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January 5, 2015
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Quando Pino Daniele a New York duettò con John Turturro e poi incantò Harlem

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Pino Daniele con John Turturro il 5 giugno 2012 alla Casa Italiana della New York University

Pino Daniele con John Turturro il 5 giugno 2012 alla Casa Italiana della New York University

Time: 7 mins read

 

Pino Daniele, che ha fatto il pienone ieri (giovedì 7 giugno, 2012) al concerto nel leggendario teatro Apollo di Harlem, aveva raccolto un grande pubblico anche il giorno prima alla Casa Italiana Zerilli Marimò della New York University, dove ha ’duettato’ con l’attore regista italo americano John Turturro. 

La serata si è aperta infatti con uno spezzone del bellissimo film documentario ’Passione’, diretto proprio da Turturro: sulla canzone Napule é scorrevano immagini che hanno visibilmente commosso il pubblico, italoamericano e non. 

A condurre il duetto tra i due c’era Stefano Albertini, Direttore della Casa, insieme all’Editor-in-Chief di i-Italy.org Letizia Airos. Con i due artisti anche Massimo Gallotta, il geniale organizzatore dei concerti di Pino Daniele negli Usa – che dopo il concerto newyorkese di Harlem, continuerà il suo tour di presentazione del nuovo album, ’La Grande Madre’, anche a Boston e Washington DC. Albertini ha subito ricordato che la Casa Italiana della NYU è una istituzione che non organizza degli eventi, "ma mette insieme le persone, pensando che da questi incontri grandi cose possano avvenire”. E così è stato per Daniele e Turturro, che pur avendo collaborato a distanza per ’Passione’, si incontravano di persona per la prima volta proprio alla New York University. 

Airos ha quindi chiesto al musicista com’era nato il brano Napule é e a John Turturro perché avesse scelto proprio quella canzone per chiudere il suo film: “Avevo appena 21 anni” ha detto Daniele, “quando la scrissi. Sono stato fortunato, continuo ad ascoltarla come fosse ieri”. “Rappresenta un inno alla città di Napoli” ha aggiunto l’attore-regista e in un omaggio come il suo non poteva mancare.

Pino Daniele ha continuato raccontando quel suo stile jazz-blues con melodie napoletane. “Faceva parte di un progetto: già cantavo in napoletano perché credevo che fosse importante nella musica non dimenticare le radici. E con ‘La Grande Madre’ ho continuato a farlo. Sono stato e sempre resterò libero di seguire i miei sentimenti quando compongo e scrivo canzoni”. Specifica però che l’ispirazione gli arriva non solo da Napoli, ma dalla cultura di tutto il Sud Italia, inclusa la Sicilia: “Facciamo parte della stessa famiglia. Il Regno delle due Sicilie ha avuto uno storia comune, condividiamo gli stessi sapori e la stessa sensibilità. Così come siamo vicini al Nord Africa, agli arabi. La mia musica attinge da quelle radici comuni”.

Quindi ’La Grande Madre’ della canzone che da il titolo all’album, è appunto l’Africa? “Non è proprio l’Africa come territorio” spiega Daniele, “ma come cultura. I suoni del Sud d’Italia sono vicini a quelli dell”Africa. La Grande Madre è amche Lampedusa, Marsala, Catania e anche Ischia, Napoli, Amalfi… sono tutti ritmi che vengono dall’Africa. Quei suoni arabi che si sentono ancora in Sicilia…”. E a questo punto è Turturro a esclamare: “Ora capisco perché quando crescevo nel Queens, nel quartiere proprio dove è nato il rap, ero così a mio agio con quegli artisti afromanericani che si esibivano per strada. Il loro ritmo lo sentivo dentro”.

Dopo una grande risata del pubblico alle scuse di Daniele per il suo inglese, in realtà comprensibilissimo ("Con quest’accento, il mio più che americano è brookolyno!”) Albertini chiede a Turturro, padre pugliese e madre siciliana, da dove arriva la sua passione per Napoli: “È stato il grande Francesco Rosi a farmi innamorare della città. Quando ho recitato nel suo film ‘La Tregua’ mi parlava della letteratura, del teatro, della musica napoletana. E da quel momento non ho più smesso di amarla”. E quando John Turturro ha sentito per la prima volta la musica di Pino Daniele? “Sempre mentre giravo ‘La Tregua’ in Ucraina. Rosi mi fece ascoltare Terra mia”.

Ma quella di Daniele è sì musica napoletana, ma spesso sposata con l’uso di italiano e addirittura dell’inglese: “A Napoli abbiamo le basi militari americane e io da giovanissimo ero sempre nei locali vicino al porto dove gli americani ascoltavano la loro musica. Ecco che poi quel blues e quel jazz è diventata anche la mia musica”. Daniele ha ricordato la sua fortuna di annoverare tra gli amici, fin dall’inizio, grandi musicisti napoletani del calibro di James Senese (“l’afroamericano che parla solo napoletano”) e anche Enzo Avitabile, Tullio de Piscopo, Tony Esposito e tanti altri.

