Finiti gli esami gli studenti festeggiano la fine dell’anno scolastico e l’inizio della pausa estiva, felici di non doversi alzare presto la mattina e di non frequentare classi durante luglio e agosto. Invece ai docenti, dopo la consegna dei voti, rimane fare la riflessione di fine corsi, un’importante valutazione sul percorso didattico dell’anno appena concluso per progettare il 2019-2020, la nuova stagione di lezioni che inizia a settembre.
A New York l’anno scolastico è composto di 188 giorni e la giornata scolastica di ogni studente e formata di 8 classi, lezioni che possono durare dai 35 ai 50 minuti. Nel corso delle lezioni i ragazzi imparano da contenuti disciplinari e tecniche didattiche ma soprattutto dalle loro esperienze personali che condividono in classe, come le diversità culturali, dalle diverse etnie, e ambienti sociali che ogni studente porta in classe; qualità che contribuiscono a una maggiore apertura mentale degli alunni e a una preparazione scolastica migliore. Comunque, non tutti gli studenti riescono a fare un percorso dritto verso le conoscenze delle discipline e la crescita social culturale e quasi sempre gli ostacoli sul loro tragitto sono i loro conflitti famigliari o emotivi. A volte per gli studenti è difficile prendere appunti, seguire la lezione, e ascoltare l’insegnante in classe, e spesso i docenti si trovano in fronte a loro sguardi assonnati di ragazzi che vorrebbero essere altrove e non in classe. Quindi, i docenti devono lavorare di più per gestire le classi con strategie diverse e motivare gli studenti allo studio della lingua.
Dal mio punto di vista avevo iniziato l’anno scolastico senza troppe aspettative, sinceramente non sapevo se sarei riuscita a seguire il percorso didattico e arrivare fino a giugno per il fatto che a settembre avevo poca voce e facevo fatica a insegnare. Avevo avuto un intervento al collo a maggio 2018 e avevo perso la voce per due mesi, quindi non sapevo se sarei riuscita insegnare. Bensì è stato un anno in cui mi son sentita particolarmente legata ai miei alunni, e spesso mi son sentita dire dai miei colleghi di lavorare meno perché stavo facendo troppo per coinvolgere i miei studenti nello studio. Avendo una voce debole cercavo di far parlare di più i miei studenti ma non sempre era una strategia positiva. Per quanto riguarda le difficoltà di gestire le classi non nego che sia stato un anno difficile e in alcuni momenti avrei voluto essere altrove e non in classe.
Nonostante ciò è stato un anno di crescita anche per me, il mio problema con la voce mi ha motivata a sperimentare strategie diverse in classe con i miei studenti. Il lavoro è stato tanto ma in compenso il risultato è stato superiore alle mie aspettative anche perché dopo 4 anni di insegnamento di due lingue, italiano e spagnolo, quest’anno ho insegnato solamente italiano. Quindi, avevo 5 classi di italiano: quattro classi di prima media e una classe di seconda (studenti dell’anno precedente, seguo i miei studenti per due anni). Il numero dei nuovi iscritti al programma di italiano era aumentato da 24 del 2017-2018 a 75 nel 2018-2019. Per settembre 2019 non so ancora quanti siano gli iscritti della prima media, ma non credo che siano lo stesso numero perché servirebbe un altro docente di italiano per insegnare tutte le classi; un insegnante insegna al massimo 5 classi al giorno.
Per un docente di lingua la gratificazione più grande è quella di seguire la crescita dei propri studenti, vederli giorno dopo giorno imparare a leggere e a scrivere in italiano. All’inizio riconoscono solo poche parole e scrivono semplici frasi, ma poi alla fine dell’anno sono capaci di scrivere interi paragrafi sui diversi temi della cultura italiana. Nelle classi di italiano la nostra cultura è come una grande finestra aperta da dove essi possono ammirare un mondo a loro ancora sconosciuto e condividerlo tra di loro, e con altri compagni o amici, i ragazzi dentro e fuori dalla classe di lingua, parlando, discutendo, e scambiando le loro opinioni.
L’anno scolastico è finito e ogni giugno si salutano anche i colleghi che vanno in pensione e quelli che abbandonano l’insegnamento a causa del troppo stress. Tuttavia la scuola non chiude mai e le vacanze estive costituiscono solo una pausa delle lezioni. Il lavoro di fine anno serve anche a organizzazione le nuove classi che iniziano a settembre. A giugno si porta a termine l’anno scolastico 2018-19 e inizia il 2019-20; la scuola non finisce mai, si ricomincia a settembre. La pausa estiva serve a studenti e docenti per ricaricarsi e riorganizzarsi per il nuovo anno. E ogni nuovo anno scolastico probabilmente si allarga non solo con nuove classi di studenti ma anche con nuovi docenti.
Il tempo fugge irreparabilmente, Sed tempus fugit irreparabile tempus come diceva Virgilio nelle Georgiche. E così come ogni giugno si conclude un altro anno di sguardi, di parole, di sillabe, e di segnali da interpretare che si inerpicano sul pendio della vita che ognuno di noi docente o studente è costretto a comprendere per arrivare a quel traguardo di fine anno. Un percorso tra libri e quaderni spesso misero ma altre volte gratificante, e nonostante le difficoltà di diverso tipo poter dire di aver concluso l’anno scolastico è una grande soddisfazione.