Da 60 anni si aggira nel mondo dei fumetti un personaggio atipico: si chiama Diabolik e ha avuto il merito di aver “scardinato” un certo cliché che vedeva nei protagonisti degli albi a fumetti necessariamente gli eroi positivi. Diabolik infatti non esita a uccidere, se vi è costretto, non esita a tradire o a mentire alla sua amata, se questo è sinonimo di protezione, non esita a darsi in pasto alla polizia, se questo è impossibile da evitare. Il tutto sempre come un antieroe romantico e decadente.
Diabolik ha raggiunto la celebrità e un successo pluridecennale fondato su una serie di intuizioni delle sue due ideatrici, le sorelle Angela e Luciana Giussani. Due signore borghesi di Milano, belle e colte, che d’un tratto nella loro vita decidono di lanciarsi in un’impresa editoriale senza precedenti. Il primo numero di Diabolik (su cui lavorano nell’estate) uscì il 1 novembre del 1962, costava 150 lire e si intitolava “Il re del terrore”. Anzitutto, l’idea di trasporre in albo a fumetti le caratteristiche tipiche dei feuilleton francesi d’inizio secolo, romanzi che avevano per protagonisti ladri geniali e gentiluomini come Fantomas e Lupin, seguendo le tracce già percorse da Fantax, protagonista dell’omonima serie di bandes dessinées uscita in Francia dal 1946. Poi, la scelta del formato tascabile, per permettere ai pendolari del mattino di trasportare comodamente l’albo con sé durante le trasferte. Terza, ma certo non ultima per importanza, l’arrivo del personaggio Eva Kant come compagna di vita e di crimine del tenebroso Diabolik.

Fin dagli esordi, il personaggio possedeva quelle caratteristiche per cui resterà impresso nella storia della fumettistica: un ladro ingegnoso capace di “mirabolanti” travestimenti, realizzati anche grazie a maschere che lui stesso inventa. Nel primo numero, inoltre, c’è anche il suo rivale-alter ego, l’integerrimo ispettore Ginko. E, fatto curioso, sia il ladro e sia il poliziotto hanno una lettera K nel nome o cognome (perchè, si disse allora, la K faceva un certo effetto…). Insieme a Diabolik c’è Eva Kant (anche qui altra K nel cognome), che appare di colpo nel terzo episodio intitolato “L’arresto di Diabolik”, uscito nel 1963. Lo “storytelling” di questa partner e complice si approfondisce sempre di più nel tempo, al punto che Eva diventa protagonista di alcuni numeri e altre iniziative editoriali legate al personaggio.
Mario Gomboli, tra i primi collaboratori delle sorelle Giussani nella realizzazione di soggetti per le storie del Re del Terrore, e storico direttore della casa editrice Astorina da oltre 20 anni, racconta così il personaggio che lo ha accompagnato dagli esordi della sua carriera: “Diabolik non è cattivo. I cattivi godono nel fare del male. Lui è un pragmatico: se deve raggiungere un obiettivo particolarmente complesso e qualcuno si mette in mezzo, allora non esita a farlo fuori. Il suo piacere è vincere le sfide e impadronirsi di qualcosa. Se lasciaste un sacchetto di diamanti incustodito sul davanzale di una finestra, Diabolik non lo ruberebbe”.
All’inizio però Diabolik era stato pensato come uno molto cattivo, vero?
Confermo. All’inizio Diabolik è un criminale assolutamente insensato. Spietato fino all’assurdo, uccideva di continuo spesso senza ragione. Sulla sua strada quasi sempre figli debosciati di nobili e nobili declassati da rapinare e uccidere. Oggi Diabolik ruba soldi ai mafiosi, elimina criminali si diverte a superare ostacoli insormontabili, ma non spaventa nessuno. La vecchiaia di Diabolik è più tranquilla, seppur sempre criminale.
Perché il personaggio continua a piacere al pubblico?
Diabolik piace perchè, come altri personaggi del mondo dei fumetti, non invecchia. E’ sempre lui, atletico, geniale, rapido, in forma splendida. E poi piace perché è sempre capace di dare emozioni e valori. La sua impostazione semplice non delude mai, e il carisma dei personaggi fa il resto, donandoci un fumetto ineludibile nel panorama italiano.

Contro Diabolik c’è da 60 anni un altro personaggio, l’ispettore Ginko…
Ginko è all’inizio un personaggio simile a un commissario francese, sulla cinquantina. Attualmente Ginko è pressoché coetaneo di Diabolik, diciamo sui 40 anni o poco più ed è sempre stato un personaggio contraddittorio del fumetto. Infatti in una storia di solito c’è l’eroe che vince contro vari nemici e poi ci sono i nemici che, anche se forti, devono cedere alla grandezza dell’eroe. Qui però Ginko è in gamba almeno quanto Diabolik. Ma viene sempre sconfitto. Così ogni tanto Ginko prende altri criminali, anche se il suo interesse principale era, resta e resterà sempre Diabolik.
Ogni volta che Diabolik in qualche modo viene catturato si parla di giustiziarlo con la ghigliottina: come mai questa scelta?
Diabolik ed Eva Kant si muovono a Clerville, una fantomatica cittadina francese, e nelle prime storie già si parlava di ghigliottina, strumento di morte francese che ritroviamo tuttora. Ci si potrebbe chiedere come mai la pena di morte non abbia seguito l’ambiente generale del fumetto, scomparendo negli anni settanta o dopo. E’ abbastanza chiaro: se Diabolik rischiasse solo l’ergastolo il fumetto non avrebbe più senso. Infatti sarebbe finito il rischio, si tratterebbe per Diabolik di fare colpi con la seccatura, di tanto in tanto, di scappare dalle prigioni in cui starebbe scontando l’ergastolo.
Ma è difficile dopo 60 anni ideare le storie di Diabolik?
Ma no, le idee ci sono sempre, talvolta finiscono nel cestino, talvolta vengono disegnate. Ecco, la cosa bella è che ci sono bravissimi disegnatori e disegnatrici e bravissimi sceneggiatori, quindi il futuro è assicurato.