Ma è ovviamente soprattutto la città partenopea, ’Grande Madre’ ispiratrice di Pino: “Dobbiamo ricordare la tradizione secolare musicale in città, qui nasce il primo conservatorio in Italia… Senza la cultura non si va da nessuna parte. Anche se bisogna rispettarne le regole”.

Significativo allora che la prima canzone del nuovo album, intitolata ’Melodramma’: una dedica a Luciano Pavarotti, che nel libretto con tutti i testi delle canzoni e foto, appare accanto a Pino Daniele, immortalati durante un concerto. “La magia della lirica con il rock dei giorni nostri, un esperimento tra l’antico e il moderno: in realtà io sono così”. Gallotta ha ricordato come questo album nasce come produzione indipendente dello stesso cantautore, “insomma una operazione rischiosa e quindi anche molto coraggiosa”. "Con la musica devi fare quello che senti” replica l’interessato, “non ci può essere solo il business, i soldi”.

Ma c’è spazio anche per una reinterpretazione dello storico pezzo di Eric Clapton, ’Wonderful Tonight’: “Ci siamo conosciuti a Chicago, poi lui è venuto ad un concerto a Salerno. Subito una grande amicizia. E’ facile trovare l’intesa con grandi artisti come Eric”. Lo stesso rispetto rivolto agli altri grandi nomi della canzone napoletana, venuti prima di lui. Come Renato Carosone per esempio, che proprio Gullotta fece tornare a fare concerti dopo essersi ritirato perché, come ha raccontato, “mi diceva che non aveva il tempo perché doveva studiare 8 ore al giorno il pianoforte…”. “Carosone è stato anche un grande interprete e conoscitore di musica classica” ha ricordato Daniele. Così come Roberto Murolo, con cui ebbe occasione di collaborare. 

E, a proposito di culture locali, Daniele, pur essendo affascinato dalle nuove tecnologie, si preoccupa che le nuove generazioni, attraverso Internet, si stiano omologando troppo: “Oggi non importa se nasci a Napoli, Palermo, Parigi o New York, guardano e ascoltano tutti la stesse cose allo stesso momento e allora anche se ci sono i vantaggi, si rischia una cultura massificata, di perdere la particolarità delle proprie radici. Ma non bisogna dimenticare che ogni artista ha bisogno di attingere a una cultura propria. Anche se mi piace il moderno, con la musica torno alle mie radici”.

Alla volta del question time, è stato chiesto a Daniele se il suo cantare in napoletano fosse anche un modo per ’dissentire’ la cultura nordista e recuperare quella del Sud: “No, non è per dissentire. E’ per la musica” ha risposto candidamente Daniele. Abbiamo proposto noi a Turturro e Daniele di lavorare ancora insieme a New Orleans, con un documentario o magari un concerto in omaggio alle radici del jazz e del blues – che era nato anche col contributo della musica dei primi emigranti del Sud Italia arrivati in Louisiana. Il cantante sorride e l’attore si entusiasma: “great idea!”.

 

Questo articolo è stato originariamete pubblicato su L'INDRO l'8 giugno 2012

 


Il concerto "La Grande Madre" all'Apollo di Harlem (New York, 8 giugno, 2012)

Pino Daniele

Pino Daniele all’Apollo Theater di Harlem

NEW YORK. "Nel leggendario Apollo di Harlem la leggenda della musica italiana: Pinoooo Danieleeee!" Cosí una voce da spettacolo d'altri tempi ha annunciato giovedí sera l'inizio del concerto "sold out" del cantautore napoletano che a New York ha presentato il suo nuovo album "La Grande Madre". E l'eclettico Pino ha fatto ovviamente impazzire di gioia e di commozione il pubblico newyorchese d'Italia (ma erano in tanti anche gli americani "intenditori doc" tra i quali John Turturro) anche con i brani  dello sterminato repertorio di musica "blusnapoletanojazzrock" del grande Pino.

Inconfondibili quanto vari i pezzi cantati con quella voce cosí piena di storia della musica, che con Daniele non si definisce con un genere ma con l'universalitá di chi fa arte. Ad accompagnare Daniele musicisti internazionali di altissimo piano, come Omar Hakim (batteria) Rachel Z (piano) Gianluca Podio (tastiere) Solomon Dorsey (basso).

Alternanza di pezzi tra quelli appena incisi  su "La grande Madre", fino a quelli dei leggendari primi album "Terra Mia", "Pino Daniele", "Nero a Metá", "Vai mó". Tra le piú applaudite del nuovo Daniele "Melodramma", "Due scarpe" e ovviamente alla fine "La Grande Madre" che dá il titolo al nuovo cd autoprodotto dal cantautore napoletano. Tra i brani storici é arrivata subito "Napule é",  e poi "Io per lei", "A me piace o blues"; "Yes I know my way", e poi tutti a cantare "non me scassate o c…." per una versione molto blus di "Je so pazzo". Alla fine ci é mancata "Terra mia", che sarebbe stata perfetta cantata da Pino subito dopo "La Grande Madre". Ma dopo quel bis, l'Apollo ha calato il sipario tra gli applausi innamorati di un artista che ha regalato al pubblico una leggendaria serata in un leggendario teatro ad Harlem.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su America Oggi.

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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