Se si dovesse scegliere un testimonial per una campagna sul melting pot americano dopo quasi 250 anni di storia, Makonnen Sheran potrebbe essere uno dei candidati più autorevoli. Al momento è uno dei nuovi fenomeni hip hop più popolari degli Stati Uniti con illustri estimatori del calibro di Miley Cyrus e Drake.
Nato a Los Angeles nel 1989, il giovane Makonnen è erede di un incredibile mix di origini, afro-americane, indiane, irlandesi, belghe, beliziane, irlandesi, tedesche e cinesi per essere precisi. E il suo aspetto da classico ragazzino viziato, sbarbato e in carne, non nasconde quest’invidiabile eredità genetica. Il nome è invece di tradizione etiope, quello di Haile Selassie prima che cambiasse nome giunto al potere.
Sheran Nasce in una famiglia della working class più o meno povera. La mamma è un’estetista di lungo corso, la nonna è una cantante lirica ed è grazie a lei che il piccolo Makonnen si avvicina in qualche modo al mondo della musica, da giovanissimo. A tredici anni si trasferisce con la mamma ad Atlanta e inizia a suonare la tastiera. Gli inizi sono molto sfigati e amatoriali con lui ai suoni e ai beat e la mamma alla voce, anche perché il mondo del rap e dell’hip hop gli è ancora quasi del tutto estraneo. Frequenta la North Clayton High School, uno degli istituti più malfamati e problematici della Georgia, noto per violenze, sommosse e uno spaccio senza controllo.
Dallo sballo alla tragedia il passo è brevissimo quando uno dei suoi migliori amici muore il giorno dopo il conseguimento del diploma che dovrebbe aprire la strada di Makonnen a una carriera nell’Air Force. Un afterparty da strafatti, una pistola lasciata carica e un colpo che parte inavvertitamente lo ferisce alla testa. Si capisce subito che è stato un incidente, ma quando il ragazzo muore, Makonnen finisce in galera per quattro settimane prima del processo.
Finisce ai domiciliari dal 2008 alla fine del 2009 e, grazie a MySpace, ascolta tonnellate di musica. Nella reclusione in casa Makonnen mette le basi per il suo futuro nel mondo hip hop. Crea un blog che può gestire da casa, e inizia a fare interviste a distanza a personaggi del calibro di Lil B, Miguel o Tony Hsieh. Nel frattempo registra i suoi primi brani, ispirandosi anche a fenomeni del mondo indie rock, come i Bloc Party e The Killers. Si guadagna da vivere lavorando nel ristorante dello chef di Oprah Winfrey. Vorrebbe andare a vivere a New York, ma non può ovviamente lasciare lo Stato per via del regime di libertà vigilata cui è sottoposto fino al maggio del 2014.
La fortuna è che Atlanta continua a essere uno degli epicentri più caldi della scena hip hop a stelle e strisce con giovani e più affermati colleghi come Young Jeezy e Gucci Mane che finiscono per spostare Makonnen verso sonorità più black. Collabora con Mike Will Made It (influente producer che abbiamo conosciuto al fianco dei Rae Sremmurd) che nella primavera del 2014 lo manda a registrare insieme al producer Metro Boomin e poi Sonny Digital e 808 Mafia. A luglio arriva l’esordio su EP, iLoveMakonnen che diventa anche il suo nome d’arte molto autoreferenziale. Don’t Sell Molly No More e soprattutto Club Goin’ Up On A Tuesday diventano due tormentoni del web. La prima parla di problemi con la polizia ai tempi della scuola con un maxi sequestro di molly (slang per MDMA) che convince Makonnen e amici ad abbandonare la strada dello spaccio scolastico. L’altra è una di quelle canzoni ritmate e orecchiabili che si ficcano in testa senza uscirne più.
Alla popolarità contribuisce la dichiarazione d’amore artistica di Miley Cyrus che dedica un post su Instagram a iLoveMakonnen. Poi arriva Drake che si innamora del brano e ne chiede il remix. Rinuncia ai primi contratti proposti dalle major dichiarando pubblicamente di voler restare indipendente. Tuttavia a settembre arriva la proposta dalla OVO, l’etichetta di Drake distribuita dalla Warner Bros e Makonnen non riesce a dire di no. Tutti amano Makonnen.
ILoveMakonnen è su Facebook e su Twitter.