A sei anni fischiava le arie delle opere davanti agli amici della madre, e oggi Elena Somarè calca i palcoscenici di tutto il mondo, dove porta i più grandi classici della tradizione sudamericana e napoletana arrangiati in modo unico attraverso il fischio melodico, di cui lei è una delle principali interpreti. Debutta sul palco dello storico Alexanderplatz di Roma, poi al Piccolo Teatro di Milano, al Reial Cercle Artistic di Barcelona, all’Auditorium Parco della Musica e al Teatro Sistina, mentre nel 2016 pubblica il suo primo album “Incanto”, dedicato alla canzone napoletana. Esegue anche tre brani nell’ultimo film di Paolo Sorrentino “Loro”.
A due anni di distanza dal disco d’esordio, Elena Somarè, arriva in concerto il 14 maggio, alla Casa Italiana Zerilli Marimò di della New York University per presentare “Aliento” , il suo secondo lavoro dove interpreta 13 brani della musica sudamericana attraverso il fascino, l’esotismo e il mistero del fischio melodico, accompagnata dal pianista Gianluca Masetti.
Definita come voce del diavolo, inquietante suono interiore, ribellione di donne maleducate, adatta solo al cabaret, l’arte del fischio ha dovuto lottare per essere eletta a vera forma di espressione artistica “Dicono che sono una fischiatrice – dichiara Elena Somarè – ma a me sembra di cantare. Il mio fischio è una voce interiore, che diventa melodia senza bisogno di altro. Tranne lo studio, la ricerca, il perfezionismo e, naturalmente, alcuni grandi musicisti, che mi aiutano in questo percorso artistico”.
Aliento, il tuo nuovo album è un viaggio che da Napoli arriva fino al Sud America passando per l’Atlantico. In che modo questi luoghi sono attraversati culturalmente e musicalmente in questo tuo ultimo lavoro?
“Questo album è, in fondo, una prosecuzione del primo, perché la grande melodia napoletana ha influenzato la musica nel mondo: Napoli, attraverso i Borbone di Spagna, ha sviluppato un legame con l’America del Sud. I gesuiti, quando arrivarono in America latina, portarono gli strumenti in voga all’epoca, e in particolare l’arpa, che li è rimasta identica alla nostra arpa rinascimentale. Il tango argentino viene dalla habanera cubana, che è stata molto utilizzata in tutto l’800, in Europa e in particolar modo a Napoli. O sole mio in realtà è una habanera”.
Sei la principale artista del fischio melodico in Italia. Come è nata questa passione e come l’hai sviluppata nel tempo? Cosa ti affascina di questo genere?
“Mi scuso per la mancanza di modestia, ma anche nel resto del mondo non vedo molti musicisti fare quello che sto facendo. In generale, l’arte del fischio è figlia di un dio minore e viene utilizzata per fare del vuoto virtuosismo, oppure come semplice tocco di colore, da aggiungere a un brano per renderlo più misterioso, nostaIgico, etnico. I fischiatori vengono considerati come tipi strambi, cinguettatori più che musicisti. Io sto facendo esattamente il contrario, metto il fischio melodico sul piedistallo, lo faccio diventare un strumento al servizio della grande musica, con pari dignità rispetto a una voce che canta, o al suono di un’arpa o di un pianoforte”.
Rispetto ad uno strumento e al canto, in che modo il fischio melodico diventa identità unica e originale?
“Il fischio melodico, potenzialmente, ha una marcia in più, perché è un suono ancestrale, che viene dal profondo. Se sei un artista, se hai cuore, se sai interpretare, il fischio diventa la voce dell’anima, un suono che evoca l’inconscio, e per questo produce forti emozioni. È qualcosa che si avverte quando facciamo musica usando soltanto il nostro corpo come cassa armonica, anche una voce nel silenzio può riuscirci, o il battito delle mani. Non c’è la complessità di un arrangiamento musicale, ma c’è qualcosa di più intimo, di più forte, la solitudine di un’anima che ha il coraggio di cantare”.
Come viene portato avanti, oggi, il ruolo della donna nel fischio melodico?
“Alle donne è stato sempre proibito fischiare, perché veniva considerato volgare. Quelle che lo facevano nel Medioevo venivano considerate streghe. Ma alle donne piace fischiare e alcune, finiti i tempi bui, fischiando sono diventate famose, anche se il destino non le ha trattate bene. Penso ad Alice Show, che negli Stati Uniti, alla fine dell’Ottocento, per seguire la sua arte decise di abbandonare un ricco marito e si mise a girare il mondo assieme ai suoi tre figli, mantenendosi con gli spettacoli di fischio. In Italia c’era Daisy Lumini, una bravissima cantante e compositrice, che sapeva anche fischiare, e che purtroppo morì suicida nel 1993″.
Quali sono i brani più difficili da interpretare con il fischio melodico?
“Sul piano tecnico, quelli più virtuosistici e ritmici. Sul piano artistico, quelli in cui affronti un brano famoso e devi tradurlo nel tuo linguaggio, riuscendo a trasmettere le stesse emozioni, anzi emozioni più forti, a un pubblico che già lo amava”.
In questo album cosa hanno in comune i brani della tradizione sudamericana?
“Sono quasi tutti degli standard molto noti ed in comune hanno un forte legame, dal punto di vista melodico e ritmico, con la tradizione europea ed in particolare italiana”.
Sei anche fotografa e videomaker. Qual è il percorso che nasce fotografia e musica e che spazio occupano nella tua vita le tue forme artistiche?
“Vivo il fischio melodico come la naturale prosecuzione di un percorso artistico che nasce con l’immagine fotografica e in movimento. La fotografia è un racconto imprigionato da uno scatto dell’otturatore. La musica è il racconto di una emozione, come la pittura. Sulla nostra tavolozza ci sono diversi mezzi espressivi e a volte, se ti applichi molto, riesci a utilizzarli”.
Cosa ti aspetti dal pubblico americano e quali emozioni vuoi condividere con loro?
“Mi aspetto quello che mi succede sempre, che è successo anche in Corea del Sud. All’inizio prevale lo stupore, poi il pubblico, che magari all’inizio era soltanto curioso, si abbandona alla musica. Dimentica l’aspetto strano, la novità, e rimane coinvolto dal racconto sonoro, dalle emozioni che stiamo evocando. Perché stiamo facendo musica”.
Il brano che rappresenta NY che vorresti interpretare con il fischio melodico?
“Il tema di Deborah, di Morricone, nel film “C’era una volta in America”, magari con una orchestra sinfonica. Al concerto alla Casa Italiana, con il pianista Gianluca Massetti, faremo un altro brano di Morricone tratto da Mission, ma molti dei suoi temi risultano straordinari anche fischiati. D’altronde Morricone amava moltissimo il fischio ed è forse l’unico compositore che ha scritto per fischio, nei suoi film con Sergio Leone“.