Il 64° Festival di Sanremo è iniziato da pochi minuti. Al centro del palco dell’Ariston Fabio Fazio si appresta a leggere il suo primo monologo sulla bellezza, filo conduttore di tutta la kermesse. Alle sue spalle la foto del treno deragliato ad Andora. Ma in sala si alzano le urla. Non microfonate, improvvise e improvvisate. Il regista non ha il tempo di capire da dove provengano che tutti pensano: “Eccolo: è Grillo”. Il leader del Movimento 5 stelle infatti in platea c’è, ma dopo aver improvvisato un comizio fuori dal teatro prima dell’inizio della serata di apertura, ora se ne sta buono buono e non fiata.
Le urla arrivano dall’alto. “Fazio smettila, smettila subito! Basta! Noi non riusciamo neanche più a mangiare”. In certi momenti sembra che le grida diventino un pianto tanto sono concitate. Poi si accendono le luci ed emergono due uomini che, arrivati fino alla parte più alta del lato sinistro del palco, minacciano di buttarsi di sotto. Il pensiero corre subito al 1995, quando toccò a Pippo Baudo dissuadere l’uomo che voleva farla finita in eurovisione. Fazio ha lo stesso sangue freddo ma non lo stesso pathos. Li implora di scendere, di mettersi in sicurezza ma serviranno diversi minuti – che nei meccanismi televisivi sembrano un’eternità – per riportare tutto sotto controllo.
Il monologo vira sulla crisi, entrata non poi così di soppiatto nello spettacolo più visto e commentato dagli italiani. “La crisi è una priorità – spiega il conduttore – Per questi lavoratori di Pompei, Napoli e Caserta è davvero dura, hanno problemi di lavoro e reclamano il diritto alla loro dignità. Ma allora che facciamo? Molliamo? No”. Un messaggio che, anche se improvvisato, funziona, e riporta la kermesse alla normalità. Ci pensa Ligabue ad inaugurare la pagina musicale con un omaggio a Fabrizio De André.
E fino a qui tutto bene, il “Roof” dell’Ariston, ovvero la sala stampa dove qualche centinaia di giornalisti si affannano di fronte ai computer per stilare le pagelle, ha potuto dormire in santa pace. Ma è quando arriva Arisa che inizia la sfida. La fibrillazione è nell’aria. I gusti e i voti dei giornalisti sull’andamento del Festival influiscono un buon 50 per cento. Il resto spetta alla giuria demoscopica. Ma San Televoto non può sapere ciò che tra le vie di Sanremo serpeggia già da qualche ora. I giornalisti tra di loro si sono già influenzati: avendo potuto ascoltare le prove generali, si sono già fatti un’idea di cosa voteranno. Ne parlano tra i corridoi, in ascensore, ognuno sostiene la sua scelta ma è anche pronto a limarla se il collega più autorevole espone le sue idee con più forza.
La trafila per accedere al voto viene regolamentata dalla Rai: ci si iscrive con il proprio pass in una lista cartacea e ci viene dato un badge con un numero che servirà per ritirare il telecomandino nel pomeriggio. Semplice la procedura, semplice il come votare. Le canzoni che ogni big porta in gara sono due con diversi autori, il voto determina quale delle due potrà proseguire, l’idea più innovativa introdotta dalla produzione Fazio. Si arriva in sala Roof anche all’ultimo, basta accedere prima di Arisa, ovvero la prima in gara.
