L’altro giorno sono andata a prendere le Tachipirine. Le Tachipirine, per quei 4/5 individui sulla terra che non lo sapessero sono il passe-partout della medicina ma da anni: c’hai dolori muscolari? Prendi una Tachipirina; hai mal di denti? Tachipirina. Febbre almeno a 38º? Base, prendi la Tachipirina. Lei ti ha lasciato? Tachipirina.
Perciò, l’altro giorno sono andata a prenderla, che tradotto sarebbe che ho girato mezz’ora per trovare quell’unica farmacia aperta del Mondo visto che dove abito io chiudono tutte alle 13, dopodiché devi andare alla farmacia di turno che sta nell’unica strada di cui manco sapevi l’esistenza tanto da mettere il navigatore per fare tipo 1km e mezzo. Dice, “ok, ci stai informando che chissà quale patologia hai dovuto curar… Aspe, fosse mica il Covid?!? Vabbè, comunque il titolo parla di San Valentino: cosa c’entra mó sta Tachipirina?!?”.
A parte che il covid io ce l’ho avuto, io sola chiaramente perché nessuno dei miei contatti stretti se l’è beccato a riprova che niente, era me che il Coronavirus desiderava e sono soddisfazioni, ma a parte questo, ecco il primo errore (e leggendo questo scritto, ne incorrerete in parecchi, vi avverto): questo è, eccome se lo è, un pezzo che parla di San Valentino. E anche di Covid, per giunta. Eh sì, perché le Tachipirine dell’attacco non le ho mica prese per me. No: le ho prese per il mio compagno. Con cui convivo da due mesi. F E L I C È M E N T E.
Ok, fermi, calmi: anzitutto, manco lui ha il Covid che s’è fatto pure il vaccino ma la notizia non è questa, no. La notizia è che io sono uscita di casa per andare a prendere qualcosa ad un uomo. Io. Tra l’altro ci sono andata in tuta oversize e scarpetta ginnica manco abbinate tra loro, che se mi beccava Enzo Miccio si impiccava col cravattino. Ad ogni modo, ecco: io mi sono presa cura di un uomo, che non avesse il mio stesso cognome né circa 37 anni meno di me.

Ora so già che vi dividerete in due gruppi. Quelli che: “Vabbè, e che avrai fatto mai? Cioè non è che con ‘sta cosa che hai fatto poi Madre Teresa di Calcutta ti avrebbe spicciato casa, eh”. E quelli che: “Aspe, Aspe, Aspe, TU?! Tu, la single per eccellenza, l’autrice di Single per legittima difesa che pareva brutto solo dirlo tu c’hai scritto pure un libro, che i maschi stann ancor fujenn in panico, tu hai fatto questo per un essere maschile!?! Ah-ah! Beccata!”.
A qualsiasi delle due categorie apparteniate, avete sbagliato: vi avevo avvisati che sarebbe successo. E vi spiego anche perché, chiamando in causa niente poco di meno che Albert e il suo “tutto è relativo”. Dunque, è chiaro che se fossi una missionaria in Africa (e il posto non è scelto a caso…) non avrei fatto nulla di ché; ma no, non lo sono e soprattutto per me prendermi cura di un uomo era la cosa più lontana possibile dal mio essere. Ora, non che ne vada fierissima ma diciamo che se uno non stava bene cioè, ma perché mi doveva venire a mischiare a me che già stavo lì a rimuginare su ciò a cui avrei dovuto nel caso, rinunciare a causa dell’altrui malessere, non è che poi mi devi pure attaccare chissà cosa, perciò guarisci a casa tua con tua mamma, e nel caso, quando smetti di essere piagnucolante e infettivo e hai fatto già testamento, ne riparliamo.
