Piccolo Opera Festival: piccolo, per nome, e prezioso, di fatto, come la perla nell’ostrica, minuscolo capolavoro. Si svolge dal 2007 in Friuli Venezia Giulia, nato nell’ambito dei progetti integrati per la cultura promossi dalla Regione, e si caratterizza per l’intento di abbinare lo spettacolo con lo spirito di storiche, suggestive dimore. Raffinati concerti accompagnano l’immersione in luoghi che raccontano il passato, riemergendo nel presente attraverso collaterali degustazioni enogastronomiche, curate in simbiosi col tema delle varie serate.
Il direttore artistico, Gabriele Ribis, ne racconta la genesi: “Il Festival è nato nel 2007 in quattro piccoli comuni dell’hinterland di Udine come manifestazione pluridisciplinare (musica, teatro, danza, cinema). Velocemente si è espanso in tutta la regione e dal 2013 – bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi – si è concentrato solo sulla musica, principalmente vocale. Dal 2015 è entrato nell’ambito dei Festival operistici europei, cominciando ad ospitare pubblico dalla vicina Austria. La motivazione principale è quella di formare nuovo pubblico e nuovi professionisti per la musica, in particolare lirica; l’ambizione è diventare il più importante Festival del dreiländerecke fra Friuli, Carinzia e Slovenia”.
“Capriccio 2018” è il titolo dell’undicesima edizione, dall’1 al 13 luglio. Quali sono le modalità operative? Come si organizza un cartellone?
“Si sceglie prima il titolo operistico principale per cui si cercano dei comproduttori. Dall’opera si idea, poi, il tema conduttore che ispira tutti gli altri eventi, da concerti a mostre, incontri… Importante è annunciare il programma con almeno un anno di anticipo, dopodiché i si inizia a decidere il team creativo – regista e direttore – e infine il cast”.
Che tipo di pubblico presenzia alle vostre serate?
“Un pubblico raffinato. Attento alla qualità degli spettacoli e alla bellezza del luogo. Il pubblico estero è in netto aumento, soprattutto da Austria, poi Germania, Svizzera e anche Olanda e Francia”.
Il programma 2018 porta Bach e Scarlatti a villa Manin Guerresco (Clauiano – UD) e a palazzo Altan (San Vito al Tagliamento – PN), Rossini a villa Pace (Tapogliano – UD), Mozart al castello di Spessa (contrada Russiz di Sotto, Capriva del Friuli – GO). Il castello di Duino (Duino-Aurisina – TS) Italia ospita il recital delle giovani artiste dell’Accademia per voci russe-Opera di Montecarlo, mentre nella chiesetta della Madonna di Zucco in castello (Faedis – UD) si tiene un “Recital capriccioso per tenore e fisarmonica”. Visita musicale a villa Varda (San Vito al Torre – UD) e le note di Fauré alla chiesa di san Rocco (piazza San Rocco – Gorizia).
Prima dei concerti è possibile effettuare una visita guidata di tutti i castelli con una delle guide dell’Associazione Guide Turistiche del Friuli Venezia Giulia (fondata nel 1955 e tra le più antiche d’Italia). Per tutti gli eventi del Festival è prevista una prolusione allo spettacolo in un luogo dedicato: un musicologo e un esperto di balletto presenteranno la storia, la trama, il programma, insieme a dettagli tecnici e curiosità sulla produzione.
Sogni nel cassetto: una guest star cui ambireste?
“Un grande regista – riprende Ribis – che possa realizzare uno spettacolo su misura per la nostra splendida location del castello di Spessa. Penserei al grande regista canadese Robert Carsen”.
Il Festival come “porta” per (ri)scoprire il Friuli Venezia Giulia?
“Sì, indubbiamente: il Friuli è una regione, come diceva lo scrittore Ippolito Nievo, ‘piccolo compendio dell’universo'”.
E allora andiamo a conoscere più da vicino le cornici del festival, a cominciare da villa Manin Guerresco (via della Filanda, 54 – Clauiano – UD), a poco più di mezz’ora da Venezia: costruita nella seconda metà del XVII secolo dalla nobile famiglia dei conti Manin e immersa tra i vigneti della campagna friulana, sorge a Clauiano, uno dei “Borghi più belli d’Italia”.

La repubblica di Venezia conquistò il Friuli nel 1420; al contrario dei nobili lagunari, i patrizi delle città della provincia erano esclusi dalle cariche più alte e solo tre famiglie sono riuscite nel tempo ad ottenere pari dignità, ottenendo di fatto un posto nel Gran Consiglio di Venezia, tra queste i Manin, che diedero alla repubblica il 120º e ultimo doge, dal 9 marzo 1789 al 12 maggio 1797: Lodovico (1726-1802).
Per la cronaca, la ricchissima famiglia, di origine toscana, si era trasferita in Friuli nel Trecento e l’accesso al patriziato (1651) arrivò non per meriti, ma, molto più pragmaticamente, grazie all’esborso di centotrentamila ducati, utilizzati per finanziare la guerra di Candia, la quinta guerra turco-veneziana.

