Il 17 ottobre è apparsa per la prima volta in tv lasciando a bocca aperta gli spettatori di The Late Show with Stephen Colbert, con un pregevole medley di tre brani dal suo LP uscito a settembre, Blaxploitation, Prayer Song e Don’t Forget About Me
Ma per chi ci segue assiduamente quello di Noname, al di là dei facili giochi di parole, non è un nome nuovo. Abbiamo parlato di lei raccontandovi l’ascesa dei vari Chance The Rapper, Mick Jenkins e Ravyn Lenae e di altri nomi che gravitano attorno alla scena black di Chicago che mai come nell’ultimo decennio è riuscita a sfornare nuovi fenomeni del genere in parte discostandosi dai trend internazionali, come la trap, cui ha sempre contrapposto la drill. L’epicentro musicale, tanto per cambiare, è l’area di South Side, assurta di recente a modello negativo per il numero di morti da arma da fuoco e la diffusione dilagante delle gang.
Come Valee, che vi abbiamo fatto conoscere qualche mese fa, anche Noname arriva da Douglas, una delle ottanta “community area” della capitale dell’Illinois ed è cresciuta nel quartiere di Bronzeville, un tempo cuore produttivo e vivace centro culturale della comunità afroamericana dello Stato, oggi una delle tante aree di South Side in lenta ripresa dalla crisi finanziaria.
Nata nel 1991, Fatimah Nyeema Warner è una predestinata della poesia. Da piccola passa interminabili pomeriggi nella libreria di sua mamma dove piuttosto precocemente entra in contatto con il mondo della letteratura. Fin da adolescente partecipa a reading, concorsi mettendosi in mostra grazie alla sua non banale presenza scenica nei vari open mic e nelle slam poetry della città. Guadagna anche una piazza d’onore in una delle competizioni più seguite dagli addetti ai lavori di Chicago, il Louder Than Bomb. Il suo talento da performer e la sua passione per Lauryn Hill e Outkast la porta presto a misurarsi con il rap, anche grazie ad amicizie importanti tra gli astri nascenti della scena di Chicago, come Jamila Woods, cui è presto accostata, Chance the Rapper, Saba e Mick Jenkins colpiti dalla potenza espressiva di Fatimah, che inizialmente si fa chiamare No Name Gipsy poi per non dare dei connotati di carattere razziale sceglie di trasformare il suo nome d’arte in Noname. Questo pseudonimo rispecchia bene la personalità e l’approccio piuttosto elusivo della sua arte. Non ha mai realizzato un videoclip, ha rilasciato pochissime interviste nel corso della sua carriera, non è dipendente come molti suoi coetanei dalla popolarità sui social e dalla cosiddetta viralità dei contenuti. Il suo nome, nei circuiti musicali internazionali, inizia a circolare grazie alla partecipazione come seconda voce in alcune parti di Acid Rap, il mixtape del 2013 da cui è iniziata la velocissima ascesa di Chance the Rapper. Da quel momento, tra le varie collaborazioni in studio e sul palco con l’amico Saba, i suoi sforzi si sono concentrati quasi unicamente nella carriera musicale, con il primo sorprendente mixtape dell’estate 2016, Telefone, un originale raccolta di canzoni che si aprono e chiudono come converazioni telefoniche. I suoi testi parlano del dolore delle donne, delle difficoltà dei giovani nei contesti periferici di Chicago e colpisce al cuore la forza dei suoi testi, vividi, profondi, mai volutamente sopra le righe e ricchi di riferimenti letterari. Fatimah ha appena compiuto venticinque anni e il suo talento cristallino ottiene i meritati riconoscimenti sui magazine mainstream che intravedono in lei la nuova musa della black music d’autore e quelli indipendenti che la percepiscono come la più credibile risposta femminile al lanciatissimo Chance the Rapper.
Mentre si fa apprezzare sui palchi del Nord America nel tour di Telefone, si trasferisce per ragioni sentimentali a Los Angeles inizia a lavorare al suo primo LP la cui gestazione dura praticamente due anni e raccoglie mesi di storie intime e meno intime legate al suo trasferimento sulla West Coast. Come ammette, le spese di produzione del disco derivano proprio dai guadagni del tour e dalle comparsate nelle date di Chance the Rapper e dei suoi vecchi amici di Chicago.
L’investimento su Room 25, titolo dell’LP ispirato a una delle stanze dei vari alberghi dove si ritrova a vivere sbarcando il lunario, si è rivelato tutt’altro che azzardato, come dimostrano i primi commenti e le prime recensioni della stampa specializzata che lo segnala già come uno dei dischi più riusciti del 2018.
Tra i guest spiccano Ravyn Lenae, Smino, Saba e Phoelix, che è anche co-produttore e il risultato è un elegante raccolta di brani neo-soul dove il jazz della tradizione è accolto nelle intuizioni fresche e contemporanee di una Fatimah che da poetessa hip hop si sta gradualmente trasformando in una delle songwriter più raffinate e mature della sua generazione.
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