Abbiamo intervistato Annavaleria Guazzieri, direttrice dell’istruzione presso il Consolato Generale d’Italia a New York, dove dal 2017 ha iniziato il suo mandato di 6 anni per occuparsi di supervisionare le attività didattiche in lingua italiana nell’area del Tri-State (stati federali di New York, Connecticut e New Jersey).Nata a Venezia e laureata a Ca’ Foscari in Lingue e Letterature Orientali (Hindi), con un dottorato di ricerca in glottodidattica ed esperienze di formazione e progettazione anche internazionali, tra le quali una borsa di studio Fulbright e una del British Council, ha insegnato lingua e civiltà inglese in diverse scuole delle provincia di Venezia. Si è occupata di formazione iniziale ed in servizio dei docenti presso l’IRRE del Veneto e presso la SSIS (Post Graduate School in Education) del Veneto. Ha interessi di ricerca nel campo dell’apprendimento delle lingue straniere e seconde, nell’ apprendimento cooperativo e nelle tecnologie. Dal 2007 è Dirigente Scolastica, prima all’I.C. “A. Gramsci” di Campalto, quindi al Liceo “Marco Polo-Liceo Artistico” di Venezia, scuole dove ha promosso progetti di collaborazione e scambio a livello locale, europeo ed internazionale. Tra le sue pubblicazioni si annoverano manuali scolastici e saggi di didattica.
Ho incontrato la dottoressa Guazzieri all’undicesimo simposio dedicato all’insegnamento della lingua italiana alla Montclair State University, dove ho assistito al suo intervento sull’insegnamento dell’italiano con il workshop “BICS and CALP and How Art Can Help Develop More Complex Language Skills”. Molto attiva nella comunità italoamericana e agli eventi sulla promozione dell’italiano, lotta per la promozione del programma Pre-K nelle scuole di New York. Ecco i suoi obbiettivi a New York:
Dottoressa Guazzieri, in Italia è stata preside e “superintendent”. Se dovesse mettere a confronto l’istruzione italiana con quella americana cosa direbbe?
“Tutti e due i sistemi educativi nella loro applicazione concreta in classe o con il gruppo di apprendimento mettono al centro lo studente, con tutto il suo portato di emozioni, talenti, esperienze, intelligenza. Dal punto di vista pedagogico i punti di contatto tra i due approcci educativi sono moltissimi, anche se negli Stati Uniti c’è un’attenzione forse troppo marcata, secondo il mio modesto parere, verso la misurazione e la valutazione dei progressi. Gli incontri con i docenti presso i Dipartimenti di Educazione e di Italianistica nelle Università, i convegni, i seminari di formazione, le visite alle scuole hanno messo in luce un linguaggio didattico comune e una visione delle finalità della formazione assolutamente condivisibili. E’ molto apprezzabile il grande lavoro svolto dalle scuole pubbliche contro l’emarginazione, a favore dell’inclusione e della personalizzazione degli apprendimenti: sono molto belli i programmi “3K-for All”, che corrisponde alla scuola dell’infanzia pubblica in Italia, e i percorsi personalizzati per gli studenti neo-arrivati, ELLs (English Language Learners) con tempi di valutazione dilatati. A livello di organizzazione delle risorse umane, la scuola pubblica americana è diversamente organizzata rispetto alla nostra: esistono figure intermedie tra il “superintendent” e il docente: sono i presidi delle singole scuole, che sono esonerati all’insegnamento e che godono del supporto di altre figure di progettazione (ad es. il World Languages Coordinator). Da noi, i coordinatori didattici e i responsabili di plesso non sono esonerati dall’insegnamento. A causa della cronica carenza di presidi, in Italia, talvolta, un preside è responsabile di una decina di scuole (plessi)”.
Cosa porta della sua esperienza di preside a Venezia nelle scuole di New York?
