Tanti sono i motivi che spingono gli artisti a cimentarsi nel ruolo di “cover band” e certamente questo aspetto pone delle condizioni implicite che meritano una analisi approfondita. La cover di un brano eseguita da un musicista o una band offre una opportunità di mostrare il proprio talento creativo nell’interpretare e “riscrivere” brani assecondando una propria ispirazione e una propria visione oggettiva basata sul talento creativo personale. Esiste anche una direzione diversa, altrettanto importante e meritevole, dove l’artista si prende la briga e la “responsabilità” di suonare cover fedeli alle versioni originali e si auto impone una sfida coraggiosa diventando band tributo di pietre miliari della storia del rock inglese progressivo degli anni 70 e 80 come gli Oberon, band ventennale di 5 artisti che in una calda serata estiva in un locale nel centro storico della città di Palermo, hanno intrattenuto per oltre due ore un folto pubblico over 40 fan sfegatato dei Genesis del primo periodo quando il front man Peter Gabriel stupiva e ammaliava il pubblico con canto e recitazione scenica rimasta nella storia e nel cuore degli ammiratori della band inglese. Le aspettative c’erano tutte e la curiosità di assistere ad un evento così particolare per gli amanti del Prog diventata irresistibile.
Il genere musicale chiamato Progressive rappresenta una evoluzione del rock “classico” degli anni 60 dove si assiste alla comparsa di strumenti a fiato, tastiere etc. e dove la costruzione musicale subisce una destrutturazione importante relativamente alla precedente concezione del brano rock. I brani diventano più lunghi e pieni di virtuosismi musicali, scale ascendenti e discendenti frenetiche, discontinue e la tecnica diventa una condizione basilare per poter suonare questo nuovo rock 2.0. I concerti diventano occasione unica e spettacolare dove poter sentire e vedere con i propri occhi autentici talenti al massimo della loro espressione artistica e concettuale. Proprio per questi motivi la curiosità porta sempre a chiedersi se non si stia cadendo nella triste condizione di assistere ad una band che tutt’al più riesca in modo mediocre a “scimmiottare” delle cover lontane anni luce dall’assomigliare alle versioni originali.
La differenza e l’elemento base sta proprio in questo e gli Oberon hanno mostrato con sommo stupore una preparazione tecnica e una capacità di affiatamento musicale in grado di far assaporare ancora quel sound “prog” di metà anni 70 come in un viaggio a ritroso nel tempo. I presenti hanno potuto saziarsi di cotanta “beltade” musicale ascoltando dal brano di apertura “Whatcher of the skies”, passando per “The Lamia”, “The musical box”; Back In New York City” e molti altri fino a “Carpet Crawlers” cantata con il coro di un pubblico appassionato e trascinato dall’entusiasmo. Una sfida vinta a pieni voti che dimostra quanto non sia certamente facile reinterpretare un genere e una band cosi complessa come i Genesis che comporta tanto ma tanto studio.
La chitarra incisiva di Stefano Siragusa, il basso di Marcello Castellucci, le tastiere di Giuseppe Bertini, la batteria di Daniele Modica e la chitarra acustica e presenza scenica del front man Joshua Ross hanno garantito che sfumature e dettagli dei capolavori musicali dei Genesis fossero presenti e suonati senza la presenza di nessuna forma di “pressappochismo”. La loro bravura infatti verrà riproposta il 28 luglio in una location tanto cara e storica per la città di Palermo ossia lo Spasimo. Luogo dove vengono messi in scena solo eventi del tutto intrisi di spessore culturale di gran rilievo.