Che piacere leggere l’ultimo libro di Antonio Monda, ripassare la storia americana degli anni ’80, fare un elenco di film mancati ma imperdibili, ricordarsi che le fake news non sono un fenomeno solo trumpiano…
La libreria Rizzoli di Madison Square Park a New York, ha ospitato ieri la presentazione dell’ultimo libro di Antonio Monda, Nel Territorio del diavolo (Mondadori, 2019). All’incontro con l’autore, erano presenti anche Stefano Albertini, direttore de La Casa Italiana Zerilli-Marimò della New York University e Richard Cohen, giornalista del Washington Post ed esperto di politica americana.
Il libro di Monda, con il titolo che omaggia Flannery O’Connor, è il settimo libro di una saga dedicata all’America ed in particolare a New York, la grande passione dello scrittore e docente italiano.
Ogni libro della saga racconta un decennio della storia statunitense del ventesimo secolo, e in questo volume, dedicato agli anni ’80, spiccano l’abilità dello scrittore a costruire personaggi che supportano il climax dell’arco narrativo e la sua profonda conoscenza della politica americana.
Lo sfondo temporale sono i mesi a ridosso delle presidenziali del 1988, quando l’America tutta credeva che Dukakis, il candidato democratico di origini greche, sarebbe stato il prossimo presidente degli Stati Uniti.
La storia mescola fatti e personaggi realmente esistiti, come Lee Atwater, che fu assunto da Bush padre per lavorare alla sua campagna, ad un “io” narrante Alexander Sarris (l’omaggio è al critico cinematografico Andrew Sarris), completamente inventato.
Grazie ad un accurato fact check scopriremo come una campagna elettorale spietata e senza scrupoli fu capace di ribaltare il pronostico che vedeva Dukakis come favorito con 18 punti di vantaggio nell’agosto del 1988.
Mentre il Lee Atwater della storia è il Lee realmente esistito, malvagio e senza scrupoli, il suo assistente invece, non è mosso da precise volontà, anzi, a lui la politica neanche interessa.
I personaggi del libro di Monda non sono scelti a caso: o sono esistiti nella Storia o vengono ‘usati’ per criticare o per istigare opinioni riguardo a quell’epoca…
Alexander è un giovane newyorkese che scopre la sua omosessualità grazie a Liza Minelli e al film Cabaret. È greco, gay ed ha un fidanzato affetto da HIV in un momento storico dove parlare di AIDS è tabù e dove i maggiori esponenti politici del tempo sono apertamente omofobici. Alexander è affascinato e spaventato da Atwater che mette alla prova la sua lealtà quando gli chiede di trovare gli “scheletri nell’armadio” di Dukakis.
Un altro merito del libro è quello di ricordarci che le fake news esistevano, eccome, anche trent’anni fa, ed erano state usate da Atwater per infangare il nome di Dukakis. Tra le tante bugie, avevano diffuso la notizia che la moglie di Dukakis avesse bruciato la bandiera americana in una manifestazione e dicevano di averne una testimonianza fotografica. Questa notizia riuscì a fare tanti danni perché i giornali ne continuarono a scrivere per mesi.
La Storia ci dice che appena dopo la vittoria alla Casa Bianca, Bush padre nominò Atwater presidente del partito repubblicano, posto che lui stesso aveva ricoperto per volere di Nixon. Quando. qualche mese dopo questo desiderato epilogo, Atwater scopre di avere un tumore al cervello (ne morirà a breve), iniziano le lettere-confessioni che lui scrive per scusarsi.
Le lettere fanno pensare ad un pentimento, ma di questo non ne è sicuro né lo scrittore né il lettore. “I want to believe that he did repent”, “Voglio credere che Atwater si fosse pentito”, dice Monda all’incontro e poi chiede a Richard Cohen: “Did Bush father deserve the presidency”? “Bush padre si meritava di vincere”? “Sì” dice Cohen ,“Bush è stato anche meglio di quello che ci aspettavamo e comunque ha contribuito a sedare la guerra fredda”.
Nel territorio del diavolo è una storia di redenzione che si legge tutta d’un fiato.