Un gran bel giro del Vecchio Mondo, all’insegna del cantare bello in ogni nota e parola, quello al quale Renée Fleming ci ha guidato lo scorso weekend all’NJPAC di Newark, con tappe un po’ ovunque nella lirica d’Oltralpe, dalla Francia di Ravel e Gounod, alla ex Cecoslovacchia di Dvorák, dalla “Mittel Europa” di Johann Strauss Jr. e Lehár al Bel Paese di Leoncavallo e Puccini (con un po’ anche della “Forza” musicale di Verdi, riservato quest’ultimo solo all’NJSO diretta da Jacques Lacombe).
La Fleming ha messo in mostra la variabilità di una voce a proprio agio nei diversi repertori, anche se ha mostrato d’essere più in confidenza con la «Rusalka» di Dvorák che l’ha riportata emotivamente nella terra dei suoi avi. La sua “Canzone alla luna” è stata sublime; è pagina poetica e coinvolgente, al soprano americano assai aderente, anche emotivamente.
Bene anche (pur se con toni a tratti un po’ metallici) nel poema “Shéhérazade” con cui Ravel ci ha portati in un Oriente pittorico, favoloso e passionale a in tempo. Interessante poi la proposizione insieme di pagine delle due «Bohème», di Leoncavallo e di Puccini; non tanto per la sentimentalità delle situazioni ma per un confronto fra le due opere che, uscite contemporaneamente, han poi seguito vie diverse e successi differenti. Buona la compagnia che le ha fatto Lacombe e la sua NJSO, impeccabile nell’Overture verdiana e nella “Slovanic Dance 46" dello stesso Dvorák. La simbiosi poetica delle due parti, la Fleming da un lato e l’ensemble orchestrale dall’altro, ha raggiunto il suo culmine nel “Vissi d’arte” che passa idealmente le consegne alla «Tosca» che la stessa NJSO porterà alla Prudential Hall dell’NJPAC il 12 p.v.; collaborerà con loro anche l’Opera New Jersey (1-800-ALLEGRO, oppure 1-888- GO-NJPAC).
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A sinistra il soprano Renèe Fleming
La Fleming, nel suo recital, ha messo in mostra anche una buona conoscenza delle lingue europee, dal francese al tedesco, dallo slovacco all’italiano. E’ mancato lo spagnolo ma, agli amanti della lirica nella lingua di Cervantes, si può fare ammenda suggerendo degli album recenti che, in quanto a bel canto, possono stare accanto ai titani beniamini interpretati alla Prudential Hall dal soprano Usa: «Pasión» del Roberto Alagna (Deutsche Grammophon, gruppo Universal Classics), «Melancolìa» del soprano Patricia Petibon (stessa Deutsche) e «Río da Sangre» un’opera di Don Davis (Albany Records). Alagna, tra le calde e passionali “Historia de un amor”, “Bésame mucho” e “Sibo Siboney” è riuscito a ritagliare un prezioso cameo con “Cu ti lu dissi”, chiaramente siciliano.
Luminosità fresca invece con la Petibon, trascinante nella “Canción de cuna” e, soprattutto, nelle “Melodias de la melancolía” che Nicolas Bacri (nato nel 1961) ha composto espressamente per lei.
«Tutte queste canzoni – ha affermato il tenore d’origini siciliane – hanno molti significati per me, che le conosco praticamente da sempre… Sono musica e poesia che scaturiscono direttamente dalla terra, che ti fanno compagnia, ti invitano sia a ballare e a gioire di quel che hai e sia, a tratti, ti immalinconiscono perché la vita è anche mancanza di qualcosa e desiderio di ciò che spesso non riesci ad avere. Sono canti che noi mediterranei ci sentiamo scorrere dentro col sangue»
Libertà, amore, passione, violenza e desiderio di pace sociale invece nel «Río» di Davis (con la Florentine Opera diretta da Joseph Rescigno). Testimonianza che l’opera non è affatto un genere relegato al passato, ma più vivo che mai ed espressione dei nostri giorni e delle nostre difficoltà private e pubbliche insieme.