Il 28 ottobre è stato il centenario della Marcia su Roma, l’insurrezione fascista che nel 1922 portò Benito Mussolini al potere. Numerose le pubblicazioni sull’argomento che l’editoria italiana ha immesso sul mercato. Quella di Giorgio Dell’Arti ( La marcia su Roma, La nave di Teseo, 2022 pg 254) è originalissima per la modalità adottata dall’autore che affronta il discorso attraverso domande e risposte. Domande secche, come potrebbe porsi uno che poco sa e risposte centrate ed esaurienti. Va da sé che chi domanda e chi risponde è sempre l’autore che adotta il metodo socratico.
I fatti sono noti: il 28 ottobre del 1922 migliaia di camicie nere fasciste arrivarono a Roma in treno, autobus, con i mezzi più disparati per marciare sulla città. Ma, di fatto, erano bloccati a Orte, Civitavecchia, Monterotondo peraltro in una giornata di pioggia torrenziale. Sarebbe bastato poco per fermarli, ma, dice Dell’Arti – utilizzando una metafora del poker- rifiutando di firmare lo stato d’assedio che il primo ministro Facta aveva chiesto, il re non era andato a vedere le carte di Mussolini e gli aveva lasciato il piatto. E tre giorni dopo, il 30 ottobre Vittorio Emanuele III conferì a Benito Mussolini l’incarico di Presidente del Consiglio perché formasse il nuovo governo.
Mussolini era arrivato a Roma in vagon lit, due mazzi di rose rosse nel lavandino e ben stirata la camicia nera d’ordinanza pronta ad essere indossata.
Dell’Arti prima di arrivare alla presa del potere di Mussolini fa un interessante excursus dei tre anni precedenti, partendo dal 1919, dalla fondazione dei Fasci di combattimento a Milano. Un gruppo abbastanza sparuto, forse un centinaio di persone, che divennero 25.000 nella marcia del 28 ottobre del 2022. Com’è potuto accadere? Eppure in Parlamento c’erano socialisti, cattolici, liberali. E Mussolini aveva subito un insuccesso clamoroso nelle elezioni del ’19 non venendo eletto. Il 16 novembre 2022 Mussolini alla Camera, Presidente Enrico De Nicola, fece il famoso discorso “potevo fare di quest’aula aula sorda e grigia un bivacco di manipoli, ma non ho voluto”, discorso insultante, ma non ci fu alcuna reazione, la fiducia gli fu votata.
E Pio XI, che aveva espresso simpatia per il Duce già dal 1919, arriverà in seguito a definirlo “l’uomo della Provvidenza”. Mussolini giocò di fatto un bluff, ma non incontrò ostacoli negli uomini che sedevano in una sede parlamentare ancora democratica: c’era De Gasperi, c’era Gronchi, lo stesso De Nicola…Zitti e muti.
“Governo, Re e Parlamento rimasero ipnotizzati da un giocatore di poker senza assi in mano. Qualcuno poteva dire ‘vedo’ e cambiare la Storia” dice Emilio Gentile, massimo esperto di Storia del Fascismo che Dell’Arti cita spesso. Le cose, in seguito, andarono come si sa. Nel 1925 il Fascismo da partito divenne regime.
La grande dote di Dell’Arti sta nello stile giornalistico che gli appartiene fatto di ottima documentazione, stringatezza espositiva, capacità di sintetizzare, connettere i nessi di causa-effetto senza mai scadere in semplificazioni e banalità.