A soli 19 anni Shamir Bailey, da abbreviare più semplicemente in Shamir, non ha ancora un disco all’attivo ma, con un pugno di singoli travolgenti, ha scosso la scena indipendente americana.
Si definisce un insaziabile onnivoro della musica, è attratto dal mondo dalla musica in tenerissima età. Ha spiegato nelle sue prime interviste di essere stato influenzato dalla figura della zia, ignota cantautrice di Las Vegas, città in cui il quasi ventenne ufficialmente risiede. Cresce in un noioso sobborgo della metropoli del Nevada in una famiglia di origine e tradizione musulmana. Ha raccontato come, quando era piccolo, sulla sua TV ci fosse sempre il leader della Nation of Islam, Louis Farrakhan. Grazie alla mamma che gli regala un Epiphone e un Guitar for Dummies (guida alla chitarra per scemi) prova a diventare un chitarrista.
Inizia a farsi strada, però, come cantante un po’ improvvisato ai tempi del liceo. Il suo timbro di voce è un falsetto congenito, non proprio un biglietto da visita dei più invitanti. La leggenda narra che sia una tracheite a convincere Shamir a insistere come vocalist. Dopo aver perso la voce per quasi venti giorni e, ingenuamente, la speranza di tornare a essere un cantante in erba, si convince, superata la patologia, di aver assunto un timbro di voce più basso. Non erano in pochi a prenderlo in giro per quella voce vagamente effeminata, da stralunata cantante funky d’altri tempi. Fatto sta che il dono della tracheite, o più verosimilmente il testosterone e il superamento dell’età adolescenziale, riesce a convincere Shamir. Mette insieme un eccentrico duo di pop elettronico da cameretta, gli Anorexia che riescono, giovanissimi, a guadagnare la convocazione per alcuni showcase al prestigioso SXSW di Austin, Texas. Non è un lavoro vero, la sua occupazione con cui sbarca il lunario è fare il commesso in un negozio di Topshop, dove tuttora è impiegato.
L’ottobre del 2013 arriva la svolta quando decide di scrivere a Nick Sylvester, redattore di Pitchfork e fondatore della label elettronica di Williamsburg Godmode, dopo aver letto una sua recensione di una traccia degli Yvette, duo industrial di Brooklyn. I demo di Shamir convincono Sylvester e i due registrano a gennaio due brani, If It Wasn’t True e I’ll Never Be Able To Love. Due tracce dal mood opposto. La prima è un’incalzante brano dance dalle influenze funk di chiara impronta LCD Soundsystem, la band che ha riscritto con l’eticetta DFA la storia della scena elettronica newyorchese post-Undici Settembre. La seconda è una ballad strappalacrime di derivazione soul in cui Shamir strizza l’occhio alle eredi di Nina Simone e sembra immedesimarsi nel Michael Jackson degli esordi nei Jackson 5. Il timbro leggero e androgino di Shamir grazie a melodie molto accattivanti si stampa subito in testa, l’accompagnamento elettronico è molto semplice, poco elaborato, ma fa muovere immediatamente la testa. A inizio giugno arriva l’EP Northtown, dal nome della sua zona d’origine tra i sobborghi di Las Vegas. L’album è distribuito proprio dalla Godmode che contribuisce in breve tempo a far girare il nome di Shamir nei circuiti che contano.
Oltre ai due brani già noti al pubblico più attento di internet, include nella sua prima raccolta ufficiale I Know It's a Good Thing altro brano uptempo dal micidiale potenziale dancefloor, la frizzante traccia Sometimes a Man e un’improbabile cover di una cantante country, tale Lindi Ortega. Irriverente e improbabile, a partire dal suo outfit e dalla sua acconciatura discutibile quanto esuberante, Shamir guadagna fan nel web giorno dopo giorno. A ciò contribuisce il suo profilo twitter che gestisce in maniera scanzonata e nonsense sulla scia di molti suoi colleghi del panorama hip hop.
Se musicalmente si dice ispirato a Beck e al duo indie canadese Tegan & Sara, sul profilo twitter si autodefinisce “musician, comedian, singer, rapper, twerker, chef, writer, filmmaker, tumblr, skinny fat ass”. Shamir, al lavoro per l’uscita del primo LP, ha veramente tutte le carte in regola per diventare un altro dei chiacchieratissimi personaggi pop della scena nordamericana.
Shamir è su Facebook oltre che su Twitter.