Gli aspetti buffi non mancano: in tempi di totale tecnologia ad avvisare che è giunto il tempo del voto c’è prima un altoparlante poi una simpatica hostess con un cartello che reca la scritta “Voto”, utile solo ai non udenti, ammesso ce ne siano, visto che prima Fazio apre il voto, poi Luciana Littizzetto lo ricorda, poi arriva l’altoparlante e dulcis in fundo il cartello. I giornalisti sono tutti concordi e ciò che votano passa il turno. Arisa è una delle favorite secondo i bookmakers e infatti la sua Controvento ricorda la tradizione sanremese del bel canto. Forse uno dei più bei brani in gara che rischia effettivamente la vittoria. Frankie Hi-NRG porta l’hip hop a Sanremo, facendo l’occhiolino al pubblico più giovane. La sua Pedala ha un bel testo, anche se forse una struttura del brano un po’ debole. E mentre la sala stampa addirittura si lascia andare con balli collettivi e mani al cielo arriva Laetitia Casta, superospite della serata. Il siparietto con i conduttori arriva a sfiorare il trash: far cantare la Casta nel tempio della musica italiana è come mangiare cracker confezionati ad un banchetto di matrimonio. Ci si può distrarre per una ventina di minuti, con picchi di kitch da chiedersi se siano voluti o meno. Uno tra tutti, Laetitia che canta Ma dove vai se la banana non ce l’hai con dietro guarda caso un ballerino coloured alto un metro e novanta.
Si torna alla gara con Antonella Ruggiero, una grande voce con tanta estensione e tecnica che però più in là non arriva. I due brani infatti si assomigliano tra loro e si vota Da lontano forse perché resta un po’ di più in mente, pur essendo comunque discograficamente invendibile. Occhi incollati al maxi schermo quando arrivano Raphael Gualazzi e Sir Bob Rifo dei Bloody Beetroos. Il primo con la passione per il soul, il secondo una vera e propria star internazionale della musica elettronica, curiosamente mascherato e passato troppo in sordina in Italia. Il loro binomio targato Caterina Caselli incuriosisce e appassiona soprattutto gli addetti ai lavori. Prosegue la corsa Liberi o no, dove la parte elettronica emerge un po’ di più, nonostante il coro gospel alle spalle e la voce di Raphael che pur non essendo perfetta sa emozionare.
La maschera di Sir Bob è così glitter da fare invidia a Raffaella Carrà. E infatti eccola la Raffa nazionale, sale sul palco dopo che tutto il giorno non si è fatta vedere. La sua esibizione alla Lady Gaga lascia soddisfatti i suoi tantissimi fan, gli applausi scrosciano e forse mettono in ombra i conduttori che hanno ancora tanto da imparare dalla signora della TV italiana.
Il primo applauso a metà brano arriva per Cristiano De André e contagia anche la sala stampa, un gesto che se dovesse proseguire di serata in serata potrebbe fungere da termometro. Che sia finalmente il suo anno con Il cielo è vuoto? Sarebbe di certo una sorpresa ma per la prima volta nella sua carriera sarebbe anche meritata. Mi sciolgo quando arrivano i Perturbazione, confesso che a cantare, ballare e lasciarmi andare a gesti degni di ridurre il cartellino dell’Ordine dei Giornalisti in tanti piccoli coriandoli ora sono io. Ma L’unica è un brano perfetto: radiofonica, fresca al punto giusto, con una voce alla Mario Venuti e uno stile alla soft Subsonica. Le scene di quando L’unica passa il turno sbaragliando la seconda opzione con il 74 per cento è meglio ve le risparmi.
Altro ospite internazionale, Cat Stevens, si porta a casa una standing ovation cantando la “gigiona” All you need is love prima e Father & Son poi, un momento emozionante senza fronzoli che conquista tutti. E non manca chi canta il brano con il testo stampato in mano, quasi come in un grande karaoke comunitario. Si chiude con Giusy Ferreri, il vero giallo del Festival, del tutto afona ieri tanto da saltare le prove, dopo che aveva trovatoaltre mille scuse le due volte che nell’ultimo mese le è stato chiesto di far ascoltare i suoi due pezzi. Un’aura di mistero che però non le giova, per tutti infatti i due brani sono assolutamente nuovi e si sa che ad un primo ascolto si rischia di non essere poi così oggettivi, vittime della sbavatura nelle note, che alla Ferreri purtroppo non mancano. Nonostante tutto Ti porto a cena con me suona bene e passa il turno.
Buonanotte e sogni d’oro saluta Luciana Littizzetto in chiusura di serata. E mai augurio fu più appropriato: sono passati 50 minuti dalla mezzanotte quando cala il sipario. Il Festival avrà anche 64 anni ma ha ancora tanta voglia di fare le ore piccole.