Ha 20 anni, viene dal South Side di Chicago, ma a differenza di molti suoi coetanei non ha una storia tempestosa di disagio e violenze da strada. Di famiglia per bene (madre nell’ufficio del Dipartimento della Giustizia dell’Illinois e padre direttore regionale del Dipartimento del Lavoro dello Stato) ha frequentato il Jones College Prep nel cuore della città ed è stato tirocinante nella prima campagna presidenziale di Obama. Il massimo della trasgressione Chancellor Bennett l’ha raggiunto nel suo senior year quando è stato sospeso per alcuni giorni, dopo esser stato beccato in flagrante a fumare erba. È il 2012 e appena diciottenne intraprende la sua carriera di rapper, con un lavoro promettente benché acerbo, il mixtape 10 Day. Immergendosi nel mondo hip hop cerca di differenziarsi da quei fighetti bianchi che frequentano il suo college, come ha dichiarato nelle sue prime uscite pubbliche. Chance è un ragazzo normale, a soli vent’anni ha già collaborato con Rapsody, Lil Wayne, James Blake, Vic Mensa e in questi giorni è comparso come guest persino in un brano di Justin Bieber.
Nonostante il cammino in ascesa, tuttora non disdegna l’erba e l’alcol e su questi hobby ci gioca su nei suoi testi con le sue metriche molto lineari ed essenziali. Il timbro di voce molto ingenuo e adolescenziale può infastidire al primo ascolto, per l’uso e abuso di allitterazioni e giochi di parole di facile presa. Il brano, con tanto di video, che lo lancia nella primavera del 2013, non a caso si intitola Chance Does Acid in Mexico (Chance si fa di acidi in Messico) e di certo non avrà reso i suoi genitori fieri del figlio.
https://youtube.com/watch?v=GoWL9JkBhKA
Eppure grazie al suo secondo mixtape uscito quest’anno, Acid Rap, è arrivata l’imprevedibile esplosione con le convocazioni come performer di supporto alle tournée americane di Kendrick Lamar e addirittura di Eminem. Rolling Stone, The Guardian, la BBC e tutti i principali blog indie, l’hanno segnalato nei classici listoni di fine anno come uno degli astri nascenti più validi della scena internazionale.
In Acid Rap le sue contaminazioni si sono fatte più cupe nonostante quel tono di voce nasale e morbido, gli spunti esistenziali restano gli stessi. In Smoke Again parla di un passato recente fatto di consumo di sigarette bagnate con sostanze non convenzionali. Juice, un altro dei brani che l’hanno lanciato sotto i riflettori, ha attratto le attenzioni di etichette come la Shady Records pronte a offrire contratti multimilionari per il debutto ufficiale di Chance, che a oggi ha realizzato solo dei mixtape autoprodotti. Il pezzo è uno dei pochi con riferimenti autobiografici di vera vita da strada e parla dell’uccisione del suo amico Rodney durante una rissa a Chicago.
E lo scioccante episodio è implicitamente descritto come uno dei motivi che avrebbero indotto Chance al rifugio nel mondo delle droghe lisergiche. Da molti accomunato a un altro giovane talento ormai sbocciato, Kendrick Lamar, gli addetti ai lavori intravedono in lui delle potenzialità da Eminem più affabile e rassicurante. È indubbia la capacità di Chance di scrivere brani di un’immediatezza e di un impatto disarmante, come Pusha Man e Cocoa Butter Kisses che si piantano in testa, subito, al primo ascolto. La strada è in discesa, il suo destino artistico sembra ormai dipendere solo da lui. E dagli acidi.