“La mia esperienza veneziana, sviluppatasi su tutto l’arco della scolarità dalla scuola dell’infanzia all’ultimo anno delle scuole superiori, mi ha dato moltissimo in termini di capacità di risoluzione dei problemi, progettazione e condivisione. Come in Italia, anche qui gli attori della formazione sono in primis gli studenti e i docenti. Anche qui è opportuno saper leggere i segnali che vengono dagli studenti, dai genitori e dai docenti che operano nelle classi. E’ quello che stiamo cercando di fare, sostenendo le famiglie che desiderano avviare programmi bilingui, aiutando i docenti con la formazione. Talvolta problemi all’apparenza insormontabili, possono essere risolti con il dialogo, la collaborazione di tutti. Come in Italia, anche qui la scarsità dei finanziamenti è, spesso, alla base delle difficoltà che si incontrano quotidianamente. Negli Stati Uniti, queste sfide apparentemente invalicabili possono essere risolte con l’aiuto di associazioni ed enti non profit. Anche in Italia abbiamo fatti molto con poco: progetti di internazionalizzazione con scambi e gemellaggi, con ospitalità presso le famiglie, progetti di tirocinio presso enti e istituzioni artistiche, come musei, teatri, fondazioni; a Venezia è partito in una mia scuola il primo corso Montessori di scuola primaria, anche questo con il sostegno dei genitori e dell’Opera Nazionale Montessori. Oltre all’Ente Gestore IACE che riceve finanziamenti dal Ministero degli Esteri per la gestione dei corsi di lingua italiana nelle scuole e che svolge un’ azione continua di promozione della lingua mediante programmi di diffusione del “Made in Italy” e con il quale la collaborazione è molto stretta, esistono altre organizzazioni e associazioni interessate all’Italia e all’italiano, le quali riuniscono i discendenti di chi emigrò negli Stati Uniti anche alcune generazioni fa. Queste associazioni si impegnano quotidianamente nella raccolta di finanziamenti finalizzati a borse di studio per studenti meritevoli e a sostegno alle scuole per l’acquisto di materiali e per lo svolgimento di programmi di Italiano. Questo del volontariato e dell’associazionismo è un aspetto nuovo, rispetto all’Italia, che credo sarebbe importante valorizzare.
Da parte dei docenti c’è la richiesta di formazione in presenza, soprattutto metodologica, con accademici preparati. Il MAECI e questo ufficio, con il supporto delle Università locali, organizzano momenti di aggiornamento e formazione presso i College. Il Ministero finanzia già corsi on line aperti a tutti i docenti di italiano. Sono inoltre offerte annualmente da questo Ufficio borse di studio per il perfezionamento linguistico e metodologico con programmi estivi in Italia”.
Lei è molto coinvolta nel programma bilingue di italiano nella scuola primaria. Questo programma avrà successo a New York oppure affronterà dei problemi?
“Il programma bilingue di Italiano avrà sicuramente successo, come lo hanno avuto e lo stanno avendo molti altri programmi bilingui in altre lingue (francese, spagnolo, cinese, yiddish, hindi, giapponese, arabo, ecc…). La città di New York parla italiano. E’ stupefacente conoscere così tante persone, e non solo di discendenza italiana, appassionate della nostra lingua e che conoscono, in profondità, la nostra cultura.
Il programma bilingue della città di New York garantisce ai bambini di recente immigrazione un avvicinamento graduale alla lingua inglese nel rispetto delle tradizioni linguistiche familiari, ma garantisce anche ai bambini le cui famiglie hanno ancora un forte collegamento con la lingua e la cultura d’origine (ad es. uno o ambedue i genitori parlano una lingua che non è l’inglese, la famiglia ha legami anche stagionali con il paese d’origine, ci sono parenti che parlano la lingua di origine) la possibilità di apprendere questa lingua seconda, già presente in qualche modo nella vita familiare, in maniera formale a scuola attraverso lo studio integrato della lingua e di tutte le discipline.
Attualmente ci sono due scuole pubbliche primarie che hanno avviato il programma bilingue: la scuola PS112 a Brooklyn (Bensonhurst) e la scuola PS242 a Harlem (UWS). La PS112 ha avviato questo programma già da tre anni. I bambini che frequentano le classi bilingui sono in maggior parte di discendenza italiana, ma ci sono anche bambini i cui genitori hanno scelto questo programma per i vantaggi che offre: lo studio approfondito di una lingua europea e neolatina, caratterizzata da una cultura con profonde radici storiche ed artistiche, l’avvicinamento a culture e tradizioni altre, in una prospettiva di rispetto di tutte le tradizioni e culture. In questa scuola tutte le discipline sono affrontate nelle due lingue, con una esposizione al 50%.
