Una storia che si snoda tra passato e presente, dalla Scozia e le sue leggende a Milano, nelk’ultimo romanzo di Marco Pontoni, giornalista, di Trento, che scrive sulla Voce di New York fin dai suoi esordi. Da anni cura infatti la rubrica letteraria “Walk on the book side”.
Appassionato di viaggi e di libri, ha pubblicato il romanzo “Music Box” e con lo pseudonimo di Henry J. Ginsberg, a raccolta di racconti “Vengo via con te”, tradotta in inglese da una piccola casa editrice di New York, la Lighthouse. Già finalista al Premio Calvino, è stato anche membro della Giuria “dei 300” del Campiello 2018.
In veste di giornalista ha scritto anche di Africa e ha realizzato reportages in varie parti del mondo, legati in particolare al mondo della cooperazione allo sviluppo. Ha terminato da poco un nuovo romanzo, ambientato fra l’Italia e la Scozia, “Il faro di Skye”.
Lo abbiamo intervistato a pochi giorni dall’uscita del libro: “Sono alle prese con la sfida di pubblicarlo con una modalità piuttosto nuova per l’Italia – mentre in America e in Inghilterra è già più diffusa – il crowdfundig, solitamente utilizzata per finanziare nuove iniziative imprenditoriali. L’editore è Bookabook, una start up con sede a Milano, giovane anche anagraficamente (età media, 27 anni) e molto agguerrita”.
Come è nata l’idea dell’ambientazione e perché la scelta di utilizzare il concetto filosofico di esistenza perpetua?
“Un paio di anni fa ero sull’isola di Skye, in Scozia, su cui ho scritto anche un reportage e mi sono imbattuto nei resti della chiesa di Trumpan, dove i MacDonalds, in cerca di vendetta per una precedente strage che avevano subito, sorpresero le famiglie dei MacLeods, il clan rivale, durante la messa. Incendiarono la chiesa, ma una ragazza riuscì a scappare, secondo alcune fonti tagliandosi un seno per riuscire a passare attraverso una strettissima finestra, e a correre al castello per dare l’allarme. Il resto dei MacLeods accorse e fece strage degli assalitori. Ero lì a fare delle foto e ho avuto una visione: mi è sembrato di vedere i MacDonalds sbarcare di nuovo.
Poco dopo, mi è venuto in mente l’incipit de L’insostenibile leggerezza dell’essere, il capolavoro di Kundera, dedicato al tema dell’ Eterno Ritorno in Nietzsche, cioè all’idea che siamo condannati a ripetere in eterno sempre le stesse esperienze. Kundera dice: “Cosa resta di un’oscura guerra condotta fra due tribù nel XV secolo, che ha provocato qualche migliaio di morti? Niente. Ma cambierebbe se queste due tribù tornassero continuamente ad affrontarsi, secolo dopo secolo?”. Certo: ciò produrrebbe una pila di morti alta come un monumento, destinato a svettare per sempre a testimonianza della stupidità umana. Ho pensato che mi sarebbe piaciuto scrivere un romanzo su questo tema, cioè sul passato che non passa, sugli odi che ritornano, attraverso il tempo. Ma volevo anche scrivere un romanzo d’avventura e d’intrattenimento, pieno d’azione, di colpi di scena, di amore, delitti, castelli, spade, pozioni, humour, come certe opere della tradizione letteraria inglese e scozzese. E mescolare tutto questo con la modernità, incarnata da Milano”.
Come si è documentato su luoghi e storia?
“In parte già conoscevo alcuni aspetti della storia scozzese, perché solitamente, prima di ogni viaggio, fatto per lavoro o per piacere, cerco di documentarmi. Il resto l’ho ricostruito a posteriori, soprattutto sui libri ma anche sul web. Ci sono ad esempio alcuni ottimi blog e gruppi attivi su Facebook, anche in lingua italiana, sulla Scozia. Alcuni degli eventi storici citati, poi, conducono anche alla mia terra, al Trentino. Ad esempio la vicenda della Italian Chapel, la cappella italiana costruita dai prigionieri di guerra italiani sulle isole Orcadi, che venne progettata da un fassano, Chiocchetti. Non dimenticare comunque che parte del romanzo è ambientata nella Milano dei giorni nostri. La caratteristica principale della storia infatti è quella di incrociare i tempi storici: da un lato il tardo Medio Evo scozzese, dall’altro la Milano della movida, dei grattacieli, dei locali alla moda, delle tv e dei media”.

