Voler portare l’inclusione al Festival di Sanremo e non saperlo fare è come voler pattinare sul ghiaccio in calzini da corsa: scivoli. All’inizio ti sembra anche che se ti dai la spinta magari ce la puoi fare, ma poi senza lama i piedi si bagnano, perdi attrito e non vai più avanti.
La pista di pattinaggio è il Festival di Sanremo, i calzini da corsa sono due personaggi chiave della seconda serata, la coconduttrice Lorena Cesarini e il comico Checco Zalone, i pattini sarebbero stati un diversity manager o, in alternativa, una vera inclusione interna agli autori e alla Rai, con persone nere e trans, tra le altre, che ad un certo punto avrebbero potuto alzare dei cartelloni nelle riunioni, durante le prove, durante le prove generali, suddivisi in cinque pratici punti.
- Lorena Cesarini non vale meno di Ornella Muti. Anzi.
Caro Amadeus, siamo i pattini. Volevamo ricordarti che durante la conferenza stampa che tieni ogni giorno alle 12, dopo aver presentato la co-conduttrice della serata, sarebbe buona norma darle la parola subito. Non come hai fatto ieri mattina, che l’hai presentata e poi lasciata muta, fino a quando qualcun altro l’ha giustamente lasciata intervenire. È un’attrice mista, mamma con origini senegalesi, papà di Roma, può parlare senza ringraziarti ogni 5 secondi, unica donna nera della stanza, dell’Ariston, della seconda serata di un Festival in mondovisione.
- Essere nero non è un mestiere.
E quindi non si spiega come mai la Muti parli della sua carriera da attrice e Lorena, anche lei attrice, parli del suo essere nera. Come spiega bene Andi Nganso, ideatore del Festival DiverCity, “E’ triste che le persone nere e razzializzate debbano sempre giustificare la loro presenza. Avremo mai la possibilità di occupare uno spazio senza la necessità di parlare di razzismo? Sono triste e dispiaciuto di questo spettacolo: avremmo voluto sentirla parlare della sua arte”. E invece Lorena racconta dei messaggi d’odio che ha ricevuto online dopo l’annunciazione della sua partecipazione a Sanremo. Si commuove, espone la propria fragilità, con tutta la forza che serve per parlare di razzismo di fronte ad un pubblico in sala – raccontano i presenti – che mormora. “Non viviamo per acquisire competenze per parlare di razzismo – conclude Andi –. Essere neri non è un mestiere e la prima rivoluzione è iniziare da questa semplice considerazione”.
- Non puoi scherzare sulle persone trans in un Paese che ha appena bocciato una legge contro la transfobia.
Che a Checco Zalone serva sbeffeggiare le minoranze per far ridere è una premessa che parla da sola. La gag tra lui e Amadeus consiste nel raccontare una “favola” che vede come protagonista una prostituta trans, alla quale ci si appellerà sempre al maschile, dimenticando l’importanza dell’autoidentificazione, con marcato accento brasiliano. Ma non avevamo fatto, appena pochi minuti prima, un monologo contro il razzismo? Hello? Siamo sempre i pattini: manca coerenza in questo show.
- Non stai deridendo l’uomo italiano medio se ridi più del discriminato che del discriminante.
Si dirà per giustificare Checco Zalone: ma questa è ironia, è satira, è solo comicità. Checco Zalone deride l’italiano medio. Ma allora la domanda da porci è: durante le sue gag, chi ci fa più ridere? La persona trans sex worker? Et voilà. E soprattutto, come si sentono le persone facenti parte di questa minoranza? A loro agio, visto che non le si sta prendendo in giro? Spoiler: non proprio.
- Satira è sfidare lo status quo.
Caro Checco Zalone, la domanda ti viene posta da Cathy La Torre, avvocata e attivista, attraverso le sue stories su Instagram: “Perché non racconti di un Paese dove fino agli anni ’70 le donne trans le mandavano al confino?”, perché non fai satira su chi ha deciso che il Ddl Zan non fosse una priorità, invece di rafforzare lo status quo, dove da domani ci sentiremo più forti e legittimati a farci una risata su una prostituta trans brasiliana, perché tanto l’hai fatto anche tu a Sanremo?