Per quanto riguarda la scuola PS242 di Harlem, il programma è appena iniziato e si stanno raccogliendo le iscrizioni. Al momento è presente una classe di Kindergarten dove l’italiano è insegnato per il tramite della matematica, con esposizione giornaliera. Anche nella classe 3K, i bambini familiarizzano con l’italiano quotidianamente attraverso canzoncine e giochi logici, in preparazione al prossimo anno. C’è un grande entusiasmo. I genitori sono sorpresi dalla facilità in cui i bambini stanno apprendendo la nostra lingua”!
Lo studio della lingua e della cultura italiana è una priorità per il suo ufficio. Quali sono i suoi obbiettivi?
“Direi che gli obietti sono tre.
Il primo riguarda la diffusione della lingua italiana nelle scuole. Dagli Stati Generali della Lingua Italiana (un evento di portata internazionale che si tiene annualmente ad ottobre in Italia durante la settimana della lingua italiana nel mondo) è emerso che il “Made in Italy” e le aziende che lo promuovono fanno leva sulla lingua e sul suo fascino e che, di conseguenza, la lingua italiana all’estero viene anche percepita come uno strumento di difesa sia della qualità dei nostri prodotti sia del nostro sistema economico. Ma è importante anche rivalutare il suo portato storico, letterario, linguistico e artistico, le sua origine e il suo rapporto con i dialetti e con le altre lingue minoritarie ancora vive e presenti in Italia. Se in Europa, grazie ai programmi di scambio e di educazione linguistica promossi dal Consiglio di Europa, il trilinguismo e l’esposizione a lingue di confine è un dato di fatto per tutte le nostre scuole (a partire dagli 11 anni si studia, oltre all’inglese già iniziato alla scuola primaria, una seconda lingua europea), negli Stati Uniti la ricerca di una molteplicità linguistica è ancora all’inizio. Dal punto di vista geografico e storico le lingue più diffuse in quest’area sono lo spagnolo e il francese, tuttavia va intercettato, all’interno di quello che è un bisogno di Europa, il grande potenziale numerico costituito dagli studenti che desiderano trascorrere almeno una parte dei loro studi oltreoceano, in particolare in Italia. L’Italiano è una delle lingue straniere, o World Languages – definizione che preferisco – più diffuse nelle scuole superiori nell’area del TriState, che corrisponde alla circoscrizione Consolare di New York. Ma il periodo di tempo durante il quale la lingua si studia non è sufficiente a garantirne un’acquisizione duratura. Talvolta lo studio si limita ai quattro, o addirittura tre anni (alcuni studenti interrompono lo studio dell’italiano in K-11, ossia al penultimo anno) della scuola superiore. Si tratta quindi di cercare di anticipare l’età in cui gli studenti cominciano ad imparare la lingua straniera alla scuola media, o addirittura introdurla alla scuola primaria, in modo da poter garantire agli studenti un tempo sufficiente per poter raggiungere competenze consolidate di autonomia linguistica.
Il secondo obiettivo è quello di far aumentare il numero di studenti che sostengono l’esame AP (Advance Placement) ed innalzare i livelli di performance finale nel test. Ovviamente anche questo è una conseguenza della durata degli studi. Ma l’esame AP ha anche l’effetto di garantire il riconoscimento di crediti universitari. Alcune università attivano corsi estivi AP per gli studenti delle superiori per favorire l’orientamento in ingresso presso dipartimenti dove l’italiano viene studiato insieme ad altre discipline (moda, marketing, economia). Questi programmi sono molto belli e andrebbero rafforzati, come pure sarebbe opportuno rafforzare i legami all’interno delle università tra i diversi dipartimenti (ad esempio con manifestazioni quali un Italy Day, convegni interdisciplinari, l’Italian Club).
Infine, il terzo obiettivo, data la mia esperienza di formatrice nella didattica della lingua straniera come lingua veicolare di contenuti disciplinari (Content and Language Integrated Learning), ambito in cui ho conseguito il mio PhD, sto seguendo un piccolo gruppo di docenti impegnati nell’affrontare con le loro classi lo studio dell’Arte o della Storia dell’Arte in italiano. E’ un programma che richiede molto impegno sia da parte dei docenti sia delle scuole, in quanto i materiali vanno creati ex-novo, e mi auguro che il Ministero voglia prevedere un budget per favorirne la crescita. Lo scopo del progetto è, in due parole, favorire negli studenti lo sviluppo contestuale delle competenze linguistiche e di quelle disciplinari, facilitando lo sviluppo del senso critico, le abilità di interazione con gli altri, di interpretazione e di espressione”.
