La donna è madre, sempre. Dei figli che ha avuto, dei figli che ha desiderato, dei figli negati e dei figli degli altri.
Oggi è la festa della mamma e in questo periodo di clausura forzata e di paura – del virus, della morte, del silenzio e della fine – la festa della mamma è la festa più bella, perché festa della vita e della terra. Se c’è un’immagine davvero comune e universale di speranza, anzi di certezza, è l’immagine concreta della mamma.
La mamma è il primo suono, il primo battito che batte in ognuno di noi. E così impariamo ad andare a tempo con la vita, prendendo il tempo stesso di chi ce l’ha donata. E se non è la mamma biologica, comunque le somiglia molto, pur con i colori e l’accento diverso, una signora che fino a ieri neanche conoscevamo, che da oggi canta la ninnananna per noi, piange per noi e a gran voce “magnifica” la vita per il grande dono che le ha fatto, e per il grande dono che decide di portare avanti.
Così Maria accoglie un figlio non naturale, già sapendo in cuor suo che sarà una storia di grande dolore. Eppure dice sì, e anzi si riempie di gioia incontenibile che corre a raccontare e a condividere con la cugina Elisabetta, madre anch’essa in attesa, quando ormai la vita sembrava non più in grado di donare.
Elisabetta è la madre di Giovanni Battista, anche lei sarà la mamma di una storia terribilmente dolorosa.
Riascoltiamo oggi il Magnificat di Mina, la straordinaria interpretazione del brano composto dal maestro di musica e sacerdote Marco Frisina. È anche l’occasione per festeggiare la voce femminile più unica e musicale del nostro paese, probabilmente una delle più grandi voci del novecento internazionale, un’artista strepitosa ed eterna, che ha da poco compiuto 80 anni.
Il brano fa parte dell’album “Dalla Terra” del 2000. Il titolo ci ricorda l’ispirazione profondamente umana, che la madre è terrena, e la terra va avanti di madre in madre, di dolore in dolore, di dono in dono.
Ma la voce di Mina è celestiale, irraggiungibile, come l’amore di ogni madre.