Ottobre è il mese “rosa” della prevenzione del tumore al seno. Si tratta della neoplasia più diagnosticata fra le donne nel mondo, ed è la prima causa di morte per tumore fra le donne in Italia, benché attualmente il tasso di mortalità sia in costante calo. Promuovere la cultura della prevenzione è l’unica arma che si ha a disposizione per combattere una malattia le cui cause non dipendono solamente da fattori biologici, ma hanno a che fare anche con l’equilibrio psicofisico della persona. Cerchiamo di tracciare un bilancio della situazione attuale con il dottor Alberto Luini, che dopo esser stato per anni uno dei più stretti collaboratori di Umberto Veronesi, è attualmente membro della European Society of Mastology (EUSOMA) e Senior Consultant della Divisione di Senologia di IEO Istituto Europeo di Oncologia. Autore del libro Conosci il tuo seno, pubblicato recentemente da Mondadori, si propone di aiutare le donne non solo a conoscere una parte del corpo che non è solo anatomica, ma ha anche una valenza fortemente simbolica per l’universo femminile, ma a conoscere se stesse nella propria totalità e a scegliere consapevolmente la prevenzione più adeguata.
Professore, può fornirci qualche dato recente in merito alla prevenzione del carcinoma mammario?

“Credo che i primi numeri si stiano ottenendo solo adesso: non è facile quantificare in modo preciso un fenomeno che, per fortuna, sta scemando. Si tratta di un grave ritardo perché mette insieme le gravi conseguenze del blocco di strutture ospedaliere e diagnostiche che, oggettivamente, non avrebbero dovuto essere fermate durante il lockdown e la ritrosia di tanta gente che, per evitare di esporsi a teorici rischi di contagio, ha rimandato le visite, gli esami, le cure. Il ritardo c’è stato e ha riguardato la diagnosi precoce ma anche gli interventi di cura: potrei dire che all’Istituto Europeo di Oncologia IEO dove lavoro da tanti anni abbiamo fatto il massimo perché nessuna/nessun paziente si trovasse in un simile problema, ma ho l’obbligo di guardare più in là e di considerare tutta la popolazione, tutti coloro che fanno parte del nostro mondo. Ci sono persone che hanno e avranno conseguenze negative perché non hanno ricevuto una diagnosi precoce e/o non sono state curate al meglio”.
Dopo le varie ondate pandemiche, sono aumentati i casi di cancro al seno, molti dei quali letali o con minori probabilità di guarigione per non esser stati diagnosticati in tempo?
“Non è una statistica possibile adesso: siamo ancora nella coda dell’esperienza pandemica. Di sicuro il ritardo nella diagnosi precoce e alcune strutture che non hanno potuto portare avanti le cure di eccellenza sono fattori che hanno un impatto sulle probabilità di guarigione: vanno a incidere infatti su ciò che determina l’efficacia degli interventi terapeutici. Posso dire che è urgente che le donne recuperino la sensibilità che hanno sempre avuto su questo tema: purtroppo alcune di loro stanno ritardando volontariamente gli esami di controllo perché ritengono che “il virus sia la priorità”. Credo che la priorità sia prendersi cura di sé, non dimenticando che la malattia tumorale è seria e deve essere considerata sempre prioritaria. I metodi per proteggersi dal contagio virale esistono e le strutture sanitarie li garantiscono. Credo molto nella cooperazione da parte delle donne per una buona prevenzione: ecco perché ho scritto Conosci il tuo seno”.
Quanto è importante la prevenzione nell’incidenza dei tumori nella popolazione?
“Come dico diffusamente nel libro, esistono due tipi di prevenzione: li definiamo prevenzione primaria e prevenzione secondaria. La prevenzione primaria è ciò che possiamo fare per evitare che una malattia nasca: per esempio possiamo evitare di fumare oppure ricorrere alla vaccinazione contro il Papillomavirus per proteggerci dai tumori legati al fumo o a quel virus. La prevenzione secondaria è la diagnosi precoce: si tratta di scoprire i tumori ancora prima che abbiano raggiunto la capacità di infiltrare i tessuti del corpo. È chiaro che la prevenzione secondaria non sia in grado di evitare che un tumore nasca, ma lo può cogliere talmente in tempo da facilitare la guarigione completa con minimi interventi curativi. È evidente che lo stile di vita e la diagnosi precoce in alcuni tumori siano fondamentali: determinano davvero prognosi migliore. Per altri tumori non è ancora possibile stabilire se e quanto si possa fare una prevenzione efficace”.

I casi di tumore sono in aumento per le donne?
“È un po’ complicato rispondere: non amo parlare della salute della gente usando numeri e percentuali, e comunque ogni tipo di tumore ha statistiche a sé che, messe in un insieme generale, perdono il significato. Cito i dati di AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul cancro): attualmente i tumori che maggiormente colpiscono le donne sono il tumore della mammella (30,3 per cento), il tumore del colon-retto (11,2 per cento), il tumore del polmone (7,3 per cento), il tumore della tiroide (5,4 per cento) e quello del corpo dell’utero (4,6 per cento). La mortalità oncologica globale è in calo, ma dipende da quale tumore prendiamo in considerazione. Sarà molto importante vedere quali fluttuazioni si verifichino nei prossimi anni”.
Sono dati da attribuirsi alla mancata prevenzione o si possono ipotizzare altre motivazioni?