Quali sono le risorse messe a disposizione al Consolato per la promozione della nostra lingua e cultura a New York?
“Le risorse che il Governo Italiano mette a disposizione per il tramite del Consolato sono consistenti. Come risorse umane, oltre alla mia posizione, il Ministero degli Esteri sostiene le posizioni di due lettori presso, rispettivamente, le università di Rutgers e Queens College. Presso queste università i nostri docenti sono responsabili ciascuno di quattro/cinque corsi a semestre, di attività di tutoraggio on line ed in presenza, di monitoraggio e valutazione. Oltre ai lettori, il Ministero invia due docenti a La Scuola d’Italia, unica scuola paritaria bilingue dell’ America settentrionale che copre l’intero arco della scolarità dalla scuola dell’infanzia al termine del liceo scientifico: un docente di matematica e fisica e una docente di scuola primaria. Infine il Ministero invia un docente di Italiano ad UNIS, la scuola internazionale delle Nazioni Unite, che insegna lingua e letteratura italiana e prepara circa 100 studenti all’esame International Baccalaureat in Italiano (sia standard che advanced).
Infine, il Ministero degli esteri eroga finanziamenti specifici alle scuole pubbliche, per il tramite dell’ente gestore I.A.C.E. (Italian American Committee in Education) che distribuisce questi finanziamenti alle scuole sotto forma di contributi al salario dei docenti e/o per l’acquisto di materiali didattici.
L’Ufficio Istruzione non ha un budget proprio. Come dicevo, sarebbe auspicabile prevedere un piccolo budget, per attività di promozione della lingua, per attività di formazione dei docenti, per sostenere lo sviluppo di progetti innovativi, come quello della lingua veicolare”.
Potrebbe l’Italia aiutare la promozione della lingua italiana negli USA sostenendo più programmi di lingua italiana nelle scuole pubbliche o università con finanziamenti statali?
“Come segnalato prima, i finanziamenti pubblici ci sono e sono erogati all’Ente Gestore, per quanto riguarda le scuole. Per quanto riguarda le università, invece, i finanziamenti sono di supporto a corsi di approfondimento, a lettorati, a corsi di formazione e vengono erogati per il tramite dell’Istituto Italiano di Cultura”.
Può l’italiano trasformarsi in strumento di crescita economica all’estero per il nostro Paese?
“Certamente! L’interesse verso la lingua genera interesse verso tutto il sistema Italia, in particolare verso i prodotti del Made in Italy, che qui sono molto amati, sia per l’altissima qualità delle materie prime, sia per l’accuratezza dei processi di produzione: dalla gastronomia alla moda, dalle tecnologie all’arte, dai viaggi al design, alla musica, in particolare l’Opera… Un altro campo potrebbe essere l’editoria che può trovare uno spazio di crescita e di sviluppo qui negli Stati Uniti, dove il bisogno di nuovi manuali scolastici, libri per la didattica della lingua veicolare e altri materiali, soprattutto interattivi è molto sentito, soprattutto a livello di scuola primaria. Altri programmi che portano crescita economica in Italia sono i programmi di Study Abroad. Gli Stati Uniti, infatti, inviano ben 35.366 studenti in Italia (pari al 10,6% su un totale di 332.727 americani che svolgono questo programma). Molti di questi studenti frequentano le sedi secondarie delle Università Americane, ma sono comunque 8.000 gli studenti americani che scelgono un percorso individualizzato e si rivolgono ad Istituti privati o ad Università italiane sia pubbliche che private, in continuo lieve incremento. Un altro mercato per le imprese italiane, sia pubbliche che private, viene generato dalle visite di istruzione, che vengono effettuate dalle scuole superiori verso l’Italia, solitamente durante lo Spring Break o l’estate.