Quali sono gli autori o registi che ti hanno ispirato nella scrittura?
“Non sono sicuro di saperlo perché questo è un romanzo d’avventura, con molta trama, e io di solito leggo tutt’altro. Però, posso dire che da un lato, sentivo un po’ il fiato sul collo della grande tradizione scozzese del romanzo d’avventura e storico, da R.L. Stevenson a Walter Scott. Dall’altra, l’esempio di autori come Eco – per carità, non ho certo l’ardire di paragonarmi a lui – che hanno saputo mescolare i piani di lettura: alto e basso, colto e popolare, intrattenimento e spunti di riflessione “universali”. Da ultimo forse il realismo magico di un autore come Salman Rushdie: storia fantastica che poggia su una base realistica. Sul piano del cinema direi tutte le commedie che si basano su un personaggio che viaggia nel tempo o nello spazio e si ritrova in situazioni molto diverse da quelle che conosce. Qui abbiamo un capo clan, Lord Allan, che si ritrova catapultato nell’Italia di oggi, che ha delle storie, si innamora, viene invitato da uno stilista ad una festa in un club, si batte contro gli spacciatori e così via. Le potenzialità narrative di situazioni come questa sono infinite”.
Qual è l’attualità del romanzo?
“Il tema dell’Eterno Ritorno, ovvero del passato che non passa, penso abbia un po’ segnato la mia generazione. O almeno, ha segnato me. Negli anni 90, dopo la caduta del Muro di Berlino, si pensava, sulla scia di Fukuyama, che la Storia, intesa come il prodotto del conflitto fra le ideologie, fosse finita. Poi abbiamo visto cosa è successo nei Balcani, e poco dopo a New York, con le Twin Towers. Il ritorno dei conflitti a sfondo etnico, dello scontro fra le culture e le religioni. Con modalità nuove, certo. Ma, per certi versi, abbiamo anche visto tornare linguaggi e concetti che pensavamo fossero ormai definitivamente archiviati. Il passato che non passa è il passato dell’odio, delle guerre. L’uomo ritorna sempre lì, e anche i clan del mio romanzo. Ma c’è una persona, Flora, una giornalista italiana, che sembra avere il potere di rompere questo meccanismo. Non sa neanche lei perché. Lo scopre nel corso della storia, assieme alle persone che la seguiranno: Silvana, una collega della redazione, il suo giovane compagno, Andrea, un anziano antropologo… Il messaggio è questo e spero che possa “passare”: il passato non va semplicemente rimosso, va affrontato, rielaborato, affinché smetta di produrre le sue “tossine”. E lasci le persone libere di rivolgersi al futuro, se ci riescono”.
Per la pubblicazione del romanzo userai il crowdfunding. Su quali canali e come?
“Il 15 ottobre alle 17.30 inizia la campagna di crowdfunding, sul sito dell’editore, a questo link. Qui si potrà leggere gratuitamente il primo capitolo, e preordinare il libro, in formato cartaceo o elettronico. La campagna durerà 100 giorni: l’obiettivo è raggiungere almeno 250 ordini. Se il traguardo viene raggiunto, l’iter del romanzo è poi quello di ogni altro libro: editing, veste grafica, stampa e distribuzione in libreria. Quelli che lo hanno preordinato, ovviamente, lo riceveranno per primi. Per me è una sfida. E lo è anche per l’editore. Frequento il mondo dei libri da sempre, so benissimo quanti libri si pubblichino ogni giorno in Italia. Mi ha convinto innanzitutto il fatto che l’editore selezioni accuratamente i testi da pubblicare. Questo è già indice di serietà. Poi le buone recensioni che ho letto sulla stampa nazionale e sul web. Infine, il fatto che mi abbiano seguito bene nelle fasi di avvio della campagna. Avevo già avuto altre proposte editoriali, ma non mi avevano convinto. Bookabook sì. Sono giovani, determinate, e amano la letteratura”.