Tra il febbraio e la fine di aprile del 1964, la sera del sabato, non c’era altro che un ragazzino di dodici anni e mezzo avrebbe potuto fare di meglio se non quello di sedersi in poltrona e godersi in santa pace il miglior programma di spettacolo trasmesso allora dalla televisione italiana, ovvero Biblioteca di Studio Uno. Io e mia nonna Anna finivamo di mangiare in fretta oppure ci portavamo i piatti direttamente davanti alla Tv, per non perderci neanche un minuto dello spettacolo che iniziava alle ore 21.00 in punto, subito dopo la fine di Carosello, che iniziava alle 20.50 e durava esattamente dieci minuti, non un secondo di più.
In tutto furono solo otto puntate, tutte parodie di celebri romanzi: Il Conte di Montecristo, Il Fornaretto di Venezia, I tre Moschettieri, Il dr. Jeckill e Mr.Hyde, Via col Vento, La Primula Rossa, Grand Hotel, Odissea. Si trattava del primo grande tentativo di rivista musicale fatto dalla Rai, con imponenti mezzi realizzativi e grosso badget di investimento. La regia era di Antonello Falqui e i testi dello stesso Falqui, Dino Verde e Guido Sacerdote. Gli attori della serie erano i più famosi all’epoca nel nostro paese, tra cinema, teatro e televisione. Walter Chiari, Paolo Panelli, Bice Valori, Franco Volpi, Antonella Lualdi, Lelio Luttazzi, Maurizio Arena, Lauretta Masiero, Alberto Lupo, Gino Cervi, Memmo Carotenuto, Ernesto Calindri, Paolo Ferrari, Renato Rascel, Gino Bramieri, Corrado Pani. Insomma una lista infinita che, a scriverla tutta, occorrerebbero moltissime pagine. Gli artisti si alternavano, uno dopo l’altro, nelle varie puntate, interpretando i vari ruoli dei personaggi in scena. Però quelli che c’erano sempre, otto puntate su otto, quelli su cui la serie era stata ideata e organizzata, erano i componenti del Quartetto Cetra e cioè Lucia Mannucci, Virgilio Savona, Tata Giacobetti e Felice Chiusano. Erano loro che, oltre a interpretare i personaggi principali, avevano arrangiato e scritto i testi e gli adattamenti delle centinaia di canzoni cantate da tutti. Insomma senza di loro, sicuramente non ci sarebbe stata la Biblioteca in questione.
I componenti del Quartetto Cetra erano davvero bravissimi. Spiritosi, creativi, moderni. Riuscirono a rendere allegre e divertenti opere tradizionalmente pesanti e polverose, spesso odiate dagli studenti che dovevano studiarle per forza, come ad esempio l’Odissea. Avrebbero voluto fare la parodia anche dei Promessi Sposi, anzi l’avevano già scritta tutta. Ma, all’ultimo, i dirigenti Rai non lo permisero perché, da lì a poco, sarebbe andato in onda lo sceneggiato serio girato da Sandro Bolchi, con protagonisti Nino Castelnuovo e Paola Pitagora.
Io allora sapevo poco del Quartetto Cetra. Sì, li avevo visti ogni tanto ospiti in qualche trasmissione, ma niente di più. Così iniziai a interrogare i miei genitori e a chiedere informazioni più dettagliate, visto che all’epoca Internet non era stato ancora inventato e quindi neanche Wikipedia. Venni così a sapere che quei quattro cantanti stavano insieme ormai da venticinque anni, più esattamente dal 1941, quando furono scritturati dall’Eiar, così si chiamava allora la Radio. Erano tutti ottimi musicisti. Virgilio suonava alla grande il pianoforte, studiato al Conservatorio, Tata il contrabbasso e Felice la chitarra e la batteria, mentre Lucia era la cantante solista. Il curioso nome del gruppo non fu preso in prestito da quello dell’etichetta della loro prima casa discografica, che si chiamava appunto Cetra, come molti pensavano, ma dal più banale strumento musicale a quattro corde. Durante la guerra Virgilio e Felice vennero richiamati alle armi, uscendone per fortuna sani e salvi, tanto che, subito dopo, l’attività riprese alla grande, con i concerti in giro per l’Italia e la partecipazione a numerose riviste musicali, dirette da Garinei & Giovannini. Le loro voci furono anche usate dal cinema, come ad esempio nel celebre Dumbo di Walt Disney e nel Mago di Oz. La loro canzone più nota è senz’altro Nella vecchia fattoria, cantata da generazioni di adulti e bambini, ma grande successo hanno ottenuto anche Vecchia America, Un bacio a mezzanotte, I ricordi della sera, In un palco della scala, Il pericolo numero uno, Concertino e moltissime altre ancora.
Da ragazzino mi piaceva soprattutto Un bacio a mezzanotte. Mi faceva pensare a tutte cose romantiche e poetiche e all’idea meravigliosa di quello che sarebbe stato, prima o poi, il mio primo bacio a una ragazza, ancora molto, ma molto di là da venire.
Perché piacevano tanto? È facile a dirsi. Piacevano perché, non solo erano bravi cantanti e musicisti, ma soprattutto erano sempre non solo al passo con i tempi, ma addirittura qualche metro più in là, pronti ad anticipare mode e correnti ancora da venire. Erano simpatici a tutti, modesti, umili, spiritosissimi. Prendevano in giro tutti e anche sé stessi. Così sono andati avanti per anni, quasi senza abbassare la propria popolarità, perfino nei periodi della contestazione giovanile, quando molti loro colleghi caddero nel dimenticatoio più assoluto. E invece loro sempre lì, nella varie edizioni dei varietà del sabato sera, inamovibili e amati, superando a testa alta gli anni Sessanta, i Settanta, gli Ottanta.
Il leader della formazione era senz’altro Virgilio Savona, compositore e arrangiatore della musica che accompagnava i testi scritti da Tata Giacobetti. Dalla loro collaborazione nacquero moltissime canzoni di successo. L’ultima ad andarsene è stata Lucia, poco tempo fa. Aveva quasi novantadue anni. Pochi anni prima aveva dato l’addio suo marito Virgilio, mentre Tata se n’era andato molto prima, nel 1988 e Felice nel 1990. Chissà se adesso il celebre quartetto si è riformato per riproporre magari qualche divertente parodia agli spettatori di lassù.