Incontro Fabrizio Sotti nel suo studio di registrazione a Manhattan. L'incredibile talento italiano, originario di Abano Terme e ormai naturalizzato americano, che ha conquistato la Grande Mela grazie anche a collaborazioni che lo hanno imposto come uno dei chitarristi jazz e produttori più poliedrici e dinamici della scena musicale americana, può elencare nella sua carriera progetti con Jennifer Lopez, Zucchero, Cassandra Wilson, Whitney Houston, Mino Cinelu, Shaggy, ICE-T, M1 (Dead Prez) e tanti altri. Ma Sotti è un produttore particolare, perché è anche, e soprattutto, un musicista. Nel 2013 ha presentato il suo ultimo album, Right Now, che “ospita” numerosi artisti che rappresentano diverse tipologie musicali. È questa, infatti, la peculiarità di Fabrizio Sottim quella di sapersi muovere tra i generi, senza mai lasciarsene ingabbiare. Il 4 giugno suonerà all'interno del Blue Note Festival dove, insieme a lui, saliranno sul palco Melanie Fiona vincitrice di due Grammy Awards, Algebra Blessett, M1 di Dead Prez, Res, Claudia Acuna e Alberto Pizzo. E chissà che non ci siano altre sorprese.
Nella nostra chiacchierata, mi ha raccontato del suo più recente lavoro, della sua evoluzione musicale, dei prossimi progetti e del rapporto con l'America.
Fabrizio, come sei riuscito a raggiungere i tuoi traguardi ed il successo in America?
Arrivai per la prima volta negli Stati Uniti ancora adolescente. Avevo 16 anni ed ero focalizzato principalmente nello studio della musica jazz e della chitarra, mio strumento. In quegli anni ho avuto l’opportunità incontrare grandi musicisti quali Steve La Spina, Al Foster, Randy Brecker e John Patitucci con i quali ho avuto la fortuna di suonare. Queste esperienze mi hanno aiutato molto durante il percorso formativo come musicista. E' stato solo dopo l'esperinza da strumentintista che ho avvertito l’esigenza di capire anche il mondo della produzione e così che nel 1999 ho fondato la mia etichetta Sotti Records. Questa etichetta nacque in un one bedroom apartment su 138th Street ad Harlem ed è da allora che mi dedico alla carriera di chitarrista jazz e di produttore con stessa dedizione e tenacia. Il segreto per raggiungere il successo in qualsiasi campo è quello di non smettere mai di credere nel proprio sogno rimanendo sempre onesti con se stessi. Inoltre, debbo dirlo, la cosa bella dell’America è che in questo paese la meritocrazia esiste!
Parlaci della tua ultima creazione musicale.
É la prima volta che faccio un album dove il mio nome emerge come musicista jazzista perché essendo io anche produttore, autore-compositore, ho sempre tenuto volontariamente separati i campi senza mai mischiare le mie varie identità. Il musicista é sempre stato ben separato dal produttore e invece in questo album accade tutto il contrario. In Right Now si fondono tutte le identità sviluppatesi in questi anni di carriera, e, per la prima volta gli artisti coinvolti sono entrati in quella dimensione musicale che più mi corrisponde, ovvero, quella del jazz acustico. In questa produzione i generi musicali si sono fusi e contaminati creando quasi un progetto alla Herbie Hancock. Questo lavoro rappresenta un coronamento nel percorso della mia vita musicale.
Cosa caratterizza particolarmente questo album?
Il tipo di collaborazione. Solitamente gli artisti che partecipano all'album non entrano mai in relazione con la dimensione jazzistica. Questa é una caratteristica del mondo della musica. Pochissimi musicisti mescolano i generi musicali come invece fece eccezionalmente Zucchero che collaborò con Miles Davis quando io ero ancora un ragazzino. Dopo Miles, l'unico altro jazzista con cui Zucchero ha collaborato son io e questo per me é davvero un grandissimo onore.
Cosa ti proponi di offrire al pubblico con questa tua ultima produzione?
Contaminazioni tra i diversi generi musicali. Anche i concerti saranno ricchi di presenze artistiche differenziate nella varietà musicale, dove la contaminazione sarà caratterizzante, soprattutto perché gli esecutori rappresentano generi ben diversi e definiti rispetto al brano che eseguono.
Qual è il tuo rapporto con la musica italiana?
Dopo venti anni mi ritrovo ora a recuperare il rapporto con la musica l'Italia. Quando venni qui, fuggivo da tutto ciò che fosse italiano rifiutando qualsiasi cosa che mi riconducesse all'Italia, semplicemente perché non mi corrispondeva la mentalità. Così si sono determinate le scelte fatte e il lavoro compiuto in questi anni. Ad oggi, sorprendentemente mi ritrovo a tornare alle origini e sento l'Italia davvero molto più vicina. Questo mio recuperare l'Italia lo si vede negli ultimi progetti musicali con gli artisti italiani, cosa totalmente nuova per me e mai realizzata in questi venti anni d'America. Anche se sono cittadino americano, amo profondamente l'Italia e son orgoglioso di essere italiano.