L’ho già detto che non ne vado fiera ma era così. Amen. Perciò, per una così prendersi cura davvero di un uomo, è un qualcosa di eccezionale, tipo come se in Italia avessimo un Governo solido o che ne so, la gente smettesse di usare le mascherina ad capam e se lo coprisse sto benedetto naso; cose così, insomma. E soprattutto eccezionale perché ti importa davvero di quel qualcuno, soprattutto quando (ed ecco qui San Valentino) per me San Valentino era (è sempre stata…) l’occasione per ridicolizzare l’Amore e chi ne cadeva “vittima”. E ne ho scritto proprio qui, su queste pagine virtuali! Un bel giorno però l’Amore ha dimostrato lui a me, con la famosa bussata di porta, che “di ridicolo lui non avesse proprio nulla. Un bel giorno l’amore si è preso la sua rivincita e mi ha fatto capire a modo suo quanto fosse lui la cosa più bella del mondo, lontana anni luce dall’idea che ne avevo io e soprattutto più vicina di quanto potessi immaginare a ciò che io avevo solo descritto”.
Ed eccoci al secondo gruppo, quelli del libro, che se avete pensato ciò che ho sopra riportato, allora del libro avete letto solo la copertina e al massimo guardato le figure. Perché, se lo aveste letto tutto, arrivando alla fine, lo avreste capito da soli che tra tutti i libri che parlano d’Amore, il mio è quello che sa farlo (perdonate l’immodestia…) meglio di altri, proprio perché scritto con gli occhi obiettivi di chi l’amore non l’aveva mai conosciuto, manco per sbaglio e che un paio di volte s’era sbagliata d’averlo beccato. Sbagliata, appunto. Fino all’Africa…

Nel 2018 sono stata in Africa, in una missione umanitaria con una equipe di medici. Tra loro, ce ne era uno che mi piacque da subito. E tanto. Ma all’epoca non era tempo per noi. Poi, sono passati due anni. Non ci siamo mai completamente persi ma non siamo mai andati al di là di qualche pranzo fugace e qualche messaggio in cui ci guardavamo bene dallo scrivere cosa pensavamo davvero l’uno dell’altra e cosa provavamo davvero. Poi quel tempo è semplicemente arrivato e ci siamo ritrovati, senza mai esserci persi, come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se un cerchio si fosse chiuso attorno a noi, per farci innamorare o forse solo per farci vivere l’amore.
Badate bene che non sono improvvisamente diventata romantica: io all’amore ci ho sempre creduto. Ho solo passato la vita a prendermene gioco senza sapere che siamo tutti bravi, finché non ci innamoriamo. Finché tutto ciò che avevamo vissuto ci appare per ciò che era davvero o meglio per ciò che non era, Amore appunto. E nel tempo del Covid19, dove l’amore è stato messo a dura prova e ne è uscito molto più che ammaccato, con divorzi a iosa, separazioni come se piovesse, rotture come se non ci fosse un domani di chi era arrivato fin lì nella coppia perché abituato a vedersi la mattina e poi direttamente la sera o magari ad avere “amici ed amiche” di cui il partner non sapeva (e non so cosa sia peggio…), innamorarsi è quasi un miracolo.
A me è successo in un corridoio di un ospedale africano in quel 2018, perché in fondo “ci vuole un attimo ad innamorarsi: il resto del tempo serve a riconoscere ed accettare l’amore”. E mi è successo di vivere tutto quello che in quelle 150 pagine di libro, avevo solo descritto. Senza averlo mai provato l’amore che…
“secondo me, è il riparo sicuro dalla quotidiana tempesta chiamata vita, è la gioia dell’incontro, è la bellezza di voler restare, è il coraggio di amare anche se non siamo amati. (…) è l’sms mandato per voglia e non per dovere; è la sicurezza di poter guardare gli occhi di chi ci sta accanto e mantenerli alti; è la consapevolezza che è difficile l’amore ma non per questo dobbiamo rinunciarvi (…) è il dire: «Sto con lei/Sto con lui. Amo lei/amo lui». L’amore è una questione di testa e di cuore, non di cromosomi. Si ama e non si tradisce se stessi e gli altri. (…) L’amore sono due cammini che a un certo punto diventano una strada sola, nonostante i rallentamenti, gli stop, i lavori in corso, i bivi e gli incidenti di percorso. L’amore è saper perdonare le debolezze, altrui e nostre; è capire di essere umani, non invincibili, non imbattibili, non incorruttibili o intentabili. Ma umani” (SPLD).
