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September 28, 2014
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L’italiano che seduce

Riccardo GiumellibyRiccardo Giumelli
Gloria Swanson e Rodolfo Valentino in L'età di amare

Gloria Swanson e Rodolfo Valentino in L'età di amare

Time: 3 mins read

 

Adesso non ci sono più scuse. C’è un motivo in più per imparare la lingua italiana. E che motivo! Secondo un sondaggio lanciato dalla CNN a persone di nazionalità diverse, l’italiano è la lingua più sexy del mondo. Prima del francese e dello spagnolo, rispettivamente al secondo e terzo posto. 

La motivazione è: "Suona come un sassofono Ferrari. E’ naturale, non filtrata ed è la lingua di Monica Bellucci e Alessandro Del Piero"; "L’accento italiano è un orgasmo di vocali che riflette lo spettro dell’esperienza italica: il fuoco dei suoi inizi bellicosi, il romanticismo del Rinascimento, la disfunzione di qualcosa simile a un governo dai tempi di Cesare". 

Sono sincero, alcune di queste metafore non mi sono chiare. Non lo è il sassofono Ferrari e neanche “la disfunzione di qualcosa di simile a un governo dai tempi di Cesare”. In ogni caso più chiaro è l’orgasmo delle vocali e il rimando a quell’ardore storico degli inizi e alla dolcezza rinascimentale. Un bel potpourri che mescola lingua e cultura. Quella che viene chiamata, e a noi piace molto, l’esperienza italica, cioè un’esperienza pre-italiana e che per noi diviene tale, cioè italica anche perché post-italiana.

In ogni caso il verbo della seduzione è italiano. Ci piace pensare, tuttavia, ad una seduzione linguistica che non si limiti a quella tra generi. La foto mostrata dalla CNN è, a tal proposito, quella di un bel ragazzo, che rimanda ad un'idea di seduzione amorosa. Una lingua in grado di affascinare può avere effetti altrettanto interessanti anche in altri ambiti. Si pensi ad una lezione, ad un discorso in pubblico, ad un film in italiano, ad una rappresentazione teatrale, ad un'opera. L’italiano, quindi, come lingua capace di trasmettere emozioni attraverso i suoi suoni. Suoni morbidi, ma a volte più duri e forti in grado di accendere passioni, di svegliare l’attenzione con la b decisa, o di ingannarla  con la g dolce.  Più che un sassofono, la lingua italiana mi ricorda un violino, una corda tesa toccata con leggerezza dalla quale escono suoni come gocce di miele, forti e dolcissime. 

Suoni che non possono essere tali, nei loro effetti seducenti, se non accompagnati, spesso inconsciamente o meno, da immagini, sensazioni, ricordi. C’è una cultura di fondo che l’italiano richiama nella mente di chi ascolta. Bellezza, arte, dolci colline, il mare, l’abbraccio come naturale contatto, ma anche personaggi che incarnano tutto questo: Rodolfo Valentino, Marcello Mastroianni o Sofia Loren – che pochi giorni fa ha compiuto ottanta anni – e Claudia Cardinale, per citarne alcuni. Si dice, senza neanche troppa presunzione, che in Italia, in particolare a Firenze, si trovino i due massimi esempi universali di bellezza maschile e femminile: il David di Michelangelo e la Venere del Botticelli. Di bellezza ne abbiamo parlato qualche tempo fa.

Non bisogna dimenticare che dell’italiano esistono tanti accenti, provenienti dai vari dialetti locali. Ognuno di loro suscita alcune idee legate alla città o alla regione di appartenenza. L’italiano-milanese evoca pragmatismo, l’essere diretto ma scrupoloso, è, cioè, la lingua degli affari. L’italiano-emiliano è invece quello dell’affabilità, della simpatia, sembra sempre accompagnato da un sorriso e da una tavola imbandita. L’italiano-toscano, invece, non c’è. E’ esso stesso italiano, e magari pecca di presunzione ma senza essere, a mio avviso, arrogante. Si accompagna da uno spiccato senso d’ironia e un gusto per la battuta ineguagliabile. C’è tuttavia quella c dura che spesso sparisce e che è motivo di immediata imitazione da parte di chi toscano non è: “la hoca hola hon la hannuccia”. E poi c’è l’italiano-romano che richiama la battuta, la pacca sulla spalla, lo scherno, ma anche l’idea di centro, del potere. Poi l’italiano-napoletano, scanzonato, allegro, furbo, spesso accompagnato dal linguaggio non verbale o ancora quello siciliano, esplosivo ma al tempo stesso trattenuto, aperto e attento, capace di abbracciarti con affetto ma per farti suo.

Non me ne voglia chi non ha visto il suo dialetto citato, sono solo alcuni esempi che mostrano, seppur nella loro semplificazione e magari con qualche stereotipo, il rapporto tra quello che una lingua evoca ed il suo contesto culturale.

A questo punto possiamo sostenere che chi vuole diventare più sexy, oltre a rivolgersi ad un centro estetico o fitness, può imparare la lingua italiana. Può darsi che non riuscirà mai ad avere un vero accento italiano, magari italico, cioè mescolato, ma siamo certi, a questo punto, che eleverà il suo livello di seduzione.

 

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Riccardo Giumelli

Riccardo Giumelli

Un aforisma che più di altri mi rappresenta è quanto scrisse Machiavelli, citando Boccaccio: “che gli è meglio fare e pentirsi, che non fare e pentirsi”. Come loro sono toscano, animo inquieto in cerca di porti per approdare e ripartire. Dopo gli studi in Scienze politiche, ho iniziato ad amare i libri, fare ricerca e scrivere, al punto da rimanere nell’Università, prima Firenze poi Trento. A Dijon e poi a Parigi, ho lavorato alla Camera di Commercio italiana e all’OCSE. Tornato in Italia, sono approdato a Verona, dove faccio ricerca e insegno. Intanto un matrimonio e due splendide gemelline. Mi occupo di sociologia, cultura e comunicazione. Tra tanti nuovi inizi e altrettanti epiloghi, una costante: ho sempre tifato Inter. Infatti soffro di stomaco.

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