Siamo sempre connessi, sempre in comunicazione, sia noi professori che gli studenti. E lo sono anche i college e le università: negli USA il cento per cento delle istituzioni che offrono corsi di laurea quadriennale ha una presenza sui social network. Ciò nonostante, i social non sono ancora diffusi nell’insegnamento e manca una loro integrazione nei programmi di studio in qualsiasi campo. Forse perché noi docenti vogliamo avere una netta demarcazione tra vita privata e professionale? O per via degli studenti che pensano che introdurre i social nella sfera accademica sostituirebbe il piacere (la socializzazione) con il dovere (l’apprendimento)? Una buona dose di social dovrebbe fare parte della pratica e dell’offerta di istruzione a livello universitario e ancora di più per l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue straniere.
Cosa sono i social network? Tutti conoscono Facebook, Twitter, Instagram, YouTube, Pinterest, WordPress, Tumblr; alcuni ricordano addirittura Friendster e Myspace. Ma definirli non è facile, perché queste tecnologie digitali cambiano continuamente. Tuttavia, una definizione semplice è: “Strumenti o applicazioni digitali che consentono la creazione, la condivisione e lo scambio di informazione”. Una massa di utenti produce questi contenuti, sonori, visivi, testuali, o multimediali, che possono essere condivisi in maniera pubblica (accessibile a tutti gli utenti della rete o comunque a un pubblico generalista) o privata (accessibile solo ad “amici” o simili) oppure una via di mezzo (previo consenso). Per farla semplice, sono un modo di comunicare e condividere mai visto prima.
Comunità e identità
I social possono connettere l’aula con la comunità linguistica e culturale italiana poiché hanno la capacità di espandersi all’esterno degli scenari tipici della formazione scolastica, all’esterno dell’aula stessa, insomma. Questo nuovo ambiente, trasferito online, consente allo studente di esercitarsi con la lingua straniera mentre partecipa a comunità reali, in situazioni sociali pertinenti e creando scambi autentici e organici. In questo nuovo ambiente, possiamo incoraggiare gli studenti a rivedere le proprie convinzioni in materia di lingua e cultura e sull’apprendimento delle lingue e l’apprendimento in genere e prendere parte a questa comunità interattiva di tecnologie digitali che promuovono la comunicazione, l’apprendimento, la creatività, la convivialità e la collaborazione.
“L’identità online che gli studenti assumono sui social – dice danah boyd, ricercatore capo di Microsoft e fondatore di Data&Society (New York) – trasmette la loro appartenenza a quella comunità”. Costruire intorno ai nostri alunni diverse comunità di lingua e cultura italiana permetterebbe loro di farsi coinvolgere nell’identità italiana e di rafforzare così il proprio potenziale di apprendimento.
E chi partecipa a questa comunità? Gli adolescenti usano i social per socializzare perlopiù con i loro coetanei, con chi già conoscono, e man mano fanno crescere questa comunità in cui si trovano anche amici degli amici: c’è, insomma, un’evoluzione naturale. In un ambiente educativo socializzato si applicano le stesse regole. Il docente può creare una comunità tra studenti all’interno della stessa classe, all’interno di uno stesso livello e può anche introdurre nella comunità degli italiani madrelingua (una possibilità legata alle appartenenze e alle conseguenti connessioni sociali) e, se possibile, anche qualche personaggio famoso con una forte e attiva presenza sui social.
Apertura e connessione
Ma perché usare nell’insegnamento i social network, che non sono stati sviluppati come strumenti per l’istruzione? Perché i processi educativi possano rimanere rilevanti nell’era digitale. Perché questi sono i contesti d’apprendimento che gli studenti oggi esigono: un (re)mix di modelli educativi, che comprende i social, che di fatto, hanno un ruolo importante, quello di supportare attività collaborative, creative e autogestite. Quando l’apprendimento è personalizzato e la partecipazione avviene spontaneamente, imparare diventa più coinvolgente ed efficace.
La prima volta che ho usato Twitter (nel 2009) nei corsi di lingua italiana di livello intermedio, abbiamo avuto delle belle situazioni impreviste che hanno influenzato in modo molto positivo l’apprendimento della lingua e cultura. Nella nostra comunità digitale (che comprendeva studenti e alcuni italiani madrelingua), c’è stata un’evoluzione organica negli scambi tra utenti: Giovanni, un italiano che stava organizzando un viaggio a New York, cercava consigli. Dopo aver avuto uno scambio con lui l’ho presentato agli studenti attraverso un tweet e loro, orgogliosi della Grande Mela, gli hanno consigliato cose solite e insolite da fare a New York. “Ringrazia i tuoi studenti e digli che li capisco per lo sforzo che stanno facendo perché anch’io sto cercando di migliorare il mio inglese (very poor) – ha poi twittato Giovanni – Ad ogni modo complimenti per l’idea di utilizzare questi strumenti sociali per insegnare l’italiano. E per spingere i ragazzi a relazionarsi con noi italiani in maniera semplice e divertente! (smiley)”
Twitter è divertente e semplice (e non fa paura perché ogni tweet ha solo 140 battute) e allo stesso tempo consente di aprirsi a un mondo di esperienze reali nelle quali negoziare i significati attraverso un’interazione autentica fatta di input, produzione e contesto. Le opportunità offerte dai social, aperti e connessi, non possono essere replicate nell’aula tradizionale.
Cambiamo medium. Un perfetto esempio di un altro momento illuminante di questo ambiente digitale aperto è un articolo pubblicato su un blog Wordpress sette anni fa, sulla storia dell’immigrato italiano Roger Morigi, scultore dei doccioni della Cattedrale Nazionale a Washington, D.C. La studentessa (adesso anche lei docente di italiano nel New Jersey) aveva scritto un ottimo pezzo basato sul libro di testo che poi aveva elaborato con ulteriori informazioni e includendo video e immagini. Durante l’ultimo giorno di lezione, è arrivato un commento al post sul blog: “Sono capitata per caso su questo sito, sono la pronipote di Roger Morigi (era il fratello di mia nonna) – commentava Muriel Campi – e vi posso assicurare che, oltre ad essere un maestro intagliatore (ha vinto l’“Oscar per la scultura” negli USA) ha creato sculture meravigliose. Inoltre era anche una persona fantastica. Leggendo questo articolo, mi sono commossa al suo ricordo”. Un commento impagabile.
Da educatori, affrontiamo la questione dei social partendo dalla pedagogia, mentre la tecnologia resta in secondo piano. Ma dobbiamo riconoscere che le potenzialità dei social sono infinite e allora sta ai docenti chiarire obiettivi e aspettative sull’uso dei social in classe. Come tanti colleghi, anch’io ho esplorato le potenzialità dei social come supporto educativo. Visto che mi occupo di glottodidattica, nelle prossime puntate condividerò le mie esperienze, offrendo suggerimenti, mettendo in evidenza innanzitutto la pedagogia e come integrare i social nel curriculum italiano.
Quali saranno i social network su cui mi soffermerò? Quelli più di tendenza e che, secondo il Pew Research Center, plasmano le relazioni tra i teenager, come Facebook, Instagram, Snapchat, Twitter, Google+, Vine, e Tumblr.