Fra la fine dell’Ottocento e la fine degli anni Venti del Novecento negli Stati Uniti nasce e si afferma rapidamente una produzione discografica esclusivamente rivolta alle diverse comunità di immigrati che in quegli anni raggiungono le Americhe. Si tratta di una produzione di enorme interesse scientifico che ha permesso di delineare i gusti musicali, le tendenze stilistiche, le problematiche socio-culturali della comunità italo-americana nei primi anni del Novecento e di documentare il processo di contaminazione e fusione dei repertori tradizionali a contatto con la cultura americana.
Tra il 1890 e il 1930, gli emigrati italiani produssero oltreoceano circa 7.500 documenti sonori tra genere operistico, canzone napoletana, musica da ballo e altre varietà strumentali.
La ricercatrice siciliana Giuliana Fugazzotto ha raccolto un archivio storico di dischi a 78 giri su tema dell'emigrazione tra i più autorevoli e preziosi al mondo con oltre 5 mila pezzi e ha studiato questi documenti musicali: un lungo lavoro di ricerca, confluito un volume-reportage dal titolo Ethnic Italian Records (Editoriale Documenta, 2015) prodotto dalla Biblioteca di Sardegna, le cui tracce sono state recentemente digitalizzate.
Ethnic Italian Records è stato presentato questa settimana negli Stati Uniti, con una conferenza all’Istituto Italiano di Cultura di Chicago. L'evento ha inaugurato la Settimana della lingua italiana.
Giuliana Fugazzotto con il console generale Adriano Monti
Prima dell’intervento di Fugazzotto, il console generale, Adriano Monti ha portato il saluto del ministro Gentiloni. “Il nostro viaggio nella musica dell’emigrazione italiana inizierà con uno dei brani vocali più conosciuti nel panorama sonoro italo-americano di tutti i tempi: la canzone Luna mezzomare (Luna in mezzo al mare) che il siciliano Paolo Citarella incide nel 1928 per la casa discografica Brunswick – ha spiegato la Fugazzotto – Il testo è un dialogo fra una mamma e la figlia in cerca di marito in cui si passa in rassegna una lunga serie di candidati dai diversi mestieri (macellaio, panettiere, calzolaio, giardiniere, pescivendolo)”.
I testi erano tutti nei vari dialetti delle comunità, o meglio si creò un nuovo linguaggio: l’americanese, un mix di vari dialetti, soprattutto del Sud, e parole in inglese spesso dialettizzate. “Ci troviamo di fronte a una serie di istantanee che ci mostrano, nel loro divenire, il processo di fusione e di commistione di stili e saperi cui la cultura italiana andò incontro e uno spaccato di vita del più importante movimento migratorio della nostra storia” ha detto ancora la ricercatrice spiegando poi gli elementi che favorirono questa viva produzione musicale negli States: “la presenza di comunità che richiedevano cultura della madrepatria, la maggiore disponibilità economica di quelle stesse comunità che potevano permettersi l’acquisto o il noleggio di grammofoni e dischi, la nascita in loco dell’industria discografica e la necessità per le case discografiche di trovare sempre nuovi bacini di utenza”.
I brani che sono stati fatti ascoltare a Chicago, tutti degli anni Venti, sono: Li fimmini cu lu lipstick di Leonardo Dia, Nofrio e la finta americana di Giovanni De Rosalia, E capille a bebè di Gennaro Amato .
Ecco un esempio di testo scritto appunto in americanese:
Nofrio e la finta americana
di Giovanni De Rosalia – Francesca Gaudio
Disco 78 rpm 10” Victor 72404 B (B 22911-2)
Registrato a New York l’11 giugno 1919
(Voce femminile) – Oh, sta passannu ddu picciottu ca mi talìa sempri. A mia mi piaci però mi vogghiu divettiri na ‘nticchia e faricci cridiri ca sugnu miricana. (Nofrio) – Ccà è dda bella ghella chi mi sta facendu scuagghiari comu na candila ddumata. Chi bedd’occhi chi avi, però è miricana e iu ‘a lingua miricana ‘un ‘a masticu tantu assai. Ntò n’annu ca sugnu ‘nta merica, si m’haiu ‘nsignatu quattoddici paroli, m’haiu ‘nsignatu assai. Abbasta, ora cci parru, e videmu si mi capisci. Alò!
| (Voce femminile)
(Nofrio)
|