“Nel caso del tumore del polmone la prevenzione da parte delle donne esiste, ma è arrivata un po’ in ritardo rispetto agli uomini: il messaggio dell’astensione dal fumo di sigaretta ha fatto più fatica a raggiungerle, è stato come se lo si considerasse una malattia da fumo solo di pertinenza maschile. È accaduto anche con le malattie cardiovascolari: per un po’ sono state considerate un problema maschile, mentre riguardano molto anche le donne che dovrebbero, quindi, proteggersi adeguatamente. In realtà, però, le donne sono molto più attente degli uomini nella diagnosi precoce: utero, seno, colon, pelle sono oggetto di controlli di diagnosi precoce da parte delle donne. Certo, non possiamo attribuire le fluttuazioni dei tumori (che variano nel tempo) solo alla diagnosi precoce: lo stile di vita (alimentazione, fumo, esercizio fisico, gestione dello stress psicofisico), l’ambiente di lavoro, l’ambiente di vita, fattori chimici e fisici nocivi ed elementi ancora poco noti concorrono nella genesi di molte malattie (tumori compresi)”.
Quali consigli può dare alle donne per prevenire la malattia e… conoscere il proprio seno?
“Prima di tutto vedersi come esseri complessi e unici che non hanno solo un corpo fisico, ma anche emozioni, aspettative, sentimenti, idee, relazioni, passioni che entrano a fare parte della salute. La malattia non nasce da dettagli fisici che si inceppano: è un fenomeno in parte misterioso che ha origini multifattoriali e una base anche emotiva. Non guardo mai una donna come una paziente, ma come un essere umano con una propria unicità che va conosciuto al massimo prima di esprimere un parere diagnostico e di terapia. Per prevenire, le donne dovrebbero prima di tutto accettarsi: vedere la propria bellezza nell’unicità, accettare le caratteristiche del corpo e della psiche, amarsi abbastanza da fare scelte di stile di vita e di controlli medici adeguate. Possiamo trattare bene solo ciò che amiamo veramente: ecco perché le donne dovrebbero accettarsi e amarsi. Rifuggendo le ossessioni: il libro contiene ampie parti di medicina integrata e medicina psicosomatica proprio perché mantenersi sani significa avere grande attenzione, quindi grande amore, per il proprio equilibrio globale”.
Oltre agli screening clinici, quanto è importante condurre uno stile di vita sano per scongiurare il rischio di tumore al seno?
“Se per stile di vita sano intende un equilibrio psicofisico con una gestione dello stress adatta e scelte alimentari e di abitudini quotidiane rivolte alla salute direi che l’importanza sia evidente per prevenire quasi tutte le malattie, non solo il tumore al seno. La riduzione della mortalità da tumore al seno, comunque, è legata alla diagnosi precoce e alle terapie di eccellenza: questi sono i fattori riconosciuti come determinanti. Non si ragiona a protocolli: alcuni centri curano meglio perché hanno raggiunto l’eccellenza, e il loro impatto sulla probabilità di guarigione è stato dimostrato”.
L’alimentazione è collegata al rischio di carcinoma mammario?
“Non potrei definirla l’elemento determinante, ma l’alimentazione varia con una riduzione dei grassi animali e delle bevande alcoliche aiuta. Soprattutto serve ridurre molto gli zuccheri raffinati per tenere sotto controllo la glicemia, cioè il livello dello zucchero nel sangue. Preferisco però evitare toni enfatici su questo argomento, per restare nell’ambito del reale e del concreto: vedo arrivare donne che si colpevolizzano ferocemente dopo una diagnosi di tumore al seno perché si sono convinte di esserselo provocato mangiano in un modo o in un altro, e non mi piace che questo accada. Perché non è vero che si sono ammalate solo per come mangiano: il tumore al seno ha molti elementi che ne favoriscono la nascita, non possiamo proprio affermare a priori e in modo assoluto che si tratti di alimenti della vita quotidiana”.
I fattori psicologici e emozionali hanno attinenza con la disposizione a contrarre questo tipo di patologia?
“La psiche fa parte di noi e la sua attività si esprime in termini di sostanze chimiche e segnali elettrici che vanno a tutto il corpo, quindi a tutti gli organi. Produciamo ormoni grazie a questi segnali, i nostri organi funzionano in seguito al loro stimolo. Ecco perché considero evidentissimo il contributo della psiche nella genesi delle malattie, e nella loro possibilità di guarigione. È il motivo per cui in Conosci il tuo seno ho voluto che ci si soffermasse sull’integrazione corpo-mente e nel mio spazio Facebook ho voluto pubblicare una meditazione guidata studiata apposta per le donne operate al seno”.
Ci aggiorni sulle terapie. Si registrano progressi che ci facciano ben sperare riguardo alle malattie oncologiche?
“I progressi esistono: dalla chirurgia sempre più mirata a farmaci che arrivano esattamente alle cellule bersaglio, la precisione in oncologia sta diventando sempre maggiore. Ma soprattutto desidero sottolineare l’importanza della personalizzazione: non si può e non si deve ragionare a protocolli: le persone sono uniche, ogni malattia lo è, quindi personalizzare le cure nei centri d’eccellenza è la vera strategia che serve. Non è vero che ormai si può andare in qualunque centro per ricevere cure considerate uguali: non lo sono, è impossibile che lo siano. Chi ha lunga esperienza nella clinica e nella ricerca acquisisce un sapere e una conoscenza che fanno una grande differenza”.
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