E quali collaborazioni hai avuto e hai con artisti italiani?
Da ragazzino in Italia collaboravo con Leandro Barsotti, suonavo con Lucio Dalla avevo anche un gruppo jazz con Ares Tavolazzi e Mauro Beggio, musicisti che rispetto moltissimo. Attualmente collaboro con musicisti come Alberto Pizzo talentuoso pianista napoletano, Zucchero e con questa giovane bravissima cantante, Ilaria Ceccarelli di raro talento. Sentirete a breve parlare di lei. Ve lo posso assicurare. Questo ultimo progetto mi sta particolarmente a cuore essendo la prima volta che produco una cantante che canta in italiano. Per me é incedibile quasi non ci credo!
In questo periodo stai promuovendo il tuo ultimo disco. Progetti qui a New York?
Presenterò Right Now all'Highline Ballroom, all'interno del Blue Note Jazz Festival, il 4 giugno 2014. Sul palco ci sarà anche M-1 dei Dead Prez che si esibirà live avendo registrato anche l'album.
Cosa rappresenta riuscire ad esibirsi sul paco del Blue Note?
Il Blue Note rappresenta il tempio del jazz anche se a dire il vero ci son locali molto più antichi e famosi, ma nell'immaginario collettivo é il Blue Note che rappresenta il traguardo ed il tempio del jazz a New York e quindi nel mondo. Ci suono ormai costantemente almeno una o due volte l'anno percependolo come fosse una seconda casa. Tutti i miei progetti musicali vengono presentati qui.
Come definiresti te stesso come artista?
Nasco come pianista classico. A dieci anni son passato alla chitarra ed ho iniziato ad ascoltare musica jazz con Miles Davis, Wes Montgomery ed altri per poi cambiare genere arrivando anche a Jimmy Hendrix. Io sono un chitarrista jazz che ad un certo punto del percorso artistico ha avuto la curiosità di sperimentare con la produzione musicale. Tale curiosità mi ha portato a divenire anche imprenditore infatti ho creato una casa discografica che per altro ho venduto nel 2007. Per me la musica si divide necessariamente in due tipi: quella buona e quella cattiva. Non sarei mai potuto rimanere all'interno di un solo genere in quanto lo percepivo come una limitazione. Essere divenuto un produttore mi ha necessariamente obbligato ad allargare la visone dell'insieme e penso che questo aspetto giovi moltissimo al musicista che è in me. Mi obbliga a superare i limiti imposti dal genere musicale.
Degna di nota é certamente la tua collaborazione con i Dead Prez, duo hip-hop formato da i due rapper e attivisti Stic.Man e M-1, nato nel 1996 a New York. Ce ne vuoi parlare?
Collaboro con i Dead Prez da moltissimi anni ormai. Questo gruppo rappresenta la storia dell'hip-hop mondiale. Il disco é in lavorazione e son previste collaborazioni con ,Will.i.am, con Estell e tanti altri. Nell' hop-hop il produttore crea la base musicale sulla quale gli artisti poi cantano. IO in queste produzioni suono chitarra, basso, batteria e programmo il tutto. Questo il concetto ed il ruolo del produttore nell'hip-hop non inteso come la persona che ha la supervisione del lavoro bensì come colui che crea. Siamo in attesa dell'uscita del singolo per la prossima estate e poi l'album a settembre 2014
Parlaci del tuo rapporto con l'America
Nell'immaginario comune l'America rappresenta il sogno e le grandi opportunità, ma a dire il vero il sogno corrisponde anche alla realtà. Diversamente che in Italia, qui in America le idee che valgono hanno grande valore ed attraverso di esse puoi raggiungere grandi obbiettivi ed il riconoscimento é garantito. Non dico che sia facile né semplice, ma certamente é possibile. In America ho trovato vera libertà d'espressione. Probabilmente, visto che qui ci si confronta con tutte le culture e le religioni del mondo, automaticamente si é obbligati al rispetto delle diversità e alla tutela del diritto d'espressione.
Cosa offre l'America?
Una società come questa offre la possibilità di farsi spazio e di poter vivere la vita a modo proprio, senza doversi per forza omologare al modello imposto. Naturalmente anche qui ci son delle regole che vanno seguite e anche in modo ferreo. Bisogna pagare le tasse, seguire le regole imposte dalla società civile. Ma al di là di questo, davvero puoi vivere la tua vita per come meglio ti corrisponde.
Quando torni in Europa, invece, come ti senti?
Quando vado in Europa ritrovo quell'ingessamento e quella rigidità tipica della società europea, naturalmente tutte queste differenze hanno origine nel rapporto millenario con la storia e con le mille implicazioni che questo produce. Ho anche notato che il rapporto con l'America rende incredibilmente più accessibile l'Europa. Essendo all'estero ti contamini e ti deformi e questo ti rende più appetibile agli occhi degli altri e quindi più richiesto dal mercato. L' America mi ha veramente regalato un sogno. Questo lo devo riconoscere.