Ecco come ho descritto io nel mio libro l’Amore senza mai averlo provato. E oggi posso dire che Amare come mi sento straordinariamente fortunata a fare (e ad essere amata…) è davvero quel prendersi cura sentito, è cenare tardi pur di cenare insieme, è pensare “perché non ci siamo incontrati prima?” e poi ringraziare per esserci incontrati comunque; è stare bene, di un bene reale, al di là delle frasi da Baci Perugina, quando non avresti mai creduto di poter stare di nuovo bene. Ecco. È questo l’Amore per me. E non riuscire a fare neppure paragoni perché ad un tratto non esiste niente prima di noi; è fidarsi, ciecamente stavolta, e rivedersi senza pensare alle relazioni come a qualcosa che toglie ma – per la prima volta – come ad un qualcosa che dà, che mette, che aggiunge.
Non mi sento cambiata: semplicemente amo. Per la prima volta, non sono semplicemente amata ma amo, ecco. Ed è appunto, sentire tutto come se fosse la prima volta con la paura pazzesca di perdere la persona che si ama e l’amore, anche quello pazzesco, che si riceve. Io, che ciò che avevo paura di perdere al massimo era il cellulare puntualmente in fondo alla borsa. E invece…

L’amore è un miracolo. E io lo avevo anche scritto. Anzi, de-scritto. Com’era? Ah, sì:
“care donne, se trovate uno così, uno che vi ama così, uno che vi sopporta così e supporta così, uno che vi vuole così, anche di primo mattino, uno che richiama, uno che se visualizza e non risponde è sul serio perché stava salvando il mondo, non la sua vicina di casa carina, ma il mondo. Uno che sa rendervi non dico simpatica, ma un po’ meno odiosa la cellulite. Uno che si ricorda benissimo che esistete, anche quando non siete lì e che si comporta come se voi ci foste. Uno che ama voi e non ciò che vorrebbe che voi foste. Ma voi. Sempre. Uno che vi tocca il cuore e l’anima. E lo fa con tutta la dolcezza di cui è capace. Uno che nelle cose ce la mette un po’ di poesia, anche se quella spoetizzante siete voi. Uno che vi vede, quando vi guarda. E vi sente, quando vi ascolta. Uno che è per la vecchia regola del mai andare a letto col broncio, perché a letto si va assieme. Con un sorriso e un bacio della buona notte. Se ne trovate uno così, care donne, tenetevelo stretto, perché va bene essere “single per legittima difesa” ma volete mettere a essere “in coppia per legittimo amore”?Non c’è paragone, credetemi” (SPLD).
E se non è un amore così, io continuo a pensare che allora bisogna avere il coraggio di stare da sole, “single per legittima difesa”. Di questo ne sarò sempre convinta: l’amore val la pena quando è davvero così, sennò sempre meglio quel libro e quel vino, amici silenziosi di tante belle serate. Ma se lo trovate così, allora vivetelo. Lo dicevo allora, immaginando cosa potesse essere. Lo confermo oggi che lo so cos’è. Ecco, io l’ho trovato, quell’Amore: in Africa anni fa senza poterlo vivere e nel mio letto ogni mattina oggi. Ed è l’AMICO che anni fa mi chiese se la mattina mi svegliassi col sorriso, perché se non era così, allora c’era qualcosa che non andava e c’era qualcosa che dovevo cambiare. Ecco, oggi è il COMPAGNO che mi fa svegliare esattamente così.
La vita è strana.
E qualche volta è anche meravigliosa. E per parafrasare un certo Forrest, “non ho altro da dire sulla faccenda”.
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