Infine la propulsione verso l’internazionalizzazione delle Università italiane, che sono ora pronte ad accogliere studenti internazionali, anche americani, è uno strumento di crescita economica per il nostro Paese. Le opzioni di studio presenti in Italia sono molto interessanti per gli studenti americani: oltre all’alta qualità degli studi e alla ricettività delle nostre città, che offrono una qualità della vita molto buona, molti corsi di laurea sono attualmente tenuti in inglese e molte università rilasciano lauree riconosciute all’estero e “double degrees””.
Che consigli ha per i giovani docenti che sognano di venire a NY per insegnare l’italiano?
“Venire ad insegnare l’italiano a NY non è facile. Ottenere un visto di lavoro risulta sempre più problematico. Ma ci sono alcune opportunità: l’ente gestore ospita ogni anno un neolaureato per l’italiano, un giovane laureato che è stato selezionato dal MAECI con bando pubblico, per trascorrere un anno qui a sostegno della didattica nelle scuole, in modalità di co-docenza.
Anche alcune università richiedono una figura simile (il laureato per l’Italiano). In questo caso il bando è sempre del MAECI, ma si rivolge a laureati con maggiore esperienza. Sono inoltre possibili dei programmi di scambio o di doppia laurea. Chi fosse interessato dovrebbe rivolgersi alla propria università, in Italia. Tutte le università italiane sono ora dotate di un Ufficio per l’internazionalizzazione e hanno molteplici accordi con università di tutto il mondo, comprese le università americane”.
Siamo primi al mondo per patrimonio. In che modo possiamo valorizzare di più quello che abbiamo?
“Come già detto, il progetto Arte in Italiano mira proprio a valorizzare la storia del patrimonio artistico italiano anche presente in questo territorio, favorendo la motivazione allo studio della lingua con uscite presso musei e fondazioni, divenendo oggetto di interessantissime lezioni sia a scuola che al museo, addirittura senza lasciare gli Stati Uniti. Se ne è discusso ad ottobre alla Montclair State University all’undicesimo simposio dedicato all’insegnamento della lingua italiana nel Nord America dal titolo “Art at the Core of the Language Curriculum”. Le diverse presentazioni e i workshop tenuti da docenti ed esperti, sia italiani sia americani, miravano ad offrire spunti ai docenti per rendere l’insegnamento della lingua italiana più creativo e coinvolgente creando ponti tra le arti e lo studio dell’italiano. Nelle scuole superiori si possono creare delle interessanti collaborazioni tra i docenti di Arte o Storia dell’Arte e i docenti di lingua. La metodologia content-based può essere utilizzata anche con altre discipline: quali le Scienze della Terra, dell’Alimentazione, la Musica, lo Sport, la Storia, ad esempio”.
Quali sfide sta affrontando a New York? E se avesse la bacchetta magica quale problema in questo momento vorrebbe subito risolto?
“Se avessi il potere di risolvere con un colpo di bacchetta un solo problema darei la priorità alla scuola primaria PS242 di Harlem che sta iniziando il programma bilingue. Non è un problema ma un’ opportunità incredibile per moltissimi genitori. L’insegnante è veramente molto preparato, la scuola ha spazi molto belli, cortili, auditorium, mensa e biblioteca e ci sono potenzialità di crescita e un grande supporto da parte del Consolato, di questo Ufficio e da parte dell’ente gestore, nonché dell’Associazione dei genitori In Italiano”.
Come valuta il suo primo anno come Direttore dell’Ufficio Istruzione presso il Consolato Generale d’Italia a New York?
“Il mio primo anno è trascorso molto velocemente: ho iniziato un nuovo lavoro in un ambiente nuovo e in una città nuova. Per personalità, ho sempre accolto le novità come sfide per crescere, per cambiare in meglio, per dare il meglio di me stessa. Avevo visitato gli Stati Uniti nel corso della mia carriera scolastica, per partecipare ai convegni TESOL, come borsista Fulbright e con un progetto di gemellaggio con Seattle. Ma viverci e lavorarci è cosa ben diversa!
Se devo dare una valutazione, in decimi, come la diamo a scuola in Italia, direi 10/10. Il lavoro mi piace e mi appassiona: l’insegnamento dell’italiano è una sfida, che però si nutre e si incorpora in un’attitudine molto favorevole da parte delle persone verso il nostro Paese e la nostra cultura; l’ambiente di lavoro, il Consolato, è molto bello, interessante e stimolante; la città di New York, intrinsecamente internazionale e vibrante di stimoli culturali sempre nuovi”.