portare la musica italiana all’estero. Ma non chiedeteci nulla ancora di cosa faremo all’Eurovision perché è troppo presto”.
Durante tutta la giornata di sabato fuori dall’hotel dei due, una folla di ragazze e ragazzi ha continuato a stare là per ore, tanto che in sala stampa ricordano come non si vedesse una folla così per dei cantanti dai tempi dei Duran Duran. Mahmood allora spiega: “Ho proprio sentito l’esigenza della gente del volere stare insieme, volevano cantare la nostra canzone con noi.” A finire la frase è Blanco: “Infatti io volevo riposare un po’ prima dell’esibizione ma poi mi sono detto “Esco con loro dai, me la vivo tutta”.
I genitori dei due sono sempre presenti nei loro gesti, il primo abbraccio di Blanco dopo la vittoria è per la mamma che cerca tra la platea dell’Ariston. Mahmood invece ricorda il primo ascolto del brano vincitore da parte della sua di mamma: “Mia madre quando l’ha sentito mi ha detto che è un pezzo che ti entra subito dentro.” Blanco invece l’ha fatta ascoltare al papà per la prima volta in macchina. “Mio papà mi ha detto “Prova ad andare a Sanremo e poi vedi”. Ah il potere dei genitori: non sbagliano mai”.
Genuini, anche umili nonostante i numeri da record di una settimana sanremese partita al massimo sin dall’inizio. Un giornalista chiede loro: “Siete stati in testa alla classifica sempre, secondo voi cosa è arrivato?”
Rispondono unanimi. “Noi preferiamo che questa cosa la dica la gente, dirlo noi non ha senso”.
Nella finale del Festival dei record, che potrebbe aprire la strada ad una nuova edizione diretta nuovamente da Amadeus, dove il tentativo di fare un festival inclusivo è stato tanto criticato nei giorni scorsi anche dalla nostra testata, va segnalata la presenza di Sabrina Ferilli in veste di co-conduttrice che è riuscita a chiudere il cerchio. Che abbia ascoltato la voce della rete e dei social che durante tutta la settimana ha criticato l’approcciarsi a temi sociali senza conoscerli?
Il suo è un non-monologo, ed è, dopo Drusilla Foer, di sicuro il più riuscito.
“Potevamo parlare di femminismo, di body positivity, di mansplaining, di schwa, che sono tutti temi molto importanti. Ma di queste cose dovete far parlare le persone che si sporcano le mani, che studiano, che sanno di cosa stanno parlando. Sono molto rispettosa delle competenze altrui.” Sottolinea, finalmente, come non abbia senso fare un monologo sulla bellezza delle imperfezioni quando lei per prima da tre giorni sta mangiando insalata per entrare nel vestito e stare in linea in vista della serata. Posizionarsi nel modo corretto e onesto nella società, non voler rubare il microfono alle minoranze per mettersi in prima linea con battaglie che magari vanno anche di moda ma non sono facili, né da capire né da impersonare. Grazie Sabrina Ferilli per esserti messa dalla nostra parte semplicemente stando nella tua. Come hai detto giustamente citando Calvino: “la leggerezza non è superficialità”.
Premi speciali
- Premio della critica “Mia Martini” a Massimo Ranieri – Lettera di là dal mare
- Premio della stampa “Lucio Dalla” a Gianni Morandi – Apri tutti le porte
- Premio “Sergio Bardotti” per il miglior testo a Fabrizio Moro – Sei tu
- Premio “Bigazzi” per la miglior composizione musicale a Elisa – O forse sei tu.
Classifica Finale
- Mahmood e Blanco (con il 54,3% al televoto).
- Elisa
- Gianni Morandi
- Irama
- Sangiovanni
- Emma
- La rappresentante di lista
- Massimo Ranieri
- Dargen D’Amico
- Michele Bravi
- Matteo Romano
- Fabrizio Moro
- Aka 7even
- Achille Lauro
- Noemi
- Ditonellapiaga e Rettore
- Rkomi
- Iva Zanicchi
- Giovanni Truppi
- Highsnob e Hu
- Yuman
- Le Vibrazioni
- Giusy Ferreri
- Ana Mena
- Tananai