Il Maestro Andrea Morricone mi apre la porta della sua elegante casa romana. Ci salutiamo a distanza, come le regole sanitarie impongono.
Nel momento in cui varco la soglia mi sorride con garbo, con quella riservatezza mista a signorilità, peculiarità che solo i grandi protagonisti delle scene riescono a effondere. Si muove con disinvoltura, stretto nel suo morbido pullover color cielo a primavera. Due carboni ardenti sembrano scintillare dai suoi occhi.
Un immenso talento e la passione viscerale per la musica traspaiono da ogni movenza. Ogni parola è pesata e pensata. La sua solarità irradia l’ambiente, mentre una sensazione di benessere mi pervade.

C’è una clip da registrare, lavoriamo in totale serenità per un paio d’ore.
Mentre viene allestito il set, mi guardo intorno compiaciuta di essere al cospetto dell’Arte, potente e allo stesso tempo impalpabile, inarrivabile, eppure dinnanzi ai miei occhi curiosi. Sbircio tra le foto incorniciate sulle mensole della libreria, fin quando incrocio lo sguardo felice di un bambino di pochi anni. Accenno un sorriso materno, quasi il piccolo potesse vedermi al di là della cornice. È bello, e somiglia al suo papà.
Vengo attratta da una sequenza di lettere accanto al televisore. Compongono il suo nome, Andrea Morricone, ed è scritto a caratteri cubitali. Mi volto a guardare il Maestro attraverso il display della telecamera, e per un momento penso a quanto sia stato arduo costruire e allo stesso tempo proteggere quel nome tanto imponente senza sentirne il peso, senza ostentarne la maestosità, ma con la consapevolezza di avere un infinito patrimonio artistico tra le mani da custodire e valorizzare.
Quanto può essere titanica una persona che resta ben piantata coi piedi per terra pur avendo la testa immersa tra le stelle? Quanto smisurate devono essere le spalle di un giovane che ama comporre e dirigere con tutto se stesso, ma che è figlio di quella fucina di idee che ha scritto una pagina della storia della musica internazionale?
Di sicuro ci vuole una forza ciclopica, un talento smisurato unito a rara intelligenza, radici solide e umiltà quanto basta. Andrea ha tutto ciò. Andrea è tutto ciò.
Era il 1988 quando “Nuovo Cinema Paradiso”, la pellicola che valse il Premio Oscar al regista siciliano Giuseppe Tornatore, entrò nei nostri cuori. Ma, soprattutto, nell’immaginario collettivo entrò la scena finale del film e quei baci cinematografici censurati dal prete in cui il protagonista, ormai adulto, ritrova tutta la memoria bambina e il senso di perdita di quel mondo ormai lontano. Uno struggimento impossibile da descrivere, ma che le note di “Tema d’Amore”, che accompagnano tutta la sequenza, riescono a restituire senza riserve. Quella musica, composta proprio da Andrea Morricone, quelle note che si tramutano in un sentimento nostalgico devastante, in Amore che esonda, diventeranno il cuore pulsante di tutta la colonna sonora scritta insieme al padre Ennio. Saranno l’essenza più vera di un mondo infinito che Tornatore racconta attraverso le immagini, ma in cui artisticamente è racchiuso il momento più bello di tutta l’opera, l’elevazione massima dello stesso autore, allora come oggi.
Per padre e figlio arrivano il premio Bafta (British Academy of Film and Television Arts) e il David di Donatello. Una miriade di riconoscimenti seguirà per Andrea, tra cui il Globo d’Oro nel 2004 per la colonna sonora del film “Raul”, e il Premio Ennio Morricone e il Globo d’oro Premio della Stampa Estera accreditata in Italia per le musiche del film “L’industriale” diretto da Giuliano Montaldo.
Nel 2010 compone la colonna sonora del musical “The Mission”, su sceneggiatura di Robert Bolt. Memorabile il brano “My heart and I” scritta per “La Piovra” e interpretata da Sting.
Sono oltre trenta le colonne sonore composte da Andrea Morricone, e numerose le opere per orchestre sinfoniche che vengono eseguite in tutto il mondo.
Un successo dovuto non soltanto al talento, ma ad anni e anni di studio e abnegazione nei quali l’artista ha lavorato con rigore e professionalità. Una scelta, quella di dedicarsi alla Composizione e alla Direzione d’Orchestra, che inizialmente non fu accettata dal padre, consapevole delle difficoltà che una carriera musicale avrebbe comportato per il figlio.
Ma i fiori più belli e resistenti fioriscono comunque e nonostante, e il talento di Andrea era «un fiume in piena che non poteva essere arginato», come racconta. A quattordici anni, la madre Maria lo iscrisse segretamente ad un corso di chitarra. Seguirono gli anni di studio con la compositrice Irma Ravinale, una delle insegnanti più rigide delConservatorio di Santa Cecilia, e quelli universitari presso la facoltà di Lettere e Filosofia. Infine, il trasferimento negli Stati Uniti per perfezionarsi e studiare jazz, «per migliorarsi ancora e non accontentarsi mai», lavorando con la stessa determinazione e le stesse regole apprese in famiglia e puntando all’unicità per ciascuno dei suoi lavori, «chiedendo il massimo a me stesso, perché questo è il mio dovere».
Oggi, Andrea è un artista in continua evoluzione, alla costante ricerca di un linguaggio all’avanguardia perché, dichiara, «è esplorando che viene l’idea», dimostrando una destrezza musicale che cavalca le congiunture storiche e diventando, al contempo, l’estensione memorabile di ciò che è già stato.
Riflessivo, come lo è il gioco degli scacchi in cui eccelle e con cui amava giocare con suo padre, perfezionista estremo, trasforma ogni singola nota in una virtuosistica performance. Una crescita artistica costante che lo ha portato ad essere compositore di colonne sonore immortali, direttore d’orchestra in tutto il mondo, ma anche giovanissimo direttore artistico dell’auditorium dell’Istituto Massimiliano Massimo e, a seguire, dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e dell’Opera di Budapest.
Lo abbiamo ammirato lo scorso 5 giugno, in diretta televisiva dall’Arena di Verona, nella veste di Direttore d’Orchestra per un evento dedicato proprio alla memoria del padre Ennio e alle canzoni che hanno fatto commuovere generazioni di sognatori. Una boccata di ossigeno per il pubblico, dopo oltre un anno di assenza di spettacoli dal vivo. Un evento atteso e voluto in cui il Maestro Morricone ha diretto magistralmente il trio internazionale de Il Volo, enfatizzando con abili arrangiamenti le voci di Piero Barone, Ignazio Boschetto e Gianluca Ginoble. Il risultato è stato di 4.702.000 telespettatori e del 25.8% di share.
Uno spettacolo nello spettacolo, un vero balsamo per l’anima per l’eccellenza degli ospiti presenti, per la musica finalmente tornata al live – al vivere nel vero senso della parola – e che si è concluso con “I colori dell’amore”, l’inedito scritto da Andrea Morricone, che racconta di quel tempo che proprio grazie all’amore riesce a svanire. E a proposito del tempo libero di Andrea… da persona perbene quale è, lo dedica alla famiglia. Ma questa è un’altra storia ed è privata.

Saluto infine il Maestro. Vado via con la pienezza dell’artista, e mi sento come se avessi fatto una seduta rigenerante di musicoterapia. Gliene sono infinitamente grata.
Non appena salgo in macchina, apro YouTube e metto la famosa scena dei baci censurati di Nuovo Cinema Paradiso. Chiudo gli occhi, e mi commuovo come Totò per la milleduecentocinquantatreesima volta.