Lodovico, facoltoso e ammanicato, astuto affarista, imparentato con la prestigiosa famiglia Grimani grazie alla moglie, ebbe gioco facile ad essere eletto doge e governò con polso e accortezza. Alla morte della consorte, 1792, decise di ritirarsi a vita privata, ma il Senato non gli permise di abdicare ed egli mantenne con scrupolo la carica, preoccupandosi di ottimizzare la pubblica amministrazione, controllando l’integrità dei funzionari, spingendo una riforma istituzionale per abolire magistrature e organismi inutili.
Palazzo Altan (via Antonio Altan, 47 – San Vito al Tagliamento – PN) risale al Seicento, modesto edificio comprato dai conti Altan, che assunse l’aspetto attuale dopo alcune modifiche edilizie, l’acquisizione della torre Grimana (1751) e la costruzione dell’oratorio neoclassico. Oggi, di proprietà della Provincia di Pordenone, è stato parzialmente destinato a sede del Museo della vita contadina. Ad impreziosire il palazzo è un bellissimo giardino all’italiana, fino agli anni Venti semplice orto con vigna.
A Tapogliano (strada provinciale, 2), si ammira villa Pace, affascinante residenza settecentesca caratterizzata, nell’ampio salone d’ingresso, da uno singolare scalone ellissoidale in pietra, accesso al piano nobile.

Svetta nel panorama del Collio il castello di Spessa (contrada Russiz di Sotto, Capriva del Friuli, via Spessa, 1, – Capriva del Friuli – GO), risalente al 1200, in un sito già abitato dall’età romana; a partire dal Cinquecento, illustri famiglie si avvicendarono nella proprietà, che vide, tra gli ospiti, Lorenzo Da Ponte e Giacomo Casanova, a cui dal 2003 è dedicato un premio annuale. L’avventuriero veneziano vi soggiornò nel 1773 invitato dal conte Luigi Torriano e ricordò il luogo nelle sue “Memorie”, in realtà non con termini idilliaci, intitolando il passaggio “Infelice soggiorno a Spessa”, ma rendendo omaggio all’«eccellente vino». Al castello si possono visitare la chiesetta, i saloni storici arredati con mobili, quadri, porcellane d’epoca e le cantine storiche, scavate in profondità, dove ha luogo l’affinamento dei vini prodotti dall’omonima azienda: sono le più antiche del Collio e si sviluppano su due livelli, quello superiore medievale e il secondo realizzato nel 1939 come bunker militare italiano e usato dai tedeschi e poi dagli americani fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Ora, destinazione senz’altro più pacifica e gradevole, custodisce panciute barriques.

Il castello di Duino (Duino-Aurisina – TS) è lo sguardo gemello del vicino castello di Miramare sull’Adriatico; meno sontuoso, ma non meno spettacolare per posizione, fu eretto alla fine del Trecento da Ugone da Duino, sulle rovine di un avamposto romano e di un precedente nucleo fortificato del X sec. di cui rimangono oggi poche ma significative rovine, degne dell’incisione di un Piranesi. Nei secoli il massiccio edificio passò agli Asburgo, ai Della Torre Valsassina (cognome germanizzato dopo un matrimonio in von Thurn-Hofer und Valsassina; essi tennero per trecento anni anche il sopra citato castello di Spessa) e poi, sempre attraverso nozze, ai Thurn und Taxis, naturalizzati italiani come Della Torre e Tasso nel 1923 e attuali proprietari. Bellissimo il giardino terrazzato, impressionante il bunker scavato nella roccia viva nel 1943. Al poeta Rilke, che soggiornò, è stato intitolato un sentiero che percorre le falesie a picco sul mare tra Duino e Sistiana. Come ogni castello degno di tal nome, non manca la leggenda, che qui vede protagonista la sventurata Dama bianca, moglie di uno dei signori del maniero, da questi gettata fra le onde in uno scatto d’ira e trasformata nella candida roccia visibile nella baia.
Paese piccolo, Faedis, ma può vantare ben tre castelli medioevali: quello di Cucagna, quello di Soffumbergo e quello di Zucco, del 1248, nella cui chiesetta della Madonna (via dei Castelli – Faedis – UD) si tiene il concerto del Piccolo Festival. Il sacello è cinquecentesco e conserva una Madonna trecentesca.

Villa Varda (Brugnera, via Julia, 27 – San Vito al Torre – UD) fu costruita a metà del Quattrocento dai nobili Mazzoleni nella frazione di San Cassiano di Livenza, come residenza estiva, circondata da un vasto giardino – 18 ettari – caratterizzato da viali di tigli che configurano geometricamente la sua conformazione “all’inglese”, ovvero (studiatamente) informale, con libera espressione della natura agreste dei luoghi.
A circa cinquecento anni fa risale la chiesa di san Rocco (piazza San Rocco – Gorizia), dapprima semplice cappella extra-moenia. Il 23 agosto 1637 Pompeo Coronini, vescovo-conte di Trieste, consacrò l’edificio ed il suo nuovo altare maggiore marmoreo, dedicati a san Rocco, e ivi vennero deposte le reliquie dei santi Andrea, Cristoforo e Giusto. La prima guerra mondiale ne causò la distruzione e la lunga e dispendiosissima ricostruzione si concluse nel 1929; il secondo conflitto risparmiò gravi danni e quindi non ci furono cambiamenti radicali nel suo aspetto esteriore.
Il sipario del Piccolo Opera Festival si alza a Zucco, l’1 luglio alle 18.30: la serata è ad ingresso gratuito e propone i “capricci” del tenore Federico Lepre, accompagnato dal fisarmonicista Sebastiano Zorza.