Le pagelle
Sangiovanni – Farfalle (6 e mezzo)
Se ci piace la dance e vogliamo ballare un po’ lo possiamo fare tranquillamente su “Ciao ciao” de La Rappresentante di lista o anche su Dargen D’amico. Voto: 6 e mezzo per l’orecchiabilità.
Giovanni Truppi – Tuo padre, mia madre, Lucia (7)
Tra slam poetry e De Andrè, è un cantastorie che divide. Siamo di fronte ad un poeta contemporaneo? Ci pensiamo. Intanto voto 7.
Le Vibrazioni – Tantissimo (6-)
Quanto sono identici a loro stessi? Tantissimo. Quindi se li ami li ami sempre. Ma io no. Voto 6 meno.
Emma – Ogni volta è così (8+)
Il pezzo più femminista del festival. Dirige l’orchestra Francesca Michielin, un duetto a distanza per due presenze forti. Emma è sexy e sul palco ruggisce. Meglio di come ci aspettavamo. 8 più.
Matteo Romano – Virale (7)
Lui canta bene, la canzone è leggera. Peccato arrivare in ordine di uscita dopo Emma. Comunque 7.
Iva Zanicchi – Voglio amarti (6)
L’ultima volta che è stata all’Ariston era il 2009. La canna nella voce non invecchia. A fine brano dice: “Il mio sanremo può finire qua, altro che Papalina”. E il FantaSanremo ringrazia. Voto 6 per il Papalina.
Donatella Rettore e Ditonellapiaga – Chimica (7 e mezzo)
Una bomba energetica in pieno stile Rettore. Ma l’effetto sorpresa è Ditonellapiaga che convince anche il pubblico dei social. Voto (inaspettato) 7 e mezzo.
Elisa – O forse sei tu (8-9)
La sua voce fa parte di un altro campionato, gioca per un’altra lega, il suo è un altro Festival. Podio assicurato. Come quella volta che vinse nel 2001, nella sua prima e unica partecipazione. Voto 8-9.
Fabrizio Moro – Sei tu (6 e mezzo)
Vale lo stesso concetto espresso per Le Vibrazioni. Copio e incollo. Voto 6 e mezzo.
Tananai – Sesso occasionale (6)
E’ una canzonetta pop, carina, con uno suo storyteller. Sarà che è tardi ma per me è no. Voto 6 perché resto una persona buona.
Irama – Ovunque sarai (7-8)
Irama finalmente sfodera un bel brano: la sua voce esce, l’interpretazione è piena e particolarmente intonata. Una bella sorpresa. Voto 7-8
Aka 7even – Perfetta così (7 e mezzo)
Aka 7even avrebbe meritato di essere il leader di una boyband. Ma gli anni ’90 vanno di moda ma erano già 20 anni fa. Non più di 7 e mezzo.
Highsnob & Hu – Abbi cura di te (7)
Lei mi ricorda Madame. Lui è dolcissimo quando canta, in un bell’ossimoro visivo. Stilosissimi e abbracciati sul palco mentre la telecamera ruota attorno a loro. Voto 7, peccato averli tenuti alla fine.
La classifica della Sala Stampa dopo le prime due serate:
- Elisa
- Mahmood e Blanco
- La rappresentante di lista
- Dargen D’Amico
- Gianni Morandi
- Emma
- Ditonellapiaga e Rettore
- Massimo Ranieri
- Irama
- Fabrizio Moro
- Giovanni Truppi
- Noemi
- Sangiovanni
- Michele Bravi
- Rkomi
- Achille Lauro
- Matteo Romano
- Highsnob e Hu
- Giusy Ferreri
- Iva Zanicchi
- Aka 7even
- Le Vibrazioni
- Yuman
- Tanani
- Ana Mena
Discussion about this post