A pochi passi da Washington Square Park c’è un tipico ristorante genovese, Solaro, dove il martedì grasso si passa in compagnia.
Il circolo newyorkese del Partito Democratico accoglie Gianna Pontecorboli, giornalista di Lettera 22 e firma de La Voce di New York, per parlare del suo libro America Nuova Terra Promessa, storia di ebrei italiani fuggiti dall’Italia negli Stati Uniti.
Ovviamente si parte dall’attualità. La guerra tra Russia e Ucraina è un discorso comune in questi giorni: tutti ne parlano. C’è tanto di cui discutere, dalle bombe allo sport che ne risente, arrivando agli sfollati che in massa si spostano verso l’Unione Europea.
Anche quella raccontata da Gianna è una storia di profughi, con una valenza importante in termini di memoria, ricordo e rapporto fra presente e passato. Il libro racconta la vicenda di chi, emanate le leggi razziali nel 1938, ha capito cosa stesse per succedere ed è riuscito a salvarsi. In pochi mesi, fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Famiglie intere hanno visto in quella americana una via di fuga.

“Quando in questi giorni ho avuto davanti agli occhi le immagini dei profughi ucraini – racconta Gianna – mi sono venute in mente quelle degli ebrei che facevano la coda a Bordeaux per ricevere i visti portoghesi”. Il riferimento è alla vicenda di Aristides de Sousa Mendes, console generale del Portogallo che decise di disobbedire alle istruzioni esplicite del suo governo e promise il visto di transito a chiunque ne avesse bisogno, anche gratuitamente.
America Nuova Terra Promessa nasce per una storia personale. Il fratello e il cugino della madre di Gianna arrivano negli Stati Uniti nel 1939 e così, quando lei era bambina, ogni tanto a casa torna lo “Zio d’America”.
Gianna cresce quindi con il mito degli States e, alla fine degli anni ’70, sbarca a New York. Qui si accorge subito di una cosa: gli ebrei italiani sono perfettamente integrati, hanno spesso avuto una carriera di successo, ma rimangono diversi dalla massa. Da questa osservazione nasce la curiosità per la loro storia.
Il Centro Primo Levi è stato di grande aiuto nel reperire i documenti di cui il libro si compone, ai quali Gianna ha integrato le parole raccolte dai protagonisti di questi viaggi. Gli ebrei italiani venuti qui erano poco meno di duemila. Pochi, in percentuale, considerando che in Italia fossero circa 45.000. Ma il viaggio non era semplice e già solo arrivare poteva essere considerata una vittoria.
Con l’entrata in guerra degli americani, molti di loro si arruolano. Per la prima volta si sentono utili, perchè l’esercito ha bisogno di qualcuno che parli italiano e che possa aiutare nei rapporti con l’Italia. Tanti giovani si ritrovano a combattere, avendo così un canale privilegiato per l’ottenimento della cittadinanza. L’esercito americano è stato pronto a sfruttare le capacità di questi militari diversi. Quando la guerra finisce, molti di loro rimangono negli Stati Uniti.
Qui inizia la storia di una comunità che fino a quel momento, a New York, non esisteva e che ancora, nonostante gli anni passino, vive nelle pagine del libro di Gianna Pontecorboli.