Sotto un cielo indaco di una notte d’estate, avemmo un alterco. Credevamo di essere un gruppo affiatato di amici, ma eravamo solo degli allegri zuzzerelloni. Successe tutto dopo una cena pantagruelica, quando Giovanni intavolò un eloquio facondo e Piero alzò la voce dicendo che stava proprio oltrepassando la misura. “Sai dire solo fandonie!” gli urlò Giovanni. E l’altro incalzò: “Sei un millantatore! Morigerati si nasce.”
Cominciarono ad insultarsi a raffica:
G.: “Che pusillanime”.
P.: “Non hai contegno”.
G.: “Quanta protervia”.
P.: “Sei azzimato”.
G.: “E tu pieno di astio”.
P.: “Inurbato”.
G.: “Becero”.
P: “Troglodita”.
Serena si mise in mezzo biasimando: “Il vostro comportamento è esiziale”. Intervenne acida Roberta: “Sei una petulante”.
“Ma stai zitta tu, esecrabile donnina, che vai in sollucchero quando qualcuno litiga” la redarguì Serena. Al che Roberta: “Se io vado in visibilio, tu vai in broda e te lo dimostro”. E repentina le rovesciò addosso il brodetto di pesce.
La nostra lingua si è impoverita e il discorso che ho appena inventato è ormai pressoché incomprensibile e deve far ponderare sullo stato di indigenza della lingua italiana.
Questi vocaboli sono diventati desueti e risultano ostici alla quasi totalità delle matricole universitarie italiane che, interrogate nel 2019 sul significato, non sono riuscite ad indicare dei sinonimi corretti.
Lo scrive il linguista Massimo Arcangeli in Senza Parole. Piccolo Dizionario per salvare la nostra lingua, edito da Il Saggiatore. Si tratta di 280 pagine che spiegano origine e significato di una cinquantina di parole, anche portando ritratti di autori famosi a testimonianza di certi stati d’animo.
Non appena ho avuto in mano il libro, ho scorso con una certa ansia il sommario: non solo conoscevo tutti i vocaboli ma ne utilizzavo 48 su 50! Eppure dopo un attimo sono caduta nello sconforto pensando: sono antiquata, per non dire vecchia, perché i giovani non li conoscono. Ci sarebbe da ridere sulle loro sciocche spiegazioni se non fosse da piangere. La ricchezza di espressione caratterizza l’identità culturale di un popolo, il suo grado di civiltà, perché nelle sfaccettature del significato di una parola sta la raffinatezza del pensiero. Un sinonimo è un vocabolo che ha – grosso modo – lo stesso significato di un altro, ma non è un altro modo di dire quella parola: essa è unica, non sostituibile.
La semplificazione del linguaggio denota dunque grossolanità espressiva e povertà intellettuale, puntellata spesso da un linguaggio triviale, che di certo non può evitarne il crollo. Sarà per questo che essendo ‘rimasti senza parole’ per far colpo sull’interlocutore, ci siamo involgariti nei gusti e nei modi? Sempre il Saggiatore ha pubblicato Mad in Italy. Manuale del trash italiano 1980-2020 del giornalista e scrittore Gabriele Ferraresi che analizza gli ultimi quarant’anni dello sfacelo dell’anima italiana, elencando i comportamenti più assurdi e imbarazzanti dei vip italiani. Dall’orgoglio del made in Italy siamo finiti al mad: la follia italiana fa arrabbiare e vergognare chi non è un troglodita. Colui che per esternazioni e modus vivendi sembra proprio uscito da una caverna. Ma quando è la maggioranza a provenire dalle caverne, sei tu ad essere considerato retrogrado. Non farti etichettare dagli ignoranti, che per mancanza di cultura non sono in grado di esprimere un proprio giudizio critico e seguono come pecore il costume becero e inurbato di qualche vip o blogger dell’ultima ora, che occupa oscenamente la scena.
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